Addio meticciato
17 Settembre 2018
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Addio meticciato

La bella stagione volge ormai al termine, dopo un avvio stentato per poi tornare entro i canoni consueti. Se il sole ha smarrito la sua massima potenza, trasformandosi in un caldo tepore, non può dirsi lo stesso dell’atmosfera politica, sferzata da polemiche mai sopite.

È indubbio che il modo di far politica degli ultimi mesi ha cambiato prepotentemente negli individui alcuni atteggiamenti dal punto di vista sociale – come percezione – piuttosto che comportamentale, con conseguenze positive o meno a seconda della prospettiva dalla quale si inquadrino le cose.

Una politica che agisce in un certo modo, autorizza la popolazione a far propri quegli atteggiamenti, attuandoli nel quotidiano, con conseguenze che non sempre possono risultare giuste, soprattutto se implicitamente vengono seminate tendenze che inducono all’intolleranza.

È all’interno di queste premesse che si colloca il varo della direttiva del Viminale ‘Spiagge sicure’, volta a comminare pesanti multe per chi acquista dagli ambulanti in spiaggia e che ha coinvolto circa 60 comuni stringendo a tenaglia i venditori raminghi, sulla quale è opportuna una breve considerazione.

A ben guardare, c’è più ordine apparente ed una presunta maggiore sicurezza. C’è più rigore, secondo lo schema legislativo voluto dal Viminale, ma il dubbio che le località balneari non siano il luogo più adatto dove imporre quest’ordine resta, anche alla luce dell’uccisione di un uomo su una spiaggia calabrese, in mezzo ai bagnanti agostani, fatto che ha minato la paventata sicurezza delle spiagge, poiché l’aggressore ha agito indisturbato.

È anche opportuna un’altra considerazione: se è vero che gli ambulanti sono quasi spariti dalle concessioni grazie alla vigilanza, quando presente, hanno comunque vinto la battaglia dell’arenile pubblico, con il solito supermercato sulla riva che è stato poi preso d’assalto dai clienti nonostante il rischio di multe salatissime.

Al di là di questo, è evidente che tra gli ombrelloni, in un pullulare di bandiere blu che si fanno strada misteriosamente tra i flutti di un mare sempre più inquinato secondo i dati di Goletta Verde, sono scomparse voci diverse, colori, storie, culture che fino a qualche tempo fa erano libere di coesistere con chi le spiagge le frequenta da sempre, in una pacifica comunità e reciproco rispetto.

Sono scomparse, emigrate forse altrove, tante storie di culture e realtà lontane, voci provenienti dal Senegal soprattutto, ma anche dal lontanissimo Camerun, dal Burkina Faso, dalla Nigeria e da distanze ancora maggiori, dal cuore più nero e profondo dell’Africa animista, da posti che abbiamo conosciuto per le guerre etniche e solo successivamente collocato geograficamente.

Con queste storie, con questi uomini, è scomparso anche quello che portavano con sé, frutto del lavoro e di ciò che meglio rappresentano con un’abilità artigianale che a noi europei non appartiene, senza tema di smentite.

L’incontro con queste persone era anche un momento di confronto, di scambi di opinione e reciproche vedute e spesso un’occasione di crescita, per tutti, mettendo a fattor comune strutture sociali così diverse sotto molti aspetti, ma così uguali dal punto di vista della fratellanza.

Passeggiando sul bagnasciuga non vi è più traccia ad esempio del burkinabè Bobo con il suo carico di cesti etnici colorati ed intrecciati di salici e canne comuni. Una montagna umana tanto grande quanto buona. E non vi è più traccia di Babacar, studente senegalese proveniente dai sobborghi della metropoli Dakar con il suo carico di libri con a tema il continente nero ed altre storie che sembrano provenire da un altro tempo. Manca anche il togolese Djembe con i suoi tamburi etnici, sempre pronto a dare un saggio della sua bravura anche per dimostrare la bontà del prodotto, da buon commerciante. Djembe era un vero portatore di quella cultura africana custode della gestione del ritmo. Mancano all’appello anche le coreografiche ragazze di origine somala, capaci di realizzare in pochi minuti splendide treccine, a volte veri e propri intrecci d’arte.

Alla luce di questo racconto che sembra rappresentare una storia appartenente ad un altro tempo, eppure reale fino all’anno scorso a poche centinaia di chilometri da noi, a chi non viene il dubbio se sia davvero questa la realtà ‘sicura’ che vogliamo e se invece non era quella che abbiamo abbandonato la via giusta verso quell’integrazione che ancora non abbiamo nelle corde?

Nell’attesa di trovare una soluzione a questa domanda, senza la certezza di individuarla con le risposte attualmente a disposizione, per sopravvivere non resta che cercare il dialogo ogni volta che ce ne viene data la possibilità, guardandoci bene dallo spettro dell’intolleranza, vero vulnus di questi tempi, capaci di minare alle fondamenta la società del futuro, fatta di quei giovani che dagli esempi di oggi attingono a piene mani.☺

 

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