crisi finanziarie e contagio globale
14 Aprile 2010 Share

crisi finanziarie e contagio globale

 

È opinione assai diffusa che le Banche siano sempre liquide e che, volgarmente parlando, abbiano sempre “i soldi”. In concreto più che i soldi le banche hanno contestualmente una serie di impegni verso i propri finanziatori ed una serie di rischi verso coloro ai quali hanno concesso prestiti. Sicuramente, più che i soldi, le banche hanno maggiore facilità di accesso ai canali di approvvigionamento di risorse finanziarie: possono contrarre debiti direttamente presso le Banche Centrali, indirettamente sul mercato interbancario verso altre banche e sul mercato retail (al dettaglio) verso la clientela finale disposta a vincolare i propri depositi. La maggior facilità di accesso ai mercati creditizi è giustificata da una serie di requisiti di solvibilità che tutte le banche sono chiamate a mantenere nel tempo sotto l’occhio vigile delle Banche Centrali. Ciò significa per ogni banca detenere un patrimonio minimo di vigilanza in proporzione ai rischi assunti, affinché eventuali perdite su crediti non possano pregiudicare la propria stabilità economico-finanziaria. Ciò è importante perché ogni banca, animata dal fare profitto, comunque ricopre un ruolo chiave per lo sviluppo economico-sociale di un territorio, mantiene in equilibrio le relazioni finanziarie di questo ed è chiamata a gestire contestualmente numerosi rapporti solvibili senza che questi vengano pregiudicati da quelli insolventi. Un adeguato patrimonio di vigilanza è quindi volto a salvaguardare la stabilità di ogni singolo istituto di credito, dell’intero sistema creditizio di un paese ed anche di un mercato finanziario che è ormai globalmente correlato senza più orari, confini ed orizzonti.

Il momento attuale, infatti, ci ha mostrato che i rischi finanziari si propagano come in un vero e proprio contagio globale. Gli Stati Uniti continuano a soffrire dei loro mutui indigesti ed esportano la loro crisi nel resto del mondo. Ogni giorno si ascoltano una serie di pessime notizie che a loro volta si autoalimentano anche grazie all’incertezza di quando l’attuale congiuntura negativa possa realmente finire.

Gli alti tassi d’interesse, praticati fino a qualche mese fa dalla Banca Centrale americana (Fed), hanno reso insostenibili le rate sui mutui di famiglie americane, facendo registrare alle banche forti segnali di insolvenza. Il crollo dei prezzi immobiliari ha iniziato ad erodere il valore delle garanzie ipotecarie sui mutui stessi. Strette in questa morsa, tra insolvenze dei clienti e garanzie sempre meno capienti, alcune banche americane non sono riuscite ad aumentare il proprio patrimonio di vigilanza per bilanciare la maggior rischiosità dei loro clienti. Come se non bastasse, i mutui subprime erano già stati “impacchettati e spediti in gran parte del mondo”: probabilmente gli operatori del settore non ne hanno mai sottovalutato la rischiosità intrinseca, ma ne hanno forse sottovalutato le conseguenze e gli effetti. Il risultato è che, sul mercato interbancario, subito si è preso coscienza degli stretti collegamenti tra gli intermediari creditizi internazionali e questi si sono dimostrati sempre più restii a scambiarsi fondi rendendo il mercato interbancario sempre meno liquido.

Il risultato, dall’inizio del 2008, è stato che ben 7 banche americane sono andate in crisi di liquidità e non sono riuscite a ricapitalizzarsi a sufficienza. Sono tecnicamente fallite! Per salvare il sistema creditizio nel suo complesso sono intervenuti istituti finanziari più grandi che hanno acquistato, a poco prezzo e molto rischio, nomi quali Indy Mac, First National Bank of Nevada e First Heritage Bank. Tutto mentre molte di queste banche hanno offerto un penoso spettacolo di tipo sudamericano fatto di clienti in coda agli sportelli per ritirare i loro risparmi! Invece, a salvare dal tracollo Fannie Mae e Freddie Mac, due agenzie finanziarie semi-governative che da sole gestiscono la metà dei mutui immobiliari in Usa, ci ha pensato direttamente il Ministero del Tesoro americano con un eccezionale intervento finanziario pubblico. Dall’inizio del 2008, entrambi questi istituti finanziari hanno perso, sui listini di Wall Street, circa il 70% del loro valore, in sei mesi!

Infine, il segnale più forte lo ha dato la Fed che, per attutire il colpo delle insolvenze sui mutui, ha subito abbandonato la sua politica monetaria di rigore in luogo di poderose e ripetute riduzioni di tassi d’interesse. Questa sterzata è stata la conferma di un momento finanziario molto pericoloso. Per qualcuno si è trattato di una scelta obbligata per l’economia Usa, per altri di una scelta scellerata che ha offuscato le ancora insidiose potenzialità del fenomeno. Intanto, gli effetti si sono propagati velocemente anche nel resto del mondo, producendo quei forti squilibri che conosciamo bene, soprattutto in termini di tassi di cambio e alti di prezzi delle materie prime. Il tutto è avvenuto in un delicato momento di forte rallentamento delle principali economie mondiali che, come dicevamo già tempo fa, saranno chiamate a fronteggiare una dura fase di stagflazione. Il Fondo Monetario Internazionale ha paventato la pericolosità di un contagio tra mercati finanziari ed economia reale e, manco a farlo apposta, la Banca Centrale Europea, per il 2009, ha già dipinto un quadro a tinte scure con un sensibile calo del PIL dell'Europeo, con aspettative di inflazione crescenti e con i dati dell’economia italiana sempre peggiori rispetto alle medie. L’economia reale, quella della produzione e del lavoro, ha iniziato a risentire ciclicamente delle dinamiche più repentine dei mercati finanziari. Il risultato finale è che, quali che siano le cause, gli effetti sono globali, si propagano in modo sempre più tumultuoso, veloce ed amplificato. ☺

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