Dal dolore alla lotta
1 Marzo 2014 Share

Dal dolore alla lotta

Mentre il Molise annaspa, ancora incapace del colpo d’ala che tutti si aspettano, l’Italia cambia i governi che vogliono cambiare l’Italia, l’Europa si prepara al nuovo parlamento la cui conformazione non può trovarci indifferenti e in diversi comuni si dovrà scegliere, con le amministrative, tra galantuomini e profittatori, mi rivolgo a voi familiari delle 28 vittime perite dentro la scuola il 31.10.2002 a San Giuliano di Puglia perché vi ritengo interlocutori importanti per il futuro del Molise e non solo.

In più occasioni gli articoli pubblicati su questa rivista hanno urtato la vostra sensibilità. Me ne rammarico perché il nostro intento non è quello di provocare la vostra suscettibilità, quanto di poter vedervi finalmente uniti e combattivi intorno alle sfide che riguardano la nostra storia. Isolatamente non si va da nessuna parte. Insieme si possono sconfiggere politicanti e multinazionali, come nel recente caso delle 12mila manze della Granarolo. È sulla vostra umanità, forgiata dal dolore, e sulla ritrovata passione per la collettività che vogliamo fare affidamento, perciò permettetemi una parola franca, forse dura, assolutamente non irriguardosa. Da parte vostra non vorrei una alzata di scudi a priori, ma un confronto appassionato.

Il dato incontrovertibile è il crollo della scuola con le 28 vittime. La necessaria individuazione delle cause che determinarono la distruzione dell’edificio è indispensabile per evitare il ripetersi di eventi luttuosi, ma non può essere, però, più importante del sangue che ha unito nella stessa sorte i morti e del dolore che accomuna i vivi. Come è possibile allora che vi ritroviate separati, rivali, addirittura antagonisti fra voi che avete subito lo stesso dramma? Questa, a mio giudizio, è una seconda tragedia. E allora un comitato che non aggrega tutti può avere credibilità piena quando prende posizione? I sopravvissuti con i loro familiari non sono un mondo a parte; dovrebbero essere, invece, una specie di secondo cerchio per dare man forte a quanti sono rimasti improvvisamente privi di un affetto insostituibile e irrimpiazzabile. È concepibile questa aristocratica freddezza ai limiti della sopportazione quando non diventa esplicita contrapposizione? L’aggregazione è fondamentale per essere non solo più forti ma per aprire strade irrichiudibili alla verità.

Le madri di piazza di maggio argentine, che si sono viste sottrarre i loro figli, hanno trasformato il dolore in lotta, la lotta in amore. Il vostro dolore è diventato lotta o è rimasto solo rancore, frustrazione, incapacità di guardare avanti? La stessa ricerca di giustizia, un vostro cavallo di battaglia, non è contaminata da sterile vendetta, andando così oltre il desiderio della condanna dei responsabili della scuola e il risarcimento quantificato in euro? Le altre lotte da voi sostenute, purtroppo, hanno avuto scarsa visibilità, quando non sono state completamente ignorate. Le madri hanno trasformato la lotta in amore. Passione per la vita, per ogni vita. Prioritario allora non è l’adesione ad uno schieramento politico o peggio legarsi al carro del primo capopopolo che seduce con quattro moine, che sposa la nostra causa per raccattare un po’ di voti e mantenersi a galla, quanto il farsi carico di situazioni drammatiche apportando tutta la forza vitale di cui si è capaci per non far morire la speranza. Da voi ci si attende sostegno a tutti quelli che rivendicano i loro diritti, ad esempio ai genitori che intraprendono la lotta con le istituzioni e l’indifferenza della gente per situazioni per le quali si fa ancora troppo poco, come nel caso dei bambini diversamente abili.

Per le madri argentine il presupposto fu ed è ancora: i figli non hanno prezzo, perché quando c’è di mezzo il denaro le idealità finiscono per essere sacrificate alle opportunità. I resoconti di stampa hanno detto che al ministro Kyenge, in visita al vostro paese, avete chiesto il suo interessamento perché vi venga liquidato il credito che avete in sospeso con lo stato. Francamente mi sarei aspettato che sareste andati a garantire, come gruppo, per gli immigrati che devono arrivare nel villaggio perché solo chi ha sofferto può tutelare chi vive disagi, senza speculazioni. Potreste essere scudo umano per impedire una concentrazione di richiedenti asilo scaricati nel villaggio ormai abbandonato, per far sì che vengano rispettati i loro diritti, per vegliare perché nessuno speculi e si arricchisca su di loro. Una trafila che purtroppo inizia con gli scafisti e spesso non si interrompe più.

Siete ancora in tempo per trasformare il lamento in danza per la vita. Forse da soli non potete farcela. Lasciatevi aiutare da chi credete abbia le competenze, ma non continuate a rodervi di rabbia o a logorarvi nella rassegnazione. Chiedere aiuto non è mai un atto di debolezza. Così siete solo un gruppo fra i tanti che rivendicano nei confronti dello stato quanto spetta loro; potreste essere invece un punto di riferimento vitale dovunque si lotta perché si affermi il valore e la dignità della persona.

Oso chiedervelo perché so che siete in grado di farlo. Sappiate, in ogni caso, che noi sentiamo il bisogno della vostra presenza, per questo ci ostiniamo a pungolarvi. Siamo disposti ad attendere, ma tornate uniti e dirompenti sulla scena del nostro Molise per essere insieme a tutte le persone non rassegnate protagonisti e costruttori di un felice futuro per tutti.☺

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