attualità di don milani
16 Aprile 2010 Share

attualità di don milani

 

Quarant’anni fa don Lorenzo Milani moriva a Firenze dopo una lunga e dolorosa malattia: per sua volontà venne seppellito nel cimitero di Barbiana, affinché, anche dopo la morte, potesse   continuare a sentirsi legato alla povertà e alla sofferenza della propria gente.

I suoi parrocchiani, costituiti in gran parte da poveri montanari, erano afflitti da una grave miseria materiale e culturale. Un disagio al quale il sacerdote cercò di porre rimedio offrendo soprattutto gli strumenti del sapere: una cultura mai offerta per agevolare l’ascesa sociale dei suoi ragazzi, ma sempre volta a far maturare le coscienze e l’amore per l’impegno civile.

La lotta contro le ingiustizie subite dai più umili negli anni ‘50 e ‘60 ricorda come le difficoltà, connesse alla capacità di conquistare maggiori spazi di cittadinanza e di democrazia, siano tuttora vive rispetto alle tante Barbiane presenti nel mondo.

Il sopruso è infatti ancora tra noi, quando milioni di persone soffrono la fame, quando 250 milioni di minori sono costretti a lavorare, quando la cultura è privilegio di pochi, quando la violenza della guerra distrugge interi popoli, quando milioni di lavoratori sono sfruttati in nome del profitto, quando la politica dimentica la sua funzione di servizio e diviene interesse privato, quando i mass-media strumentalizzano le coscienze per fini che esulano dal bene comune. A tutti questi mali, don Milani si oppose con grande lucidità intellettuale: come una sorta di antico profeta cristiano, ricordò che essere cattolici significava schierarsi senza titubanza con gli ultimi, con coloro che non potevano offrire altro che la propria miseria.

Le sue parole erano sempre taglienti e sempre accompagnate dall’azione; ma proprio questo suo modo di vivere la cristianità infastidì le coscienze sopite di coloro che vivevano la fede cattolica attraverso forme più tradizionali. Da qui la decisione di esiliarlo a Barbiana: un luogo impervio ed isolato che, contro ogni aspettativa, divenne ben presto punto di riferimento per i cattolici più illuminati e per tutti i progressisti atei o di diverso indirizzo religioso.

La sua apertura alle più svariate scuole di pensiero non poteva certo essere compresa da una Chiesa fortemente chiusa in se stessa. Solo qualche anno più tardi, il Concilio Vaticano II,  affermerà l’impor- tanza di instaurare un dialogo anche con quanti non si riconoscevano nella Chiesa di Roma. Le stesse Encicliche Sociali affermeranno questo nuovo indirizzo: una diversa visione del mondo, all’interno della quale troveranno spazio molte delle problematiche che il priore aveva sollevato con forza, affinché le coscienze divenissero protagoniste del proprio destino, rispetto ad una società che tendeva ad operare una massificazione soffocante ed offensiva per la dignità dell’uomo. Don Milani seppe cogliere più di altri i rapidi mutamenti socio-culturali che andavano compiendosi nella nuova società industriale. In quegli anni il sacerdote affermò senza sosta l’importanza della centralità del soggetto nella società: vi era in lui la consapevolezza che, solo riconoscendo il valore dell’uomo e dei più poveri, diveniva possibile affrontare, in un’ottica di giustizia e di equità, i complessi problemi del lavoro, dell’economia, della politica e della cultura. In tale ottica, ogni persona doveva essere posta nelle condizioni di vincere la subordinazione dei singoli ai miti del mercato, del consumismo e delle mode.

Ieri come oggi, gli adulti hanno la responsabilità di trasmettere ai giovani i valori della solidarietà e dell’impegno: si tratta, soprattutto, di  acquisire la consapevolezza che ogni singola persona, può incidere e trasformare la società nella quale opera e vive: “Avere il coraggio di dire ai   giovani che essi sono tutti sovrani, per cui l’obbedienza non è ormai più una virtù, ma la più subdola delle tentazioni, che non credono di potersene far scudo né davanti agli uomini né davanti a Dio, che bisogna che si sentano ognuno l’unico responsabile di tutto. A questo punto l’umanità potrà dire di aver avuto in questo secolo un progresso morale parallelo e  proporzionale al suo progresso tecnico”.

Questo è senza dubbio il messaggio più importante che don Lorenzo Milani ha lasciato nei suoi scritti: essere protagonisti e saper analizzare il mondo circostante onde mutare le storture e le ingiustizie insite nella complessa ed articolata struttura  sociale.

Una testimonianza di fede e di vita, che merita di essere approfondita, affinché non venga mai meno il ricordo di un uomo che seppe esaltare la dignità degli ultimi contro ogni forma di silenzio e di omologazione massificante ed impersonale. ☺

a.miccoli@cgilmolise.it

 

 

 

 

 

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