assassine, camelie ed angeli    di Loredana Alberti
31 Gennaio 2012 Share

assassine, camelie ed angeli di Loredana Alberti

 

Chiamiamola Maria: va in un consultorio, non ha ancora deciso cosa fare, dopo alcuni giorni decide di abortire con la RU486. Bisogna certificare lo stato della gravidanza, fare gli esami e l’ecografia – come stabilito dalla legge 194. L’iter per interrompere la gravidanza inizia (ospedale S. Anna Torino).

Il personale medico è professionale e le infermiere molto umane, nella assoluta precarietà dei luoghi e del servizio. Il reparto è scarno, brutto, Maria si domanda se è così intenzionalmente. Le persone fanno la differenza, ma i luoghi sono sgradevoli. Com’è sgradevole passare davanti al nido. Lo stesso medico, insieme ad alcuni infermieri, segue ogni aspetto, dalle prime informazioni alla visita: la somministrazione delle pillole, l’innesto degli ovuli, la compilazione dei moduli e della cartella clinica. Tutto in una stanzetta spoglia. Maria sceglie di non essere ricoverata per i 3 giorni previsti dalla legge, ma firma e se ne va. Preferisce stare a casa e con i suoi amici. Non ci sono ragioni mediche per il ricovero e sarebbe troppo frustrante rimanere chiusa in ospedale 3 giorni durante i quali non succede quasi nulla, stai bene e non faresti che rimuginare e pensare. Il terzo giorno, in cui inseriscono l’ovulo per l’espulsione, sei ricoverata dal mattino, di fianco alle stanze per i magazzini, la porta del bagno non funziona, i letti sembrano arrivare dagli anni ’60.

Il 27 Maria torna per la visita di controllo. Deve fare l’ecografia e poi andare in un edificio al di là della strada, è lo stesso ospedale ma in due corpi diversi.

Mentre percorre i pochi metri tra un luogo e l’altro Maria intravede delle persone. È distratta e non ci fa molto caso. Poi una donna la affianca. Da una cartelletta blu tira fuori un volantino. Maria ricorda l’immagine di un feto e delle scritte, lo prende in mano e lo restituisce immediatamente. La donna le dice che in quell’ospedale compiono atrocità e omicidi medici. Poco più in là ci sono altre due persone, un uomo e forse una donna. Volantinano. Camminando Maria li raggiunge mentre la donna la segue e continua a parlare di orrendi assassinii. Quell’ospedale è un abortificio. Maria le chiede perché e per conto di chi stava lì e la donna risponde: per il Movimento per la vita. Maria sbotta e le dice che lei è lì per quel motivo, che la deve lasciare stare e rifiuta il suo aiuto. La conversazione la sente anche l’uomo, vestito di bianco come un infermiere. La donna deve pensare che Maria non abbia ancora abortito.

 L’uomo comincia a urlare: le donne che abortiscono sono assassine, è un omicidio vero e proprio, le donne che non sanno affrontare la gravidanza devono essere rinchiuse. Non si rivolge a Maria, ma lei è lì a pochi metri. Maria gli dice che avrebbe dovuto tacere, e che sperava di non incontrare persone come lui nell’ospedale. Ma perché stava lì fuori? L’uomo dice che conosce bene la materia, che ha studiato e che lui sa che è omicidio. Intanto Maria entra in ospedale, ma poco dopo deve ripassare di là per la visita. L’uomo la riconosce e ricomincia a urlare: assassine, assassine. C’è una signora che gli risponde: le ragazzine che rimangono incinte e magari non se la sentono è giusto che possano scegliere, è giusto che l’aborto sia legalmente protetto. Assassine, assassine, ricomincia a urlare l’uomo in camice bianco.

Nei mesi successivi, in coincidenza con la delibera Ferrero il “Protocollo per il miglioramento del percorso assistenziale per la donna che richiede l’interru- zione volontaria di gravidanza” (che prevede la presenza dei volontari del Movimento per la vita negli ospedali), a Roma è stato inaugurato, con tanto di enfasi e pubblicizzazione, il cimitero degli angeli (o degli embrioni, da loro chiamato dei bambini mai nati) specificando che non si andrebbe contro la 194, ovvio che no. Si va contro le donne e contro la garanzia di un aborto assistito in generale.

 Si trasformano gli embrioni da rifiuti ospedalieri a persone, ovvero soggetti meritevoli di sepoltura, significa aggirare la 194 e decidere che l’embrione è vita. Dunque chiunque abortisca sarà di conseguenza dichiarata un’assassina.

La legge parla chiaro. A meritare la sepoltura è la persona, se sei persona chi mette fine alla tua vita è un assassino. Se l’embrione merita la sepoltura dunque sarebbe una persona e allora chi abortisce cos’è?

Fanno così ciò che non hanno potuto fare in altri modi. Continuano a depotenziare la 194, a renderla completamente inutile, come se non bastasse l’obiezione di coscienza e tutta la serie infinita di ostacoli che le donne trovano ogni volta che cercano una pillola del giorno dopo o tentano di interrompere una gravidanza.

La questione dei cimiteri per gli embrioni arriva dalla Lombardia di Formigoni, poi un tentativo di proposta in Sicilia e poi singoli provvedimenti in altre città

Sapete come avviene questa cosa? Con un modulo sottoposto alle donne che abortiscono alle quali si chiede se vogliono lasciare che l’embrione sia scaricato come un rifiuto ospedaliero e sepolto come una persona. Quanto potere ha il senso di colpa!

PS: intanto non diamo sepoltura ai corpi di migranti, bambini e non, che annegano a volte con connivenze lungo le nostre spiagge ( è populismo? Ok..chiedo venia!)☺

 ninive@aliceposta.it

 

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