Approccio all’olio
15 Novembre 2017
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Approccio all’olio

Vino vecchio, olio nuovo. I detti popolari sono frutto di tanta sapienza, derivante, soprattutto dall’esperienza. Quanto vino è stato buttato dai nostri nonni o quanto vino è diventato aceto per pratiche di trasformazione e di stoccaggio non corrette e quanto olio cattivo abbiamo mangiato perché tanto uno valeva l’altro? Con questo articolo si vogliono fornire delle indicazioni ai consumatori di olio (desumo tutti i lettori) affinché si abbia il giusto approccio con un prodotto che tutti i luminari scientifici, definiscono “nutraceutico”. Perché nutraceutico? Perché nutre e cura o meglio previene.

Partiamo da questo concetto: l’olio extravergine di oliva fa bene al nostro organismo! Fa bene perché è l’unico grasso vegetale che ha una serie di costituenti che altri oli vegetali e animali non hanno. Basti pensare che la sua composizione acidica (acidi grassi) è simile alla composizione acidica del latte materno. Chi non ricorda, di noi adulti, il pane cotto condito con un filo di olio crudo, come primo alimento del bambino in fase di svezzamento? L’olio extravergine di oliva è un condimento/alimento di elevato valore per la nostra salute e pur non entrando nei dettagli, perché lascio ai medici il compito di farlo, voglio descrivere il suo valore per quello che è: una “spremuta di olive”. Innanzitutto mai parlare di olio come prodotto di trasformazione perché nessuno trasforma le olive in olio (l’uva, attraverso la fermentazione, si trasforma in vino) ma, correttamente, dobbiamo parlare di olio come prodotto di estrazione; e come tale avrà caratteristiche organolettiche molto simili al frutto (drupa) da cui viene estratto.

Nei vari corsi di formazione, per spiegare le qualità dell’olio, faccio preliminarmente assaggiare il frutto poiché l’olio, contenuto in esso, avrà sicuramente il sapore dell’oliva. Avete mai assaggiato una oliva appena staccata dalla pianta, fresca, al giusto grado di maturazione e sana? Fatelo! Sarà una esperienza straordinaria. Assaggerete in anteprima l’olio nuovo con i suoi profumi e sapori elevati all’ennesima potenza. All’ olfatto sentirete profumi erbacei più o meno intensi (dipende dalla cultivar) e soprattutto, al gusto, sentirete un amaro intenso e un lieve piccante. Va da sé, quindi, che un olio di alta qualità risulterà fruttato (profumi erbacei), amaro e piccante. Molti luoghi comuni hanno bistrattato un olio “amaro e piccante” mentre, è proprio un olio così fatto che va cercato. Ma cosa rende, un olio amaro? Chimicamente l’amaro e il piccante di un olio è dato dalla presenza di sostanze fenoliche che sono i cosiddetti “antiossidanti naturali”. Ebbene sì, madre natura protegge i suoi frutti da ciò che ne rovina la bontà. I nemici dell’olio (ma anche di tutti i grassi) sono la luce, la temperatura e l’ossigeno.

Quando un olio è ancora nel frutto non abbiamo problemi di luce, temperatura e ossigeno ma, appena l’olio viene estratto cominciano i processi di degenerazione di questo grasso. È qui che il consumatore deve intervenire; quindi per la luce utilizziamo recipienti scuri e luoghi di conservazione bui e dove la temperatura non sia né troppo bassa e né troppo alta (ideale sarebbe avere un locale dove la temperatura sia dai 8C° ai 13C°); per l’ ossigeno cosa facciamo? L’olio qui si autodifende proprio grazie ai fenoli, sostanze amare che bloccano l’ossigeno il quale tenderebbe ad ossidare il nostro squisito olio. Ma allora l’olio potrebbe stare anche in contenitori aperti? Assolutamente no! I fenoli sono sostanze che una volta ossidate perdono la loro azione protettiva e l’olio sarà privo di ogni difesa. Il nostro compito sarà quello di conservare la bontà dell’olio dal 15 di ottobre dell’anno di estrazione al 14 ottobre dell’anno successivo.

Per proteggere il nostro olio è sufficiente utilizzare recipienti che possono essere dotati di un galleggiante in acciaio che viene posto sul pelo dell’olio e così andiamo a ridurre fortemente la superficie di contatto dell’olio con l’ossigeno. Altra tecnica, potrebbe essere quella di mettere il nostro olio in tante bottiglie scure (il miglior colore del vetro è l’ambra) di un formato pari al consumo di olio settimanale. In famiglia imbottigliamo di tutto: dal vino alla salsa di pomodoro ma l’olio no… Ogni volta che apriremo una bottiglia di olio, cosi conservata, noi sentiremo la fragranza dell’olio nuovo e sarà delizioso sentire a luglio il sapore di un olio ancora intatto da un punto di vista ossidativo.

Una parentesi, a questo punto, la dobbiamo aprire per la pulizia dei recipienti. L’olio extra vergine di oliva ha la capacità (come tra l’ altro tutti i grassi) di catturare tutte le molecole volatili responsabili di profumi o puzze che potrebbero impregnare un contenitore. È necessario, pertanto, eliminare tutte quelle sostanze che sporcano un contenitore che ha già ospitato un grasso che con il tempo si è irrancidito. Molti puliscono i recipienti con detergenti delle stoviglie ma questi sono molto profumati e lasciano sempre odori che potrebbero essere “catturati” dall’olio e quindi non vanno bene. Neanche l’aceto può essere usato perché un difetto dell’olio è l’inacetito (difetto innescato dalla fermentazione delle olive conservate in sacchi). E un recipiente “sporco” di aceto trasforma un olio di qualità in olio difettato (la norma dice che un olio difettato non è più extravergine ma vergine e se il difetto è grave diventa lampante ossia non commestibile). Come pulire quindi? Con la soda caustica e acqua calda perché sgrassa a fondo e non lascia residui che trasferiscono cattivi odori.

A conclusione si raccomanda, prima di acquistare un olio extravergine di oliva, di assaggiare sempre l’olio e verificare se è amaro e leggermente piccante. Per maggiori garanzie si può chiedere un campione da far valutare al “gruppo di assaggio” dell’ ARSARP di Larino. Buon olio a tutti!☺

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