biocarburanti
17 Aprile 2010 Share

biocarburanti

 

Il 22 % delle emissioni mondiali di anidride carbonica sono prodotte dal settore dei trasporti ed è quindi necessario dare la priorità al risparmio e all’efficienza energetica, al trasporto pubblico rispetto al privato ma anche allo sviluppo di carburanti a bassa emissione.

Oggi i riflettori del mondo politico e agricolo sono puntati sui biocarburanti in quanto ritenuti una delle soluzioni principali per risolvere il problema del riscaldamento globale ed una buona occasione di rilancio economico poiché questa attenzione si traduce in incentivi per incrementare la loro produzione e il relativo mercato. Pertanto non si sta facendo abbastanza per incentivare solo quei biocarburanti che forniscano significative e documentate riduzioni di gas serra e quindi non si assicura la sostenibilità ecologica del settore in termini di conservazione degli habitat, degli uccelli selvatici e della biodiversità.

I biocarburanti sono carburanti liquidi per autotrasporto, prodotti a partire da materie prime organiche, comprendono principalmente bioetanolo e biodiesel che vengono utilizzati rispettivamente in sostituzione della benzina e del diesel. Per poter essere utilizzati vengono solitamente miscelati con i carburanti fossili. Le materie prime per la loro produzione sono attualmente costituite dalle cosiddette colture bioenergetiche (mais, colza, palma da olio, canna da zucchero) ma in futuro sarà possibile partire anche da materiali legnosi quali boschi e residui agricoli.

Per produrre biocarburanti in quantità significative sono necessarie enormi estensioni di terreno, sottratto alla coltivazione di alimenti i cui prezzi, di conseguenza, non potranno che aumentare. Per non dover affrontare la scelta tra le nostre esigenze alimentari e il muoverci in auto, saremo costretti a dirigerci su strade poco sostenibili ecologicamente e che contribuiranno ulteriormente ad aggravare il declino della biodiversità e il cambiamento climatico stesso, come quelle di:

– occupare meno terreno possibile aumentando le rese delle colture bioenergetiche. Significa tornare ad un’agricoltura intensiva, monoculturale, dove si faccia massiccio uso di prodotti chimici e/o di OGM (organismi geneticamente modificati);

– mettere a coltura gli habitat naturali e seminaturali, come le praterie e i pascoli in Italia e le foreste pluviali nei Paesi tropicali. Significa sottrarli alla conservazione della natura e all’immagazzinamento dell’anidride carbonica.

I biocarburanti sono erroneamente ritenuti carburanti ad emissione zero di anidride carbonica poiché viene presa in considerazione solo quella rilasciata durante il loro utilizzo, in quanto dovrebbe essere compensata da quella assorbita tramite la fotosintesi, e quindi non viene calcolata quella emessa durante il processo industriale utilizzato per la loro produzione. La produzione di emissioni varia a seconda di come vengono prodotti e trasformati i diversi biocarburanti, infatti si produce anidride carbonica per coltivare i campi, per raccogliere il prodotto agricolo, per trasformarlo chimicamente e per distribuirlo. In particolare alcune ricerche dimostrano che il fertilizzante azotato, usato per la concimazione delle colture, è responsabile di oltre il 50% dei gas serra emessi per la produzione di biodiesel (colza) e del 40% delle emissioni per la produzione di bioetanolo. I fertilizzanti di sintesi, infatti, sono prodotti derivati da una fonte non rinnovabile: il petrolio!

Il 10-30% delle emissioni globali di gas serra sono attualmente dovute a modificazioni dell’uso del suolo che provocano la distruzione di aree naturali quali le foreste, la bonifica delle zone umide e le conversioni di prati e pascoli in terreni agricoli.

Pertanto, se la coltivazione delle colture bioenergetiche determina la distruzione di habitat che immagazzinano il carbonio, le loro emissioni non possono essere considerate ridotte in quanto dovrebbero essere considerate anche la quantità e la qualità di carbonio “liberato” con la distruzione e la coltivazione di questi habitat oltre che alla insostenibile perdita di biodiversità causata.

La LIPU sostiene l’impiego dei biocarburanti come alternativa ai combustibili fossili per ridurre le emissioni nel settore dei trasporti purché portino reali benefici in termini di mancate emissioni, provengano da agricoltura sostenibile, non provochino direttamente o indirettamente la distruzione di ecosistemi naturali e non rappresentino una minaccia alla sicurezza alimentare.

I biocarburanti quindi possono rappresentare una valida opportunità solo se, a partire dall’Unione Europea per giungere alle singole regioni italiane, ci si doterà di una politica ecologicamente sostenibile. Senza adeguati standard ambientali  costituiranno invece una minaccia o, nella migliore delle ipotesi, saranno semplicemente inutili: potrebbero non contribuire alla lotta al cambiamento climatico e contemporaneamente causare inaccettabili danni alla biodiversità, all’ambiente e alla qualità della vita delle persone.

Al contrario, se il loro sviluppo verrà gestito in modo ecologicamente sostenibile e in modo che l’espansione delle colture energetiche trovi dei limiti nella necessità di produrre cibo e di conservare la natura, essi potranno diventare un rilevante combustibile a bassa emissione di carbonio per il futuro e dunque un fattore importante per la lotta al cambiamento climatico.

Per approfondire questo tema scarica il documento integrale della LIPU – Settore Agricoltura – nella pagina “Approfondimenti” sul sito www.lipumolise.altervista.org ☺

 

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