Ci sta o mare for?
Sicuramente vi starete chiedendo il perché di questo titolo. Probabilmente in molti non amano le fiction, ma ce n’è una che in questo periodo ha conquistato milioni di telespettatori e anche me: Mare Fuori. Racconta le storie di giovani detenuti in un IPM: i loro vissuti, le loro fragilità, le loro emozioni e il loro desiderio di riscatto. Guardando quei giovani e ascoltando le loro storie ho riflettuto a lungo su come possa essere importante essere volontari in carcere oggi.
Il volontariato in carcere è una risorsa da proteggere e incentivare. Per chi si starà chiedendo a che titolo si entra “dentro le mura”, rispondo dicendo che questa presenza è prevista dagli articoli 17 e 78 dell’ Ordinamento Penitenziario (L. 354/75). Le finalità di questa misura comprendono “il reinserimento sociale dei condannati e degli internati e all’opera” e “il sostegno morale dei detenuti e degli internati e al futuro reinserimento nella vita sociale”.
Il volontario, in maniera gratuita, mette a disposizione il proprio tempo e le proprie competenze con l’obiettivo di supportare i detenuti con i quali entra in contatto. Tutto questo percorso ha un unico fine: la piena reintegrazione nella vita fuori le mura…
È una relazione gratuita, libera e volontaria, quindi dono reciproco.
Vi chiederete perché? Si mette in atto un processo a doppio binario di cui entrambi beneficiano. Gli effetti positivi ricadranno sicuramente nelle maglie di quella società libera alla quale appartengono sia la persona che è stata offesa dal reato e anche la persona che dovrà essere riaccolta dopo aver scontato la pena.
Chi non vive la realtà del volontario non sa, ma quando si decide di donare il proprio tempo si è consapevoli delle molteplici attività che si andranno a svolgere e, soprattutto, della funzione di sostegno relazionale e di supporto psicologico, morale e materiale che si verrà chiamati ad assolvere: attività di accoglienza, inclusione e integrazione, di tipo ricreativo e sportivo, come la creazione di biblioteche e laboratori artistici (lettura, scrittura, pittura, teatro, cineforum, etc.) ma anche di ascolto (il volontario può effettuare colloqui) e di intermediazione per il disbrigo di incombenze materiali; di supporto per attività didattiche o orientamento al lavoro e per una riprogettazione formativa – anche in vista del futuro reinserimento sociale – quindi avvicinare la società esterna a una realtà che spesso è ignorata e sensibilizzare l’opinione pubblica anche quando si tratta di intraprendere azioni di denuncia di situazioni critiche o esasperate.
Il volontario che sceglie di operare in contesti detentivi, unitamente ad altre figure fondamentali con le quali opera in sinergia di intenti e di azioni, come il funzionario pedagogico, il docente, l’assistente sociale, lo psicologo, etc., è consapevole di raccogliere la sfida pedagogica per fornire un’occasione di ritorno alla vita. Il detenuto deve reinserirsi. Il volontario dona e produce un messaggio positivo nella sua vita. Chi dona investe il proprio tempo, senza uno specifico tornaconto.
Vorrei chiudere con una frase tratta proprio da Mare fuori: “si nun te sporchi e mani e sangue nun aie fatto niente…”. Chi pronuncia queste parole è il Comandante dell’Istituto, il quale è molto vicino ai ragazzi e la traduzione, per chi non conosce il napoletano, è questa: “devi metterti in gioco, sporcarti le mani… se alle parole non seguono i fatti, e il cuore non si apre, le cose non cambiano…”☺
