Un’economia diversa
30 Ottobre 2014 Share

Un’economia diversa

Da tanti anni la Fondazione Milani lavora avendo ben chiara un’idea di crescita molto lontana da quella degli specialisti della “triste scienza”, l’economia: un’idea concreta e non utopica, che non prevede uno sviluppo infinito volto al profitto di per se stesso.

La Clean Economy ci ha subito interessato perché ci è apparso evidente che l’idea di sviluppo sottesa a queste parole è agli antipodi di quella tradizionale: economia pulita in ogni accezione di questo termine.

Se ne è parlato a Casacalenda il 27 settembre 2014, per chiedere ufficialmente ai vertici dell’amministrazione regionale strategie efficaci e veloci per un contratto di sviluppo per il settore agroalimentare: non più la attuale mera sopravvivenza dell’imprenditoria agricola, ma la costruzione di una serie di interconnessioni tra cittadini, associazioni, produttori e amministratori pubblici per sostenere attività agricole connaturate nel territorio, capaci di attrarre le giovani generazioni, consapevoli di dover tutelare terra, acqua e aria come elementi costituenti  del concetto stesso di agricoltura.

Che senso ha allora questo aggettivo, clean, per noi cittadini sensibili al richiamo della Costituzione, noi che in nome del diritto alla salute, all’educazione, alla partecipazione, alla scelta dei nostri rappresentanti politici, che non vogliamo nominati ma eletti, accettiamo anche di sentirci quasi sempre dalla parte del torto e di ricominciare da zero ogni volta?

Pulita perché lontana dalle mafie e da ogni forma di corruzione; perché attenta a difendere il patrimonio di storia, identità e cultura che è il nostro territorio; perché radicata nella difesa della terra da ogni tipo di monocoltura intensiva e di intervento chimico; perché votata al coinvolgimento diretto dei piccoli produttori biologici, dei cittadini che sulla terra vivono, alla creazione di reti di lavoro, conoscenza, collaborazione, affetti.

In una parola, il contrario di tutto ciò che i nostri politici hanno fatto finora in Molise: uso intensivo di fertilizzanti e concimi chimici, scomparsa dei cultivar autoctoni e antichi, porte aperte a multinazionali, centrali, industrie chimiche, negazione del diritto di autotutela e scelta della popolazione.

Costruire un contratto di sviluppo basato sulla Clean Economy può costituire un buon baluardo contro la spoliazione definitiva di una regione dove i segni del dissolvimento sono purtroppo ogni giorno più minacciosi. Il nostro territorio rischia di scomparire, mentre noi, che aderiamo anche al Forum regionale dei Territori, riteniamo che solo la parola territorio possa raccogliere e contenere il patrimonio di ricordi, lavoro, cultura che costituiscono la nostra identità, e mantenerlo vivo.

Cittadini e territorio sono la stessa cosa; dal territorio, se non inteso come oggetto di spoliazione e svendita, può nascere un’economia solidale e pulita: dalle piccole realtà agroalimentari può partire una nuova comunicazione tra i piccoli centri che ora languono e può nascere  una imprenditoria che non sia di rapina e di morte, come quella che ha ucciso la terra dei fuochi ed ha purtroppo corroso in parte anche le nostre campagne.

E a partire dal territorio la Clean Economy vuole uno sviluppo endogeno, non esogeno, come per intenderci era quello delle Gran Manze. Dunque imprenditoria dal basso, senza interventi dei grandi produttori non radicati sui nostri luoghi, e identificazione profonda con ciò che costituisce la coscienza collettiva e storica del territorio.

La tendenza attuale è quella di sottrarre alle comunità il diritto di scegliere, espropriandole dei luoghi; e lo sciagurato decreto SbloccaItalia ne è l’ultima, e probabilmente la più pericolosa, manifestazione, soprattutto in materia di energia.

L’assalto delle trivelle, degli inceneritori, delle autostrade inutili chiuderà il territorio in una trappola mortale, rescinderà i nostri legami con la terra e ci renderà ignoranti di tutto ciò che in passato ha costruito tassello dopo tassello la nostra storia. Perché è solo la conoscenza, che diventa coscienza di luogo, a fornirci gli istrumenti di sopravvivenza: se si cancella la nostra autonomia come regione, solo il nostro identificarci con il territorio, e quindi con un’economia che da lì parta, lo valorizzi e  lo tuteli, può restituirci la consapevolezza di essere una comunità.

Se la politica è l’arte del possibile, e di occuparsi di ciò che ci riguarda, come diceva Don Milani, per noi politica ora è occuparci del nostro territorio, essere realmente decisori e portatori di diritti attraverso la partecipazione civica: in una parola, restituire al territorio un volto pulito attraverso percorsi di imprenditoria che non barattino più il lavoro con la salute o con manciate di voti, con la complicità vergognosa di politici corrotti, ma intreccino insieme dal basso i tanti fili dispersi delle potenzialità agroalimentari, paesaggistiche e culturali del Molise. ☺

 

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