Guerra alla terra
25 Maggio 2017
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Guerra alla terra

I venti che ultimamente respiriamo non sono affatto primaverili anzi, sono gli ennesimi venti di guerra. Purtroppo nel mondo ci sono centinaia di guerre, quelle che Medici senza Frontiere definisce “le crisi umanitarie invisibili”, guerre che non si vedono e sentono sui media, guerre che non ci interessano, perché ci sono guerre di serie A e guerre di serie B, come ci sono morti di serie A e morti di serie B, dunque poco notiziabili. Anche se quotidianamente vediamo i figli di quelle terre scappare proprio dalla guerra o dalla miseria generate anche dalla nostra politica e dalla nostra economia.

Nelle ultime settimane poi, si sta alzando un po’ troppo l’asticella della disumanità, vedi gli attacchi a base di gas in Siria o la paventata guerra nucleare USA-Corea del Nord. Tutto questo in un mondo dove sono sempre meno le Democrazie vere e sempre più le dittature truccate da democrazia, ovvero le Democrature (esempio la Turchia).

Mi è così tornato a mente quando qualche anno fa come WWF presentammo a Termoli, presso la Cittadella della Carità, un libro dei giornalisti di PeaceReporter “Guerra Alla Terra”, quattro capitoli, quattro guerre da quattro angoli del mondo, che avevano un movente comune: la contesa delle risorse naturali nell’indifferenza generale, il volto peggiore dell’economia globale. Si passa dall’acqua contesa nei territori occupati palestinesi, al petrolio nel delta del Niger, al litio in Bolivia, all’Afghanistan.

Uno degli autori ci spiegò come è facile e logico per i signori delle guerre scatenare un conflitto “per appropriarsi di specifiche risorse naturali, anche a costo di devastare gli ecosistemi, affamare (e assetare) una popolazione o minare il territorio di un’intera nazione”.

Le risorse in un Paese come l’Afghanistan vanno dagli smeraldi della valle del Panjshir, alle coltivazioni di papaveri e cannabis per produrre oppio e hashish, serviti per anni a finanziare guerre ed armare eserciti. Anche il legname, usato prima localmente come fonte di riscaldamento nei rigidi inverni afgani, ora è diventato un prodotto per floridi commerci con le imprese straniere. E le foreste stanno scomparendo.

Il petrolio nigeriano è un prodotto di grande qualità, leggero, contenente un basso tasso di biossido di carbonio, quindi molto ambito sui mercati statunitensi ed europei dove le norme ambientali impongono l’utilizzo di carburanti sempre meno inquinanti. La Nigeria, tutta, con i soldi accumulati con il petrolio dovrebbe essere un paese ricco (guadagna a settimana circa 1,5 miliardi di dollari) e invece nell’Indice di sviluppo umano dell’Onu risulta 154esima perché i benefici sono a favore solo dell’1% della popolazione, e “non è un caso che, a livello internazionale, la Nigeria sia diventata lo stereotipo di tutto quello che può causare una gestione petrolifera fallimentare: corruzione endemica, mancanza di democrazia, inquinamento, criminalità e, negli ultimi anni, anche rivolte armate” sottolineano gli autori.

La Bolivia invece ospita sul suo territorio il 50% della produzione mondiale di litio, il metallo presente nelle batterie dei telefonini, nei computer e utilizzabile in batterie speciali nelle auto elettriche ed ibride: questo metallo potrebbe diventare l’alternativa alla benzina. Il litio che si trova soprattutto negli altipiani salati Boliviani (ma è presente anche in altri paesi sudamericani ed anche in Cina) potrebbe essere il mezzo per il riscatto economico della Bolivia.

Tra le contese per accaparrarsi le risorse naturali del pianeta, non poteva mancare quella per l’acqua. Molti sono i conflitti su questo tema in giro per il mondo, ma il più noto è quello israelo-palestinese. L’equa gestione delle risorse idriche in Terra Santa a detta di molti osservatori non è la conseguenza di un accordo di pace tra israeliani e palestinesi ma la base di un’intesa per ottenere in quell’area l’obiettivo dei “due popoli in due stati” con eguali diritti e doveri.

Anche in Italia abbiamo le nostre piccole “guerre”: la TAV (Piemonte) una iniqua linea ferroviaria, il TAP (Puglia finora) il gasdotto dei tre regimi (da leggere l’ultima inchiesta de L’Espresso), le terre dei fuochi (Campania soprattutto) dove il guadagno sui rifiuti tossici ha prevalso sulle popolazioni, ILVA Taranto, l’ALCOA in Sardegna e il Centro Oli ENI Viggiano (PZ), esempi di come il mercato del lavoro viene messo contro l’ecosistema pulito e la salute dell’uomo.

Piccole guerre invisibili che da Nord a Sud del territorio italico hanno fatto morti, hanno creato miseria, hanno creato emigrazione e soprattutto devastato il territorio in nome della sovranità nazionale.☺

 

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