“Mamma. Nessuna parola è più bella. / La prima che si impara,/ la prima che si capisce e che s’ama./ […] E anche se diventassimo vecchi,/ come chiameremmo la mamma/ più vecchia di noi?/ Mamma./ Non c’è un altro nome”. Sono i versi di una breve e delicata poesia di Marino Moretti. Esponente del Crepuscolarismo e tipico rappresentante di un modo di vedere la vita nelle sue semplici cose senza tempo, Moretti affronta spesso temi di ascendenza pascoliana, legati al mondo dell’infanzia e dell’amore materno, in uno stile molto vicino al parlato, che fa spesso uso di termini quotidiani.
Curiosamente, il titolo della sua poesia, La parola più bella – preso in prestito per questo breve articolo -, è anche il primo verso di una poesia di Kahlil Gibran: “La parola più bella/ sulle labbra del genere umano è «Madre»,/ e la più bella invocazione è «Madre mia»./ È la fonte dell’amore, della misericordia,/ della comprensione, del perdono./ Ogni cosa in natura parla della madre”. Se l’opera poetica dello scrittore di origine libanese si distingue per la spiritualità delle osservazioni sui temi della vita e per l’uso di un linguaggio formale, i due autori appaiono tuttavia perfettamente allineati nell’indicare qual è la parola più bella del vocabolario.
La festa della mamma, che si celebra in Italia la seconda domenica di maggio, è infatti la sola festa laica che sia, al tempo stesso, anche spirituale. Forse perché nacque dalla fusione di un culto pagano, quello di Cibele, madre di Giove (il re degli dei) e personificazione della Madre Terra, con le celebrazioni cristiane di Maria, madre di Gesù. La sostituzione del culto di Cibele con quello della Madonna sembra sia avvenuta fin dalla nascita della Chiesa cristiana e non a caso il mese dedicato a Maria è proprio il mese di maggio.
I simboli di questa festa sono il rosso, il cuore e la rosa, che più di ogni altro fiore rappresenta l’amore e la bellezza. Ma a testimoniare l’affetto e la riconoscenza dei figli possono essere anche poesie, come quelle sopra citate, o pagine in prosa. Come ad esempio quella tratta da Piccole donne di Louisa May Alcott, che, pur nella sua semplicità – che ci riporta a letture e a ricordi d’infanzia -, vuole essere un piccolo omaggio a tutte le mamme in occasione della loro prossima festa: “Sempre si giravano indietro prima di svoltare l’angolo, poiché la mamma sempre era alla finestra ad annuire e a sorridere, facendo cenni con la mano. In un certo senso era come se fosse loro impossibile trascorrere la giornata senza quel gesto, poiché, qualunque fosse il loro umore, l’ultima occhiata a quel volto materno, influiva su di loro come la luce del sole”.
Filomena Giannotti
“Mamma. Nessuna parola è più bella. / La prima che si impara,/ la prima che si capisce e che s’ama./ […] E anche se diventassimo vecchi,/ come chiameremmo la mamma/ più vecchia di noi?/ Mamma./ Non c’è un altro nome”. Sono i versi di una breve e delicata poesia di Marino Moretti. Esponente del Crepuscolarismo e tipico rappresentante di un modo di vedere la vita nelle sue semplici cose senza tempo, Moretti affronta spesso temi di ascendenza pascoliana, legati al mondo dell’infanzia e dell’amore materno, in uno stile molto vicino al parlato, che fa spesso uso di termini quotidiani.
Curiosamente, il titolo della sua poesia, La parola più bella – preso in prestito per questo breve articolo -, è anche il primo verso di una poesia di Kahlil Gibran: “La parola più bella/ sulle labbra del genere umano è «Madre»,/ e la più bella invocazione è «Madre mia»./ È la fonte dell’amore, della misericordia,/ della comprensione, del perdono./ Ogni cosa in natura parla della madre”. Se l’opera poetica dello scrittore di origine libanese si distingue per la spiritualità delle osservazioni sui temi della vita e per l’uso di un linguaggio formale, i due autori appaiono tuttavia perfettamente allineati nell’indicare qual è la parola più bella del vocabolario.
