Aggiustamenti a scuola
13 Maggio 2021
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Aggiustamenti a scuola

In questo lungo anno, la scuola ha saputo reagire con encomiabile resilienza alle sfide poste dalla pandemia. Fatemelo dire. Ci siamo “mascherati”, imparando a parlare con gli occhi e a dosare la voce dietro vari strati che di certo non facilitavano il respiro; ci siamo reinventati in una didattica che non conoscevamo, e abbiamo accettato di lavorare senza orario, senza certezze, in un balletto singhiozzante fra apro e chiudo, presenza e distanza, aule fisiche e meet. Abbiamo continuato a commettere i nostri errori e ad avere i nostri limiti: ma abbiamo reagito con una fierezza, una determinazione, una dignità, una professionalità che mi piace – per una volta – sottolineare, ma che in pochi ci riconoscono, a partire dai tanti che ce l’hanno con chi (come noi) ha continuato a percepire uno stipendio, al contrario degli autonomi. Come se quello stipendio fossimo andato a rubarlo, anziché a sudarlo come sempre, più di sempre. In questo lungo anno, tuttavia, più che sui post rabbiosi e malevoli di chi infieriva sugli “statali”, ho preferito concentrarmi su alcuni aspetti del nostro lavoro che la pandemia ha messo sotto i riflettori, evidenziandone le antiche criticità. E mi è piaciuto sognare una serie di “aggiustamenti” che la scuola potrebbe operare. Sono riflessioni semplici, di un’addetta ai lavori che prova a declinarle in quattro “C”.

compresenza

In presenza o a distanza, i problemi di gestione dei gruppi non si evolvono, non scompaiono, anzi sembrano mettere a disagio un numero crescente di docenti, che si sentono spesso disorientati, isolati, impotenti di fronte a determinati comportamenti dei ragazzi. A partire da questo male endemico della scuola italiana (del quale nessuno si interessa e per il quale nessuno ci forma seriamente), vado sempre più convintamente maturando l’idea che articolare la didattica su un sistema di compresenze, strutturato fra discipline affini, sarebbe una strada semplice, efficacissima, per ripensare completamente la piaga della gestione del gruppo, le sue soluzioni: due insegnanti, anziché uno, sono capaci di cambiare completamente il clima di un’ aula, costituiscono quasi automaticamente un’autorevolezza che il singolo conquista con più fatica, ed assicura a ciascuno dei due una tranquillità, una forza, una solidità d’animo maggiore. Per non parlare della possibilità moltiplicata di fare trasversalità, che impone al docente di scendere dal proprio albero isolato e lasciare il suo geloso orticello: i ragazzi avrebbero chiara e concreta davanti a sé l’idea che l’unità del sapere c’è, è viva, e che la suddivisione disciplinare è solo una modalità didattica, non l’unica.

condivisione

Un altro modo per chiamare la “collegialità”. Bisogna potenziare le funzioni e l’attività del Consiglio di classe, deve diventare un organo vivo, operante, protagonista della didattica e della sua articolazione e progettazione, non restare un non-luogo dove ci si ritrova ogni due o tre mesi per dire in mezz’ora, frettolosamente, cosa mettere nel verbale. Il Consiglio deve programmare insieme, deve valutare con gli stessi metodi, deve elaborare veramente strategie comuni per i casi difficili, deve essere lavoro di squadra allo stato puro, che ha poi le sue propaggini in classe, nelle singole ore, nelle diverse discipline. Invece sembra accadere il contrario: tante “unicità” che di quando in quando si ritrovano per scambiarsi qualche opinione. Quando il Consiglio funziona, la classe funziona, il problema si risolve, il percorso si spiana. È così.

cura del sé

Un servizio di supporto psicologico a tutti gli operatori della scuola e agli studenti è essenziale, non più rinviabile, non può essere un optional ma una componente strutturale di un istituto. La pandemia ha scoperto questo nervo in maniera sfacciata. La scuola è luogo di relazione delicato, ricchissimo di stimoli, di vertici di bellezza così come di abissi di angoscia, talvolta. È luogo dove i minori crescono, si interrogano, si scontrano, fanno i primi conti con se stessi e con gli altri. E dove i docenti sono chiamati ad avere una pazienza infinita con dinamiche complesse, una serie di competenze relazionali impegnative, una decisa capacità di avere dominio di sé, di emozioni diverse. Non si può affrontare tutto da soli. Lo sguardo di uno psicologo può spesso dare strumenti di lettura della realtà che aiutano ad elaborare soluzioni possibili, ragionevoli. Uno sportello per ogni istituto, sempre, attivo, operativo. Ci vuole, non se ne può più fare a meno. È un modo per far sì che ciascuno di prenda cura di sé, per prendersi cura dell’altro con più serenità.

comunicazione

Ci ha salvati, durante la pandemia. Abbiamo trovato i modi più diversi, fantasiosi e pazienti per comunicare, per restare in contatto, a livello familiare, lavorativo, sociale. Curare la comunicazione fra i docenti, e fra docenti e alunni, è davvero un atto di amore verso il proprio lavoro, verso chi lo svolge con noi, verso chi ne è destinatario. La comunicazione va coltivata, perché una buona comunicazione è sostegno, confronto, crescita, è forse una delle più alte forme di gentilezza che possiamo usare verso i nostri colleghi e verso i nostri studenti.

Buon lavoro.

 

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