Centrale verso periferico
22 Marzo 2023
laFonteTV (3827 articles)
Share

Centrale verso periferico

Il dilemma dell’energia e della sua distribuzione.

Gli schemi che illustrano la produzione, la distribuzione e l’utilizzo dell’energia elettrica, indipendentemente dalle fonti energetiche, mostrano tutti un processo che inizia da una unità Centrale che, con successive plurime diramazioni, raggiunge gli utilizzatori finali. Ma l’attuazione della sostenibilità della produzione e consumo d’energia pone un problema organizzativo di fondo, ben maggiore e del tutto ignorato.

Tutta la filiera insostenibile della produzione di elettricità con fonti fossili, ma anche a basso impatto come l’idroelettrico, per non dire del nucleare, prevede un luogo di produzione, la Centrale Elettrica, e una diramazione territoriale con nodi composti da sotto-stazioni e sino alla capillarità della rete in bassa tensione che raggiunge il singolo utente al contatore.

L’energia non è un bene comune, un capitale d’interscambio all’interno di una comunità di cittadini, ma una merce i cui mezzi di produzione e distribuzione sono nella sola disponibilità di chi detiene  – come sempre – i capitali e i mezzi di produzione .

Poiché lo schema è indipendente dalle fonti energetiche primarie, data la strutturazione tecnica del sistema fondata sull’organizzazione Centrale vs. periferie, il modello si perpetua anche con impianti eolici o solari. La privatizzazione dell’aria, del tratto di mare o del sole ad uso esclusivo delle compagnie produttrici d’energia non è un’idea peregrina: l’acqua dei bacini delle centrali idroelettriche è di fatto privatizzata e rilasciata dopo lo sfruttamento. In Francia oltre il 70% delle acque dei fiumi serve al raffreddamento delle centrali nucleari e l’aumento di diversi gradi della temperatura a valle di ogni centrale si prolunga per diverse decine di chilometri, con evidenti conseguenze, dirette e indirette, sull’ecosistema e sulle attività agricole. Questo avviene senza costi per i produttori e senza compensazioni per il territorio.

Con l’avvento della produzione con fonti rinnovabili, la creazione di un apparato Centrale non è più una reale necessità tecnica del sistema. Non c’è alcuna ragione di convogliare verso un nodo unitario l’energia prodotta dai singoli pannelli fotovoltaici o dalle singole pale eoliche, per poi ridistribuire l’energia secondo le ramificazioni tradizionali e sino all’imperante contatore dei consumi in ogni casa. Le possibilità tecniche sviluppatesi in affiancamento ai sistemi insostenibili che continueremo a utilizzare sinché sarà utile al sistema capitalistico, fanno delineare ben altre più ampie prospettive. Sarebbe auspicabile, innanzitutto, una drastica riduzione della domanda d’energia con l’adeguamento delle abitazioni per quanto attiene alla termoregolazione stagionale, e degli apparati elettrici per la quotidianità e il trasporto. Ma queste possibilità restano solo potenziali sinché la politica e l’amministrazione pubblica continueranno ad essere strumenti e bracci operativi della finanza.

Possiamo immaginare una comunità che investa, invece che in armamenti, in conversione ecologica delle abitazioni e delle industrie, capace di scegliere i sistemi più efficienti secondo una visione progettuale di sistema che preveda non il commercio ma l’ interscambio di energia fra produttori-utenti, che pagano per l’ammortamento e la manutenzione dell’impianto, invece che per i consumi? Le numerose comunità energetiche stanno dimostrando che ciò è possibile e sono un esempio virtuoso a cui orientarsi.

Proprio nel momento in cui si discute di grandi parchi eolici marini e si ricoprono terreni agricoli con distese di pannelli, serve una visione d’insieme del problema per agire di conseguenza. Se l’autonomia energetica individuale di ogni abitazione può essere dispersiva e poco sostenibile, risulterà equilibrata, sostenibile e conveniente una rete di produttori-utilizzatori a loro volta connessi ad altre piccole reti. Ma il principio fondamentale dovrebbe essere quello dell’ottimizzazione del progetto e dell’equilibrio: ridurre la domanda, gestire in modo intelligente e istantaneo la produzione, la distribuzione e il surplus, monitorare le dispersioni, definire per ogni specificità territoriale l’organizzazione della rete più rispondente. Quanto costerebbe una transizione dalla dipendenza dalla Centrale a una rete d’ interscambio energetico senza padrone? Certamente meno di ogni infuturibile nucleare (senza dire delle scorie) o di Maverick in mezzo al mare. La quantità di occupazione intelligente e stabile renderebbe ancora più sostenibile la transizione. Il progetto Maverick mi pare un’altra occasione sprecata: sarebbe necessario partire da un progetto complessivo fondato sulle nuove possibilità, prima di decidere se sì o se no; invece abbiamo solo una sostituzione di fonte energetica inserita a forza nel sistema Centrale vs. Periferia poco sostenibile e utile solo a chi investe per lucrare.☺

 

laFonteTV

laFonteTV