catastrofi e profeti
1 Ottobre 2011 Share

catastrofi e profeti

 

All’epoca della monarchia in Israele c’erano molti profeti, persone quasi sempre stipendiate dalla corte con il compito di far conoscere al re la volontà di Dio, per poter fare poi le scelte politiche giuste. La stragrande maggioranza, in realtà, con il senno di poi, si sono dimostrati falsi profeti, interessati solo a far sentire al re ciò che voleva sentirsi dire per ricevere il compenso e pronti a rivoltarsi qualora non fossero ben foraggiati: “Così dice il Signore contro i profeti che fanno traviare il mio popolo, che annunziano la pace se hanno qualcosa tra i denti da mordere, ma a chi non mette loro niente in bocca dichiarano la guerra” (Mi 3,5). Di tutti questi profeti non è rimasta traccia; solo di quei pochi che non hanno parlato per compiacere, ma per dire la verità, noi conserviamo le parole nella bibbia perché non hanno semplicemente guardato al tornaconto immediato, ma hanno saputo guardare a distanza, prevedendo la catastrofe mentre tutti stavano bene o si credevano in grado di superare la crisi, e allo stesso modo erano in grado di annunciare la speranza, basata su un cambio radicale di stili di vita e di scelte politiche ed economiche, a coloro che vivevano il dramma della crisi e della deportazione.

Tra questi pochi profeti spicca la figura di Geremia, profeta simbolo dell’esilio, che ha cercato in tutti i modi di dissuadere il re da scelte politiche improvvide e che, dopo la prima deportazione, ha avuto il coraggio di dire agli esiliati di non sperare in un immediato ritorno alla situazione di benessere precedente, come auspicavano i falsi profeti. Così scriveva Geremia agli esiliati: “Così dice il Signore degli eserciti, Dio di Israele, a tutti gli esuli che ho fatto deportare da Gerusalemme a Babilonia: Costruite case e abitatele, piantate orti e mangiatene i frutti; prendete moglie e mettete al mondo figli e figlie, scegliete mogli per i figli e maritate le figlie; costoro abbiano figlie e figli. Moltiplicatevi lì e non diminuite. Cercate il benessere del paese in cui vi ho fatto deportare. Pregate il Signore per esso, perché dal suo benessere dipende il vostro benessere. Così dice il Signore degli eserciti, Dio di Israele: Non vi traggano in errore i profeti che sono in mezzo a voi e i vostri indovini; non date retta ai sogni, che essi sognano” (Ger 29,4-8). Mentre i falsi profeti vendevano sogni fumosi agli esiliati, favoleggiando su un ritorno impossibile, Geremia fa fare i conti con la realtà. Chi sogna il ritorno appartiene a quel gruppo di potere che ha portato alla catastrofe, per compiacere i piccoli politici d’Israele oppure per una visione distorta di quanto stava accadendo. In ogni caso quando essi erano al potere non avevano posto le condizioni per evitare la catastrofe e quindi ora non possono essere i fautori della rinascita. C’è bisogno di un tempo di decantazione, perché nuove forze emergano dall’esperienza dell’esilio per tornare a costruire una realtà sociale e politica che metta al bando gli interessi di bottega e la corruzione eretta a sistema e prenda a cuore il bene di tutto il popolo: “Solamente quando saranno compiuti, riguardo a Babilonia, settanta anni, vi visiterò e realizzerò per voi la mia buona promessa di ricondurvi in questo luogo. Io, infatti, conosco i progetti che ho fatto a vostro riguardo – dice il Signore – progetti di pace e non di sventura, per concedervi un futuro pieno di speranza. Voi mi invocherete e ricorrerete a me e io vi esaudirò; mi cercherete e mi troverete, perché mi cercherete con tutto il cuore; mi lascerò trovare da voi – dice il Signore – cambierò in meglio la vostra sorte e vi radunerò da tutte le nazioni e da tutti i luoghi dove vi ho disperso” (29,10-14).

Per permettere la rinascita, è necessario però che chi ha contribuito a favorire il degrado, e l’esilio, sia messo da parte, perché non ha perseguito il bene della nazione, bensì ha cercato solo di conservare se stesso: “Queste le parole del Signore al re che siede sul trono di Davide e a tutto il popolo che abita in questa città, ai vostri fratelli che non sono partiti con voi nella deportazione; dice il Signore degli eserciti: Li perseguiterò con la spada, la fame e la peste; li farò oggetto di orrore per tutti i regni della terra, oggetto di maledizione, di stupore, di scherno e di obbrobrio in tutte le nazioni nelle quali li ho dispersi, perché non hanno ascoltato le mie parole – dice il Signore – quando mandavo loro i miei servi, i profeti, con continua premura, eppure essi non hanno ascoltato” (29,16-19).

Ci sono dei momenti, nella storia di un popolo, in cui è necessario fare i conti con la possibilità dell’esilio, del doversi fare da parte di fronte all’occupazione di un pensiero unico e di uno stile affarista e grottesco, non per lasciar fare ma per guardarsi dentro e attorno, capire bene gli errori, non dare deleghe in bianco nella gestione del bene comune e ascoltare di più coloro che mettono in guardia dall’illusione del tornaconto facile che fa chiudere gli occhi e la bocca, riappropriandosi invece della capacità di decidere per il bene di tutti e non solo per perpetuare il foraggiamento delle corti decadenti e dei loro falsi profeti.☺

mike.tartaglia@virgilio.it

 

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