costruttori di futuro   di Antonio Di Lalla
30 Ottobre 2013 Share

costruttori di futuro di Antonio Di Lalla

 

Le lotte di liberazione, di rivendicazione dei propri diritti raramente sono indolori, costano lacrime e sangue. Ne sappiamo qualcosa noi che abitiamo nei paesi colpiti dal terremoto del 2002. Dopo undici anni, davvero troppi, per molti non è ancora cambiato nulla, né si sono attutiti i disagi. La sofferenza subìta può far chiudere in se stessi, può diventare muta o rabbiosa ricerca dei beni perduti: dove sono oggi le prese di posizione del comitato vittime di San Giuliano di Puglia che chiedeva giustizia e si è ripiegato su un pugno di denari? Noi, radunati intorno a questa rivista – non solo noi, naturalmente – di fronte ai crolli e alle 30 vittime, ai muri lesionati e alle giustificate paure, ci siamo ritrovati squarciati dentro e questo ci ha consentito di intravvedere orizzonti che niente avevano più a che fare con il nostro ombelico. Perciò prima di fare il punto della situazione, pur doveroso, è bene sottolineare almeno due processi irreversibili: la liberazione della donna che ha come risvolto i femminicidi e la trasmigrazione incontrovertibile dei popoli che nessun naufragio potrà scoraggiare o arginare.

Finora il maschio, in particolare quello che abita i meridioni del mondo, aveva subìto con una certa sufficienza la lotta di liberazione delle donne, dal voto a suffragio universale alla cancellazione del delitto d’onore, dalla scolarizzazione all’assunzione di responsabilità fino al volersi gestire senza più tutori, sentendosi sempre padre e padrone di tutte, in perfetto stile patriarcale, prima che marito o amante di qualcuna in particolare. Ogni potere assoluto, quando si sente mancare la terra sotto i piedi reagisce con particolare violenza ed è paradossalmente proprio l’inusitata sopraffazione il segno evidente della fine. L’accentuazione della repressione lascia presagire che sta sfuggendo il controllo. Il femminicidio è l’estremo tentativo, destinato miseramente al fallimento, di controllo della società da parte del maschio messo sempre più all’angolo. Anche in questo Berlusconi, proprio per il modello da lui millantato, ha non poche responsabilità, anzi è concausa del femminicidio in atto: se con denaro e promesse può permettersi tutte le donne che vuole (lui, col culo flaccido, come messaggiò una di quelle sul suo libro paga) allora la donna può essere comprata e quelle che non si riesce a tenere soggiogate vanno eliminate! Quelli che gli hanno dato la preferenza hanno legittimato anche questo. Mentre assistiamo impietriti a questi colpi di coda che vedono a terra, con una media da capogiro, una donna ogni due giorni, in gran parte assassinate da persone con cui erano legate affettivamente, non possiamo che felicitarci, nonostante tutto, perché si comincia ad abitare un futuro non procrastinabile.

Così come non c’è maschio che può tenere asservite le donne contro il loro volere allo stesso modo non c’è barriera che può fermare la trasmigrazione dei popoli. Non è quanto meno strana una nazione che di fronte al naufragio di barconi provenienti dalle coste africane ne piange i morti, organizza i funerali, dichiara il lutto nazionale mentre poi per i superstiti c’è l’incriminazione per il reato di immigrazione clandestina e per i pescatori che soccorrono quella di favoreggiamento? Se nel 2009, appena varato, abbiamo contestato il pacchetto sicurezza – io ospito i clandestini. E tu? – è proprio per questo paradosso al di fuori di ogni logica: gli unici immigrati per i quali proviamo pietà sono quelli morti. E si calcolano in ventimila quanti hanno avuto per tomba il Mediterraneo! Quelle che sui banchi di scuola ci hanno descritto come invasioni barbariche erano trasmigrazioni di popoli e quella fatta passare come scoperta dell’America in realtà fu una sanguinosa conquista. Potenza del linguaggio! Oggi chiediamo la libera circolazione degli esseri viventi sull’unico pianeta, casa comune dell’umanità e, contemporaneamente, che vengano dichiarate illegali la produzione e il commercio delle armi, lo sfruttamento delle loro terre da parte delle multinazionali, il rispetto dei governi che ogni popolo si sceglie. Finché organizziamo guerre e deprediamo risorse in casa d’altri avremo sempre persone costrette a fuggire. Per imbarcarsi su autentiche bagnarole galleggianti vuol dire che ormai non hanno più niente da perdere e per chi mette in gioco la vita non ci sono né leggi, peraltro inique, né sbarramento che tengano. Con loro vogliamo essere costruttori di un futuro di speranza.

Proprio perché ci interessa ogni cammino di liberazione abbiamo i piedi ben piantati nel Molise e gli imperdonabili ritardi della ricostruzione ci indignano e ci mobilitano. Prima di scaricare le responsabilità sulla nuova giunta regionale – certo non la assolviamo per gli errori fatti e che sta per fare in campi di possibile ripresa – non dobbiamo dimenticare che è il sistema Iorio che è collassato e ha prodotto cantieri chiusi, casse vuote e ricostruzione completamente ferma con le imprese a rischio fallimento. Dovrebbero saperlo bene gli imprenditori che fino a ieri ci andavano a braccetto sponsorizzando lui e la banda dei suoi accoliti, che oggi o è passata dall’altra parte, ricucendo malamente la propria verginità, o addirittura gli fa causa per fregargli il piatto.

Detto questo a onore della verità, in ogni caso pretendiamo che la ricostruzione riprenda perché è una priorità. Qualcuno lo dica anche al valvassore Ruta che pochi giorni fa chiedeva in senato la stabilizzazione dei tecnici che dovrebbero sorvegliare la ricostruzione, per il principio che se non si finanzia il ponte sullo stretto di Messina, si foraggia la società che deve realizzarlo!

Chiediamo al presidente Frattura che non ipotechi il futuro del basso Molise facendolo riempire di letame delle manze della Granarolo (dove c’è puzzo c’è Ruta) ma promuova fattivamente la Clean Economy, unica vera opportunità, oggi, per lo sviluppo e la salvaguardia dell’ambiente. ☺

 

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