Dignità infinita
Il Dicastero Vaticano per la dottrina della fede ha pubblicato l’8 aprile 2024 una Dichiarazione dal titolo Dignità infinita che merita una particolare attenzione. Non tanto per la sua originalità, dal momento che l’espressione è già ricorrente in precedenti testi del magistero pontificio, quanto piuttosto per quell’interessante e provocatorio spazio evocativo creato dalla figura dell’infinito, racchiusa nell’aggettivo scelto a qualificare la dignità. Sul tema stesso della dignità umana la voce del magistero non è nuova. In particolare, con il Concilio Vaticano II (Dignitatis humanae) e in diversi pronunciamenti in epoca postconciliare, esso si era espresso al riguardo.
L’odierno documento, dopo una lunga fase di preparazione che viene fatta risalire al 2019, riprende nella sua introduzione (Nr. 1-9) il filo rosso di tale insegnamento, quasi a volerlo ricapitolare e compattare, utilizzando l’abbondante rinvio a testi magisteriali precedenti e inculcando l’idea di una continuità da non ignorare.
Per entrare nel tema si fornisce anche una chiarificazione sull’ampiezza semantica del concetto di dignità, distinguendone le dimensioni ontologica, morale, sociale, esistenziale, con il chiaro indicatore di importanza fondativa dell’approccio ontologico, rivelando sia la cifra di lettura che l’opzione interpretativa in cui il documento intende collocarsi: esprime un chiaro orientamento fondativo da cui ricavare solidità al ragionamento, ma dal quale ci si deve anche aspettare una inevitabile astrattezza nell’impianto teoretico unita a staticità e strettezza normativa nella considerazione dei problemi concreti affrontati nella parte finale del documento.
L’impianto rigidamente ontologico avrebbe dovuto essere integrato con uno sguardo fenomenologico, non meno rigoroso, ma di certo più calibrato, flessibile e promettente dal punto di vista ermeneutico. Questo approccio, infatti, aiuta a contestualizzare una tematica così fondamentale, valorizzando sia il suo tenore personalistico, sia la dimensione storica in cui l’essere persona si svolge, la percezione della dignità si incarna e la declinazione dei diritti ad essa legati si evolve.
La Dichiarazione è costituita da quattro parti, le prime tre sviluppano una lettura fondativa del concetto di dignità, rilevandone la presenza sia nell’ elaborazione della filosofia classica, sia nelle prospettive biblico-teologiche della tradizione cristiana. Il confronto con le correnti della filosofia moderna viene succintamente richiamato, senza tuttavia lasciar intendere la reale portata della valenza che esse hanno per l’antropologia e la morale. Questo porta (Nr. 22 e 25) a una considerazione piuttosto funzionale della libertà, senza esprimerne la densità fondativa del soggetto e della sua dignità e senza indicarne la risorsa emancipatoria, per costruire più umanità.
Una maggiore attenzione alla percezione non sospetta della modernità starebbe in buona compagnia con la ricchezza di significato che la seconda e la terza parte del documento dedicano alla ricostruzione teologica del tema.
L’intreccio tra creazione, incarnazione e risurrezione (Nr. 20) come luoghi rivelativi della dignità umana disegna un telaio di senso per la dignità, fatto di reale valorizzazione della persona, della sua libertà e della sua responsabilità. Per non ricadere in rigurgiti antimoderni, il nesso dignità-libertà va doverosamente mantenuto nel suo valore di fattore imprescindibile e incondizionato.
Su quest’asse di pensiero il documento diviene spunto per un prezioso strumento di dialogo con la cultura moderna, nelle sue articolazioni filosofiche ed antropologiche. Infatti, mettere al centro del confronto con il mondo secolare il tema della dignità è una formidabile occasione di reciproco arricchimento; stimare e valorizzare fattivamente il cammino che l’umanità fa nella percezione della dignità di ogni persona e dei suoi inalienabili diritti è una condizione irrinunciabile per la chiesa.
Dall’altro lato è importante che la chiesa renda ragione – e il documento contribuisce intenzionalmente a questo – del cammino che essa stessa ha fatto, e intende ancora fare, nel riconoscimento della centralità della dignità di ogni persona. Richiede anche consapevolezza critica nel non ignorare resistenze e lentezze con cui certi processi di emancipazione sono stati affaticati e ritardati dall’ottica di una antropologia cristiana astratta e avulsa dalla realtà.
L’enfasi sicuramente significativa (Nr. 17-21) sul tema della dignità, in connessione con l’idea dell’uomo come immagine di Dio, acquista autenticità e forza, se non si dimentica il travagliato cammino che essa ha richiesto per essere considerata effettivamente attribuita ad ogni essere umano.
L’aggettivo “infinita” presente nel titolo non sta a dire solo che la dignità non ha limiti e non ha condizioni, ma dice anche che il suo riconoscimento è legato a uno sforzo e a un compito che non sono ancora finiti e non lo saranno mai. In questo senso la categoria di dignità non porta alla sfera di una norma definita di valutazione morale, ma fonda un orizzonte aperto di senso e suggerisce orientamenti per discernere creativamente il reale e per decidere sul come agire.
Pensare alla dignità come ad un principio generativo di movimento, e non come ad un argine definito una volta e per tutte nel suo rigore normativo, vuol dire in realtà tenere aperto il ventaglio di ricognizione del reale e della sua complessità, sapersi orientare discorsivamente e dialogicamente per le scelte morali da compiere.
Nel tema della dignità vanno coniugati insieme il suo valore fondativo dell’orizzonte di senso e il suo apporto per le decisioni morali, laddove l’anello di congiunzione è dato dalla densità/dignità della persona, dalla sua responsabilità per la propria e l’altrui libertà. Se si infrange questo equilibrio, il concetto di dignità diventa un postulato con cui si ritiene di poter risolvere, senza dovute mediazioni, le questioni morali incombenti.
Il documento allinea ai primi tre capitoli di carattere fondativo un quarto nel quale diverse aree di tematiche etiche concrete vengono rapportate al tema della dignità. I tredici temi affrontati spaziano dalle problematiche della povertà, della guerra, delle migrazioni, degli abusi sessuali, della violenza contro le donne, della tratta delle persone, dell’aborto, della maternità surrogata, dell’eutanasia, del trattamento dei diversamente abili, della teoria del gender, del cambio di sesso, della violenza digitale.
L’evidente ampiezza attesta una sensibilità etica molto larga, a cui il magistero di Papa Francesco ci ha saputo educare. Essa è capace di affacciarsi alle dimensioni personali, interpersonali, sociali e strutturali delle questioni morali del nostro tempo, con l’intento di riportarle alla questione radicale della dignità umana minacciata o calpestata. Sarà il tentativo da percorrere nei prossimi articoli.☺