La festa della mamma, che si celebra in Italia la seconda domenica di maggio, è infatti la sola festa laica che sia, al tempo stesso, anche spirituale. Forse perché nacque dalla fusione di un culto pagano, quello di Cibele, madre di Giove (il re degli dei) e personificazione della Madre Terra, con le celebrazioni cristiane di Maria, madre di Gesù. La sostituzione del culto di Cibele con quello della Madonna sembra sia avvenuta fin dalla nascita della Chiesa cristiana e non a caso il mese dedicato a Maria è proprio il mese di maggio.
I simboli di questa festa sono il rosso, il cuore e la rosa, che più di ogni altro fiore rappresenta l’amore e la bellezza. Ma a testimoniare l’affetto e la riconoscenza dei figli possono essere anche poesie, come quelle sopra citate, o pagine in prosa. Come ad esempio quella tratta da Piccole donne di Louisa May Alcott, che, pur nella sua semplicità – che ci riporta a letture e a ricordi d’infanzia -, vuole essere un piccolo omaggio a tutte le mamme in occasione della loro prossima festa: “Sempre si giravano indietro prima di svoltare l’angolo, poiché la mamma sempre era alla finestra ad annuire e a sorridere, facendo cenni con la mano. In un certo senso era come se fosse loro impossibile trascorrere la giornata senza quel gesto, poiché, qualunque fosse il loro umore, l’ultima occhiata a quel volto materno, influiva su di loro come la luce del sole”.
"Mamma. Nessuna parola è più bella. / La prima che si impara,/ la prima che si capisce e che s'ama./ [...] E anche se diventassimo vecchi,/ come chiameremmo la mamma/ più vecchia di noi?/ Mamma./
“Mamma. Nessuna parola è più bella. / La prima che si impara,/ la prima che si capisce e che s’ama./ […] E anche se diventassimo vecchi,/ come chiameremmo la mamma/ più vecchia di noi?/ Mamma./ Non c’è un altro nome”. Sono i versi di una breve e delicata poesia di Marino Moretti. Esponente del Crepuscolarismo e tipico rappresentante di un modo di vedere la vita nelle sue semplici cose senza tempo, Moretti affronta spesso temi di ascendenza pascoliana, legati al mondo dell’infanzia e dell’amore materno, in uno stile molto vicino al parlato, che fa spesso uso di termini quotidiani.
Curiosamente, il titolo della sua poesia, La parola più bella – preso in prestito per questo breve articolo -, è anche il primo verso di una poesia di Kahlil Gibran: “La parola più bella/ sulle labbra del genere umano è «Madre»,/ e la più bella invocazione è «Madre mia»./ È la fonte dell’amore, della misericordia,/ della comprensione, del perdono./ Ogni cosa in natura parla della madre”. Se l’opera poetica dello scrittore di origine libanese si distingue per la spiritualità delle osservazioni sui temi della vita e per l’uso di un linguaggio formale, i due autori appaiono tuttavia perfettamente allineati nell’indicare qual è la parola più bella del vocabolario.
La festa della mamma, che si celebra in Italia la seconda domenica di maggio, è infatti la sola festa laica che sia, al tempo stesso, anche spirituale. Forse perché nacque dalla fusione di un culto pagano, quello di Cibele, madre di Giove (il re degli dei) e personificazione della Madre Terra, con le celebrazioni cristiane di Maria, madre di Gesù. La sostituzione del culto di Cibele con quello della Madonna sembra sia avvenuta fin dalla nascita della Chiesa cristiana e non a caso il mese dedicato a Maria è proprio il mese di maggio.
I simboli di questa festa sono il rosso, il cuore e la rosa, che più di ogni altro fiore rappresenta l’amore e la bellezza. Ma a testimoniare l’affetto e la riconoscenza dei figli possono essere anche poesie, come quelle sopra citate, o pagine in prosa. Come ad esempio quella tratta da Piccole donne di Louisa May Alcott, che, pur nella sua semplicità – che ci riporta a letture e a ricordi d’infanzia -, vuole essere un piccolo omaggio a tutte le mamme in occasione della loro prossima festa: “Sempre si giravano indietro prima di svoltare l’angolo, poiché la mamma sempre era alla finestra ad annuire e a sorridere, facendo cenni con la mano. In un certo senso era come se fosse loro impossibile trascorrere la giornata senza quel gesto, poiché, qualunque fosse il loro umore, l’ultima occhiata a quel volto materno, influiva su di loro come la luce del sole”.
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