A baku la cop29
di Andrea Barsotti
Le notizie dell’allerta meteo, le grandi precipitazioni, le difficoltà dei cittadini, e poi le accuse di impegni non onorati, le analisi delle opere non eseguite, del territorio non curato, sembrano un copione visto e rivisto e poi riproposto. Le interviste dei politici locali e statali, delle amministrazioni centrali e periferiche, il rimbalzare delle responsabilità, ci hanno stancato, ma soprattutto ci hanno stancato le non verità che ci vengono proposte.
Siamo invasi da bugie ogni giorno: dalla politica all’economia, dagli appelli a comprare azioni redditizie all’offerte di bitcoin, dalle opinioni sulla crisi energetica alle cause della crisi climatica. La verità è che l’anno che si sta chiudendo è il più caldo di sempre ed i morti a causa delle violente perturbazioni che ci colpiscono si contano a centinaia per evento. Le cause di questi disastri sono conseguenze dell’inquinamento prodotto dall’uomo con la combustione da fonti fossili e i governi di tutto il mondo fanno poco o niente per questa emergenza umana.
Tra l’11 ed il 22 novembre a Baku, l’Azerbaigian ha ospitato la COP29, la conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, con l’obiettivo principale, dichiarato, di aiutare finanziariamente i paesi emergenti ad affrontare i danni della crisi climatica ed indirizzarli verso energie green. L’approccio non è stato dei migliori e tra l’altro si prevede che la rielezione di Trump avrà un effetto di rallentamento verso la transizione energetica.
Guardando in casa nostra, sembra ormai chiaro che, in assenza di un piano industriale varato dal governo, si andrà avanti sfruttando l’inerzia dell’esistente senza dare impulso a quelle tecnologie ed organizzazioni che permetterebbero di diminuire l’uso delle fonti fossili, principali colpevoli della produzione dei gas serra. Il discorso della presidente Meloni alla COP29 è stato un manifesto della posizione delle destre mondiali, compresa la corrente trumpiana; è stato un intervento mirato a non favorire l’uso e lo sviluppo delle tecnologie da fonti rinnovabili e indirizzato al mantenimento delle fonti fossili. L’indirizzo del governo italiano proposto a Baku è stato quello di auspicare una graduale dismissione delle fonti fossili, impiegando varie tecnologie, non disdegnando l’utilizzo di tecnologie nucleari di ultima generazione o addirittura di indicare la strada della fusione nucleare. In definitiva il presidente del consiglio italiano sembra non ricordare le conclusioni della relazione finale della COP dello scorso anno e le loro indicazioni ad “avviare un percorso di abbandono delle fonti fossili tutte (carbone, petrolio e anche gas)” lasciando “alle altre tecnologie (nucleare, biocarburanti, CCS) un ruolo marginale”.
Contrariamente a quanto raccomandato nella COP28, l’attuale governo Italiano, ha ribadito l’impegno ad investire in infrastrutture per il gas (fossile), tra GNL e gasdotti hydrogen-ready, come esemplificato dal progetto del SouthH2 Corridor tra Nord Africa e Germania e quindi ad accantonare l’abbandono delle fonti fossili.
Il discorso tenuto alla COP29 vede l’Italia sponsorizzare le iniziative per i biocarburanti e per la cattura della CO2 (CCS – Carbon Capture and Storage) con progetti come Ravenna CCS di ENI: due indirizzi molto critici. L’uno (biocarburanti) per la competizione dell’uso dei terreni agricoli: sfruttati per la produzione di colture per la produzione di energia invece che per il fabbisogno alimentare. Una scelta pericolosa perché aprirebbe la strada alla deforestazione e quindi ad un ulteriore danno alla produzione di ossigeno e alla cattura naturale di CO2. L’altro (CCS) per la complessità di gestione. Infatti il (CCS – Carbon Capture and Storage) consiste in procedure per la separazione dell’anidride carbonica dalle fonti energetiche, dai gas emessi da combustione o dai processi industriali per poi contenerla in involucri appositi e depositarla nelle profondità del sottosuolo per un tempo indefinito. Un intervento, quello del presidente del consiglio Italiano, a favore del mantra del governo che accusa di approccio ideologico qualsiasi approccio diverso da quello dell’ esecutivo: “Un approccio troppo ideologico e non pragmatico su questo tema rischia di portarci fuori strada verso il successo”.
Mi permetto di dire che sbaglia a descrivere la transizione ecologica come ‘ideologica’. Credo che la scienza climatica non si fondi su ideologie, ma su dati ed evidenze; parlare di ideologia non è solo fuorviante, ma è un chiaro tentativo di prender tempo e di ritardare operazioni contrarie ai propri interessi geopolitici.
Parlare di nucleare è un esempio di questo atteggiamento. In questo momento la priorità è dar spazio a tecnologie già disponibili e non suggerire l’impiego di tecnologie esistenti che richiederebbero tempi lunghi di realizzazione e messa in opera, o addirittura ammiccare all’uso di tecnologie ancora in fase di studio e sperimentazione. L’urgenza è adesso! Adesso dobbiamo contenere il riscaldamento del pianeta, non andando oltre il riscaldamento programmato di 1,5 C°.
Le bugie sulla transizione tengono lontani i progetti energetici che non sostengono gli interessi delle grandi industrie, tengono lontane le politiche industriali per un futuro sostenibile. Bugie che ci indirizzano a parlare della pulitura degli alvei dei fiumi (sicuramente importanti) piuttosto che ragionare del perché i fiumi sono sottoposti alla furia delle acque e quindi ci indirizzano a non considerare l’ assenza di quelle politiche industriali che alimenterebbero la transizione energetica, che diminuirebbero l’inquinamento e di conseguenza i disastri derivanti dalla crisi climatica.
In definitiva siamo stanchi delle bugie ed è ora di procedere spediti verso un mondo meno inquinato e più sicuro, con le competenze attuali, investendo sulle potenzialità future.☺
