
Buon 2023
Non so davvero se sia il caso di scambiarci auguri, nello scenario oscuro che ci avvolge a livello locale, nazionale e mondiale, ma questa è (o dovrebbe essere) la stagione dell’attesa e della luce.
Difficile però in questi giorni trovare la serenità dell’attendere: un verbo bellissimo, che sa di speranza, di progetti, di visione ampia. Ma la consapevolezza che abita dentro di noi è altra, purtroppo: la sanità regionale che continua a sgretolarsi, i megaprogetti di vario genere che atterrano in nome dell’ efficienza energetica, lo spopolamento dei nostri paesi, la tracotanza di un governo nazionale ottuso e incapace di chinarsi verso gli ultimi, l’atrocità della guerra… occorre davvero una volontà testarda di ottimismo per non disperare.
E da buona attivista climatica credo che dovremmo prima di tutto preoccuparci di smantellare il disegno delineato da due affermazioni della Meloni nel discorso di apertura della XIX legislatura: “Non disturbare chi vuole fare” e “Noi vogliamo difendere la natura con l’uomo dentro”. La prima si commenta da sé e rappresenta il perfetto biglietto da visita del fascismo sempre riemergente, il marchio di fabbrica del turbocapitalismo predatorio che idolatra la crescita e pone come regola l’accumulo compulsivo di beni e l’assenza di ogni regola. La seconda è però quella a cui dobbiamo porre più attenzione: decreta il ritorno ad una visione vecchia di secoli, e nel bel mezzo di una crisi climatica fuori controllo stabilisce che l’universo e i suoi habitat trovano senso solo con l’uomo al centro. Come definire la cecità assoluta di chi non si accorge che è proprio l’uomo troppo al centro della natura ad aver creato questo tragico squilibrio, con il saccheggio, il consumo, la predazione senza limiti ormai da decenni?
Eppure, come fa notare Paolo Pileri su Altreconomia, già 50 anni fa i limiti dello sviluppo venivano chiaramente messi in luce in un rapporto voluto e portato avanti non da un ecologista fanatico, ma da un industriale illuminato, Peccei, che cominciava a porsi quelle domande che la nostra premier evidentemente non riesce proprio a concepire. Basterebbe leggere un po’, a patto ovviamente di essere in grado di decodificare un testo – una delle prime competenze che si cerca di far acquisire a scuola, che evidentemente molti degli attuali esponenti di governo (anche regionali) non padroneggiano appieno: Kenneth Boulding, economista, pacifista e poeta inglese morto nel 1933, pronunciò molti anni fa una frase destinata a diventare celebre: “Chi crede che una crescita esponenziale possa continuare all’infinito in un mondo finito è un pazzo, oppure un economista”.
La nostra biosfera infatti è finita, ed è notoriamente regolata dalle leggi della termodinamica; come scrive Nicola Armaroli, dirigente del CNR che venne a Termoli ai tempi della lotta alla Turbogas, “un corso di termodinamica ben fatto sarebbe di grande beneficio per gli studenti di Economia, particolarmente per quelli che un giorno aspirassero a diventare Ministri”.
Purtroppo dappertutto siamo governati da economisti ciechi, che continuano a predicare la crescita illimitata nel nome di una prosperità che troveremmo invece solo nell’equilibrio e nel rispetto della natura. Davvero sembrano colpiti dall’inspiegabile epidemia di cecità descritta da Saramago; solo che la nostra, di epidemia non sembra destinata a scomparire… Ci sentiamo ripetere ogni giorno che dobbiamo produrre più energia per averla a disposizione quando ce ne servirà di più. Poveri stolti noi, se non rispondiamo che di energia deve servircene di meno, se vogliamo far continuare a vivere l’unico pianeta che abbiamo. È solo andando a denunciare il grande bluff della crescita infinita, infatti, che possiamo smantellare il sistema mortifero del capitalismo, e cominciare pian piano a porre le basi per un nuovo modo di vivere, che non veda più come inevitabili l’emergenza climatica, quella lavorativa, quella delle migrazioni, quelle sociali e sanitarie.
Come fare? Qui in Molise, e altrove, ancora una volta partire dall’azione individuale e associativa. Che può avere un impatto potente solo se sapremo costruire e rinsaldare i legami tra gruppi civici e politici, superare l’atavico individualismo per cercare strade comuni, far crescere la consapevolezza che i diritti devono essere rivendicati ogni giorno, pretendere di avere voce nelle scelte e di essere coinvolti come cittadini, accettare il fardello doveroso della resistenza e della non rassegnazione, essere capaci se necessario anche di gridare che non è più il tempo delle deleghe, ma dell’essere attori. Ogni giorno, testardamente, coerentemente. Senza paura.
Per essere costruttori di pace, di accoglienza, di lavoro. Nel segno della cura e del benessere di tutti; ma prima di tutto del pianeta.
Buon 2023 di lotta e di speranza.☺