Il dono dei poveri
1 Luglio 2016
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Il dono dei poveri

Elia gridò alla vedova: “Per favore, prendimi… un pezzo di pane”. Quella rispose: “Per la vita del Signore, tuo Dio, non ho nulla di cotto, ma solo un pugno di farina nella giara e un po’ d’olio nell’orcio; ora raccolgo due pezzi di legna, dopo andrò a prepararla per me e per mio figlio: la mangeremo e poi moriremo”. Elia le disse: «Non temere… poiché così dice il Signore, Dio d’Israele: “La farina della giara non si esaurirà e l’orcio dell’olio non diminuirà fino al giorno in cui il Signore manderà la pioggia sulla faccia della terra”». Quella andò e fece come aveva detto Elia… La farina della giara non venne meno e l’orcio dell’olio non diminuì, secondo la parola che il Signore aveva pronunciato per mezzo di Elia (1Re 17,11-15.16).

Il primo e il secondo libro dei Re raccontano la storia della monarchia di Israele e di quella di Giuda, dal regno di Salomone (che succede a suo padre Davide) fino alla distruzione dei due regni. Il primo libro è dedicato alla figura di Salomone: dall’esercizio della sua sapienza, ai contatti internazionali, alla costruzione del tempio e del palazzo, al moltiplicarsi delle ricchezze, alla caduta e alla disgregazione del regno unito. In esso è inserita anche gran parte della storia del profeta Elia (che si protrae da 1Re 17,1 a 2Re 2,18). La storia del padre dei profeti, figura simile al fuoco (cf. Sir 48,1), legato ai tempi messianici e che la tradizione considera una figura severa con i potenti e benevola con i poveri, si intreccia con le vicende di Acab, re d’Israele, infedele a Dio per influsso della moglie pagana, Gezabele, che impianta in Israele il culto di Baal, divinità venerata dai Fenici.

La storia si apre con uno scenario particolare: una grande siccità si riversa su Israele e dintorni, come conseguenza dell’idolatria (cf. 1Re 17,1). Dio invia il suo profeta, Elia, il cui nome significa Yhwh è Dio, perché il suo popolo possa ritornare alla fede dei padri, possa tornare cioè a vivere lo spirito dell’alleanza. Elia annuncia la siccità e il Signore lo invia nella sola oasi a disposizione sul territorio – il torrente Cherit – per abbeverarsi ed essere nutrito da alcuni corvi che gli portano il pane. Poi il Signore lo invia in territorio straniero, a Sarepta di Sidone, per chiedere ospitalità ad una povera vedova. Siamo dinanzi a una situazione paradossale: per scampare alla fame, il profeta del Signore che deve ripristinare il vero culto in Israele viene inviato a una donna che è vedova, povera e, per di più, straniera. Come potrebbe un soggetto del genere rappresentare una possibilità di sussistenza per il profeta? Come può un profeta denunciare il culto di un dio straniero e chiedere ospitalità presso un popolo di stranieri? Questa sembra una nota stonata all’interno della storia sacra. Eppure Elia obbedisce e si reca dalla vedova. Entra in un territorio straniero, ma entra anche nell’altrove della fede. Il “territorio dell’altro” diventa luogo ospitale, terra che custodisce una promessa.

Elia arriva e chiede aiuto alla vedova. La vedova, che si trova all’apice dell’indigenza, potrebbe chiudere le porte ma si trasferisce anche lei in un altrove: quello della fiducia. Ed ecco che Elia e la vedova s’incontrano non in un luogo, ma nell’anima, perché l’altrove della fede in Dio e l’altrove della fiducia nel prossimo coincidono. Entrambi si alzano, si muovono, fanno un esodo verso ciò che non comprendono e il loro esodo porta frutto: Elia, uomo che dona la parola, chiede in dono il pane a una donna che ha giusto il necessario per nutrire se stessa e suo figlio. La donna si fida, condivide e accade il miracolo di una farina e di un olio che si moltiplicano invece di diminuire, il prodigio del passaggio della divina provvidenza che sfida i calcoli umani, la grazia di una salvezza che, come dirà Gesù nella sinagoga di Nazaret (cf. Lc 4,25-26), ha voglia di travalicare i confini di Israele.

Spesso i poveri, che consideriamo un peso ingombrante, si rivelano a noi come una fonte di provvidenza. Non è la condivisione del potere che fa circolare la vita nel mondo, ma il potere della condivisione che sopperisce alle situazioni di siccità. Il ricco è troppo legato alle cose e non sa donarle, il povero che valorizza anche un pugno di farina e un po’ di olio sperimenta il miracolo del poco che basta e del dono che si moltiplica.

 

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