a colletorto e non solo
15 Aprile 2010 Share

a colletorto e non solo

 

Bei tempi quando a contendersi la vittoria per le elezioni comunali c’erano le liste di partito. Il più delle volte le liste erano due, D.C. e P.C.I. Bianco o rosso. Guelfi o Ghibellini. Uno amministrava l’altro faceva opposizione. Opposizione vera, con tanto di volantini sputtanatori, urla nei Consigli Comunali ed esposti alle Procure della Repubblica. L’opposizione vigilava, urlava e denunciava illeciti, abusi e spartizioni di pubblico denaro.

La discussione e la preparazione alle elezioni durava cinque anni e l’opposizione dura altro non era che la preparazione alle elezioni successive. Tanti si perdevano per strada, tra rospi saltatori di pantani partitici e coltivatori di orticelli propri, non erano poche le defezioni. Ma i più rimanevano li, a fare opposizione, perché dietro avevano un partito con degli iscritti e un elettorato ben definito che li aveva votati e a cui rendere conto del proprio operato. Fare opposizione era anche la legittimazione a candidarsi per le elezioni successive. La formazione delle liste partiva dalle sezioni di partito e i candidati venivano scelti, oltre che per le appartenenze politiche, tra i rappresentanti della società civile, delle associazioni sindacali e culturali. Cos’è la tanto decantata democrazia se non la partecipazione del popolo alla vita politica?

Ora tutto è più soft, non è raro assistere a Consigli Comunali dove l’opposizione, quando c’è, vota con la maggioranza e tutto finisce tra ilarità generale, pacche sulle spalle, tarallucci e vino. Il clima è quasi sempre alla “volemose bene”. I “consiglieri”, anche di opposizione, rispondono solo a se stessi e alle loro “famiglie” che, con i loro 50 o 60 voti di preferenza li hanno fatti eleggere.

 Tutte le liste sono “civiche” e la loro formazione avviene quasi sempre a tavolino, in case private e con incontri segreti. Sarà che siamo tornati indietro di 150 anni? Ma quando Mazzini organizzava in gran segreto i “moti carbonari” c’erano i Tiranni, che opprimevano e sopprimevano qualsiasi associazione di persone e di idee! Niente più appartenenze politiche e tutte le liste sono dei minestroni che farebbero mal figurare quelli delle nostre nonne.

Uomini sinistri e affaristi mal-destri, quaglie centriste capaci di saltare da campi destri a stoppie sinistre nel volgere di una notte. “Papabili” candidati che dalla sera alla mattina hanno smarrito i punti “cardinali” e forse anche la via di casa. “Capitani di Vascello” che, non sapendo la direzione del vento che verrà, aspettano, con tre cellulari in mano, l’ordine del “Grande Metereologo” per quali vele issare su e in che direzione orientarle. Qual’è il collante di questa variegata fauna di aspiranti amministratori? Interrogati, la risposta quasi unanime è: “cercare di fare qualcosa di buono per il paese”. Ma se, parafrasando il Leopardi del “dialogo tra un passante e un venditore di almanacchi”, si chiede loro: quale delle precedenti amministrazioni “civiche” ha fatto qualcosa di buono e a quale volete ispirarvi? Improvvisamente il panico serpeggia nei loro occhi. Nessuno sa dire di amministrazioni che negli ultimi decenni hanno governato per il bene comune e senza tornaconti personali. Tutti pronti ad elencare le deficienze e l’immobilismo che ha colpito, una volta eletti, tutti i volenterosi costruttori della comune felicità. Sarà che, come pensa qualche inguaribile pessimista, vige la gattopardesca regola del “tutto cambi affinché tutto resti come prima”? Oppure che la mancanza di comuni ideali e uniformità di vedute fa, di una lista civica, una piccola accozzaglia di altrettanto piccoli capibastone che risponderanno solo ad ancor più piccoli interessi personali e familiari e che, ancora una volta, non riusciranno a guardare al di là del proprio naso?

Dice Andreotti, giurassico statista-cattolico ma contemporaneo: “a pensar male si fa peccato ma il più delle volte ci s’azzecca”!

Antonio Cipollone

 

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