Diario di un viaggio
10 Ottobre 2016
La Fonte (351 articles)
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Diario di un viaggio

Pasqua, passare da una condizione ad un’altra, è possibile se, ehm, si muore e si passa ad altra vita, ovvero se si risorge! Risorgere, allora, fu una parola completamente nuova, un nuovo etimo, diremmo oggi, un nuovo conio: beh sì, forse è proprio così, una nuova vita. Pasqua è il passaggio da un gradino all’altro, se salendo o scendendo è indifferente; Pasqua è il passaggio dalla terra di schiavitù a quella della libertà e per farlo non è necessario avere piedi asciutti ed al sicuro, anzi diventa conditio sine qua non affondare i propri piedi nel “Camino” tracciato ed incerto, ma tutelando la propria capacità di guardare “oltre” o, forse, come suggerito da una amica francese, Il est nécessaire de faire les funérailles sur nos expériences (è necessario fare il funerale alle nostre esperienze).

Ma… quid est Veritas? what is the Truth? quelle est la Vérité? j que es la Veritat? che cos’è la verità? si chiedevano in lingue diverse alcuni saggi pellegrini sulle vie dell’apostolo con la spada, che spada non ha mai impugnato, anche perché in Spagna, se mai ci è arrivato, ci arrivò già morto (Atti 12,1). La medesima domanda è esposta anche, stilizzata in catalano, all’entrata della Basilica “Sagrada Familia” in Barcellona. La ragione cerca ragioni che non può scoprire perché essa rimane ostaggio dei saperi comuni e forse di se stessa. Prima di loro, tanti altri viandanti hanno cercato risposte ad una domanda che ha la risposta nel volto di ciascun itinerante sul pianeta. “Ma lo sai che è proprio vero!” sospirò uno di loro, tra una birra ed una “tapas”. Saranno state le gradite birre, ma da un altro tavolo arrivò una voce che suggeriva: “la risposta è inscritta in quello che, chi ha scritto i Vangeli, fa dire al Pilato di turno: Tu lo hai detto (Giov. 18,38) e spesso, essa è così vicino a noi, meno alla nostra ragione, che non la vediamo”.

E la memoria si colora delle visioni raccolte in quella stagione nel deserto, quando Mario, oggi missionario in una delle terre del pianeta, suggerì un anagramma di quella domanda che assilla i pellegrini del “Camino”. Molto probabilmente, il Mario di allora, immerso nelle letture del “doctor gratiae” d’Ippona, trasferì l’intuizione anagrammata del testo latino fatto da questi: est Vir qui adest! (è l’uomo che hai di fronte) … anche se poi quell’uomo di Verità sgradite, per ordine del distratto Governatore lavamani di quelle terre, venne messo in croce! Un po’ quello che succede oggi: si riconoscono diritti a chi giunge dopo un calvario, utile ad altri, e vengono messi in croce; mentre gli altri, guardiani dell’ordine costituito, si spartiscono le vesti! … lasciando ai buoni samaritani di esser tali. Con buona pace degli odierni Pilati d’Europa e di ogni dove!

… mamma mia! il mio diavoletto è diventato sconvolgente!

Un corso d’acqua attraversa il sentiero ed ora non ci sono alternative: è necessario trovare un’altra via per non bagnare i piedi protetti dagli scarponi. Il vantaggio, bello constatarlo, dello stare scalzi ed a piedi nudi mi permette di non deviare Che strano, però. Prima, nella merda, nessuno ha cercato altrove, ma per attraversare dell’acqua, un corso d’acqua pulita, tutti, o quasi, cercano un’altra via. Ma, sarà che le regole e le tutele ti fanno calpestare merda e perdere la bellezza di attraversare dell’acqua pulita? Un poco como Pilatos? E vai! Il mio diavoletto interno si sbizzarrisce ed il Pilato di turno rientra nei suoi palazzi senza aspettare la risposta, disorientato dalle ragioni di stato e, probabilmente, dalla sua consapevolezza! Beh, comunque, un ebreo in meno, se poi africano o dell’Est poco importa, non distrugge certo Roma o i nuovi Re e fa sicuramente felice i funzionali e manipolati spettatori di quella piazza di passione … ieri e forse ancora oggi.

Ed allora: fermati Francesco! è necessario cambiare passo, distogliere il dominio del pensiero interno con tutti i suoi luoghi comuni. Tolgo i sandali e comincio a camminare a piedi nudi e scalzo, lontano dal rumore del gruppo. Mi avvicina una “bella e solitaria pellegrina” di lingua inglese che mi chiede, meglio mi fa capire, perché cammino a piedi. Ed adesso come faccio a spiegarmi? Da buon italiano, aspirante mimo e giocoliere, comincio a guardarmi intorno, gesticolo, indico alberi, corsi d’acqua, uccelli … il camminare scalzi ed a piedi nudi è possibile se già sei allenato a farlo. Il piede che calpesta pietre e rovi, obbliga ad osservare bene il sentiero ed il dolore che si avverte distoglie dai pensieri del nostro diavoletto interno. Il passo lento consente di percepire non solo i punti di appoggio, ma anche quegli altri rumori, suoni e colori presenti in natura: lo stormire degli alberi, il canto degli uccelli, il colore delle nubi, l’acqua che scorre, il pettirosso che mi insegue, il camino degli altri pellegrini, la ricchezza dei loro sorrisi, i loro passi, la farfalla che svolazza di fiore in fiore, quel gatto che corre nei prati così simile al mio, l’arcobaleno, là, sulla nostra sinistra … mi guarda con un sorriso estasiato e mi saluta con un gesto. Allontanatasi di pochi passi, io pronuncio “I am Frank!” Stupita mi guarda. “Oh … and my name is Joy, bye Frank” (Ohh … e il mio nome è Letizia, ciao Franco). (terza puntata)

 

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