c’è speranza
22 Febbraio 2010 Share

c’è speranza

Rubiamo il titolo avvincente che un grande educatore, Mario Lodi, raccolse in un testo divenuto manifesto di una didattica innovativa degli anni ’60, ispirato ai valori e alle tecniche del Movimento di Educazione Cooperativa. Il maestro le applicò insegnando ai figli di contadini in un paesino del cremonese, Vho di Piadena, ricavandone un modello didattico che fu preludio di una vera rivoluzione in ambito pedagogico per l’Italia: “un processo educativo e di apprendimento elaborato dal basso”.

È proprio sulla volontà di innovazione che continuiamo ad insistere nel tentare la nascita di una Fondazione di Comunità in terra di Molise.

Sul tema di un welfare di comunità ebbe a scrivere un saggio divenuto testo base di riferimento Keynes già nel 1939, in cui lanciava una sfida che tale ancora resta: passare dallo stato assistenziale (Welfare State) allo stato aperto al concorso attivo del cittadino (Welfare Society). Attualizziamola rifacendoci al contributo di due studiosi di alto livello come S. Zamagni e A. Bonomi.

Un primo punto si basa su un’affermazione di Zamagni: “Il mercato di qualità sociale si caratterizza piuttosto per il contenuto relazionale dei servizi che vi vengono scambiati”. Di grande attualità oggi che in economia la “qualità”, il “capitale sociale” sono divenuti  perni per delineare le strategie di intervento anche in economia.

Tale traguardo non è ancora assicurato oggi. È di questi giorni la diffusa e pressante richiesta della cittadinanza alla politica di porre fine agli scontri ideologici per entrare in una logica della qualità sociale, fondata sui bisogni dei cittadini nel promuovere un welfare civile.

Una Sentenza della Corte Costituzionale del 2003 indica le fondazioni come soggetti di organizzazione delle libertà sociali. Esse si collocano in mezzo tra società ed economia, società e istituzioni. Si identificano come soggetti forti della “società di mezzo”. Rappresentano il mondo del lavoro, dell’impresa, del sindacato, delle associazioni di terzo settore, delle camere di commercio e delle organizzazioni non governative. Ma costituiscono un soggetto che non si identifica in nessuna di esse. Fin dalla loro nascita esse hanno assunto l’obiettivo di dare forza ad un patrimonio frutto di accumulazioni secolari delle comunità locali, per alimentare relazioni di vasta scala, incentivare il capitale di conoscenze, esperienze e innovazione. Ed è questa la strada per contrastare il fenomeno diffuso della dipendenza passiva della società civile dallo stato, per farle assumere il ruolo di forza trainante nello sviluppo del territorio.

La non dipendenza dalle istituzioni non comporta conflittualità tra società e stato, ma punta invece ad una collaborazione efficace e stabile tra soggetti pubblici e privati in un’azione sinergica volta alla valorizzazione di risorse e talenti.

Su questa linea vanno a collocarsi le Fondazioni di Comunità che oggi avviano il cammino sostenute dalla Fondazione Sud che opera per colmare il divario tra nord e sud Italia.

In fase di avvio spetta alle forze attive presenti sul nostro territorio assumere intelligenza e proporre iniziative rapportate ai bisogni e alle risorse che non mancano in Molise e che potrebbero dare vita alla stagione di una nuova primavera per il rilancio di un senso di comunità fondata su valori e tradotta in strategie e progettualità che non sono mancate nel passato anche tra i nostri antenati.

Scendendo in campo, il gruppo promotore della Fondazione “Molise Comunità”, si propone con determinazione di coinvolgere Cittadinanza, Impresa, Associazionismo di terzo settore, Chiesa  Istituzioni ed Enti aperti alla linea culturale volta al potenziamento della “società di mezzo”. Ricapitoliamo alcuni punti focali che segnano la natura della Fondazione di Comunità.

Il primo è caratterizzato dal fatto che essa è una libera associazione titolare di un patrimonio accumulato nel tempo dalla comunità che vive e opera sul territorio.

Il secondo porta i segni di un recupero della dimensione relazionale e di una cultura dell’appartenenza che tende a dar peso e risalto al bene comune, inteso nei termini di una visione che va ben oltre l’acquisizione di beni e di risorse economiche.

La terza rilancia e traduce in prassi concrete la proposta operativa di andare definitivamente oltre una cultura e una politica asservita a logiche segnate da perenne conflittualità che finiscono per accentuare e giustificare le dinamiche che portano alla esaltazione degli interessi di gruppo e che accrescono la tendenza al particolarismo che nulla ha a che vedere con il welfare community.

Le linee di finanziamento che la fondazione adotterà sono strettamente legate alla valutazione di progetti presentati e valutati secondo criteri di stretta aderenza ed efficacia per la promozione del territorio e nel pieno rispetto dei valori contenuti nello statuto della fondazione.

Tale processo è applicabile in realtà territoriali molto diverse. Anche in quelle più frammentate che si riscontrano in tanta parte dell’Appennino interno, Molise compreso.

Si coglie da tutto il contesto che la cultura di comunità e le progettualità che ne conseguono vanno per loro natura oltre le logiche del campanilismo diffuso che provoca frizioni e vere e proprie forme di competitività fra le popolazioni residenti nei piccoli centri. È in tale contesto soprattutto che occorre evitare quelle prassi che spesso alimentano la cultura clientelare che resta l’ostacolo più diffuso alla crescita del senso di comunità. ☺

 le.leone@tiscali.it

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