Difendere il suolo
28 Maggio 2016
La Fonte (351 articles)
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Difendere il suolo

Cosa scrivere per il prossimo numero?!? Gli argomenti non mancano ci sarebbe da parlare del Lupo e della pronunciata idea del governo di abbatterli per ridurne la popolazione, potremmo parlare del glifosato, pericoloso e comunissimo fertilizzante, ma da mesi ho il pallino del suolo e del suo sfruttamento. Sono stato tra le centinaia di persone che hanno contribuito con un simbolico finanziamento popolare (detto crowdfunding) a far pubblicare il testo “Che cosa c’è sotto” di Paolo Pileri, professore associato di pianificazione territoriale e ambientale al Politecnico di Milano, per i tipi di Altraeconomia Edizioni. Un testo che meriterebbe più ampia diffusione, validissimo anche per i cosiddetti non addetti ai lavori perché di facile comprensione, per capire che cosa abbiamo sotto i piedi, quali sono le responsabilità degli inquilini del “piano di sopra” e diventare “partigiani” del suolo.

coIl suolo è un bene comune, “l’unica risorsa che trasforma la morte in vita, la cacca in cibo… dove c’è suolo c’è vita. Ed è importante trovare spazio per insegnarlo, ovvero per lasciare il segno”. Il forte declino del suolo è avvenuto in un periodo in cui la domanda mondiale di cibo cresce rapidamente, insieme all’uso pesante di fertilizzanti, e la continua deforestazione, con l’erosione che ormai avviene ad un ritmo fino a 100 volte maggiore del tasso di formazione del suolo. Ci vogliono circa 500 anni per creare soli 2,5 cm di suolo, se non ci sono cambiamenti ecologici ad ostacolarne la formazione. Lo sfruttamento eccessivo del suolo così come il suo stato di degrado ed eccessiva cementificazione, non rappresenta purtroppo una novità anche per il nostro Bel Paese.

Ospedali, centri polifunzionali, palestre mai entrate in servizio, ecomostri, colate di cemento, edifici in stato di abbandono… tutto ciò fa parte di un articolato dizionario del degrado edilizio che la maggior parte delle volte punta il suo mirino verso una vittima incolpevole: il territorio. Una mappa d’Italia colorata più di grigio (cemento) che di verde. In Italia negli anni si è costruito più del necessario. Una ricerca del Sole 24 Ore (non i soliti eco-terroristi), datata 2014, ha valutato che solo nel mercato immobiliare, ormai zoppicante da diversi anni, sono più di 540.000 le case non vendute in Italia, il 26% delle quali di nuova costruzione. In media, ogni mille case, 15 non hanno proprietario. Nonostante questo dato, si invita a costruire.

Inoltre la stragrande maggioranza dei comuni rilascia permessi edificatori senza conoscere l’esatta situazione degli immobili (civili e industriali) sfitti o inutilizzati e si avvale di previsioni abitative indicate nei Piani Regolatori Comunali che sono obsoleti e nettamente sovradimensionati rispetto all’incremento (spesso decremento) demografico reale. D’altronde le amministrazioni hanno tutto l’interesse per continuare a far edificare il loro territorio perché ciò porta oneri in cassa, che di questi tempi fanno comodo, pertanto fin quando il suolo sarà assoggettato a una tariffa difficilmente ne verremo a capo! La città (o paese) non è più sinonimo di forma (urbs), di vita comune (civitas), di consonanza politica (polis) e la campagna non è più uno spazio ameno in quanto segmentata da infrastrutture, capannoni, schiere di villette e megastore.

Quali paesaggi vogliamo difendere? Ricordiamo le norme dimenticate e disattese, a partire dall’articolo 9 della nostra Costituzione, dall’istituzione nel 1974 del ministero dei Beni Culturali, dalla legge Galasso, dalla Convenzione europea del paesaggio, dal Codice dei Beni Culturali e del paesaggio. Tutti prodromi di una norma nazionale che arresti il consumo di suolo, che ancora tarda a venire. Alle prese con una non più procrastinabile riconversione riteniamo maturi i tempi per bloccare nuove inique lottizzazioni civili o commerciali (non ce ne vogliano gli imprenditori superstiti), e pensare di procedere ad un serio e minuzioso censimento dell’edilizia invenduta, tale da pianificare a nuova vita le nostre città, ristrutturare/recuperare le case dei centri storici così da rivitalizzare i nostri paesi che inesorabilmente tendono a scomparire, di vita comune e turistica, riportando a nuova vita il nostro territorio.

Dunque, amico, non mi dar del matto se quando vado per i monti parlo ad alta voce ai fiori ed alle farfalle: credi tu di essere meno matto quando parli cogli uomini nella speranza che quelli ti rispondano?” (Piero Calamandrei, 1950).☺

WWF OA MOLISE

 

 

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