
E’ nostra da sempre
“Questa terra è nostra da sempre” è una frase che, accendendo la Tv e ascoltando i servizi giornalistici dalla Striscia di Gaza, mi salta in mente e non mi lascia fino a quando non spengo l’apparecchio, rifiutandomi così di continuare ad ascoltare i servizi sui Palestinesi/gazawi, massacrati vergognosamente dalle armi israeliane, in spregio a tutte le norme del diritto internazionale umanitario, come ha ben documentato nel suo volume J’accuse… Francesca Albanese, relatrice speciale delle Nazioni Unite sui territori palestinesi occupati (come pure appare chiaro dalle conclusioni delle due Corti internazionali che paventano a chiare lettere il genocidio dei palestinesi nella Striscia di Gaza). E anche dalla lettura – ovviamente, non solo! – di questa fondamentale relazione mi sono chiesto cosa in verità pensino i Palestinesi di ieri e di oggi del sionismo, tema sul quale ha scritto pagine perspicaci ed illuminanti l’intellettuale palestinese, forse il più noto del Novecento, Edwad Said. Dopo Said sono state scritte migliaia e migliaia di pagine su questo lessema, sul suo significato e su come è stato concretato nella realtà. I sostenitori del “sionismo” hanno individuato il luogo dove far nascere lo Stato israeliano/ebraico/sionista e cioè in Palestina, quella ottomana, detta “Eretz Israel”, alla quale la diaspora ebraica aveva intenzione di fare ritorno. Sion era, peraltro, la collina sulla quale intorno al Mille a.C. erano state gettate le fondamenta dell’insediamento abitativo successivamente chiamato “Gerusalemme”, divenuta la capitale del regno d’Israele sotto Saul, Davide e Salomone.
La frase che dà il titolo alle mie riflessioni, tendendo l’orecchio alla tv, a Rai News 24 di questa mattina 17 maggio, trova conferma in una dichiarazione di Trump che ribadisce cosa in effetti significhi, in concreto, il lessema “sionismo”. Il presidente americano, di professione immobiliarista, sta trattando – questa è la notizia della mattina – con le autorità libiche di Tripoli – ma quali sono? – la deportazione dei gazawi, ancora in vita nella Striscia di Gaza, in quel Paese illiberale, segregazionista, dove vige la lotta banditesca di tutti contro tutti; dove non c’è un potere politico e amministrativo che funzioni e regoli in maniera – non azzardo l’aggettivo “democratica” – ma quello “liberale” sì, che regoli, dicevamo, in maniera liberale la vita di quelle popolazioni, dove i milioni di euro che il governo italiano elargisce alle presunte autorità libiche vengono utilizzati per il commercio illegale e banditesco dei migranti.
Faccio davvero fatica a credere alle mie orecchie, mi viene da dire ascoltando questa notizia!!! Ho spento subito la tv, ancora di più disgustato dalla complice subordinazione della stampa nazionale ai padrini/padroni di sempre: gli sceriffi a stelle e strisce! Ma torno ai libri di storia e ai volumi che raccontano l’infelicità e la segregazione razzista, quasi secolare, cui sono sottoposti i Palestinesi nella Striscia di Gaza, nella Cisgiordania e a Gerusalemme est: in questa città storica e sacra per le tre religioni monoteistiche da alcune settimane sono state chiuse le scuole, gestite dalla UNRHWA dell’ONU, e un numero enorme di ragazze/ragazzi palestinesi ora è senza il diritto all’istruzione scolastica. E questa nuova legge, votata a maggiorana dal parlamento israelita, è ancora di più l’espressione di cosa significhi il “sionismo”, ossia il riflesso di un illegittimo segregazionismo e di una atroce e programmata deportazione in altro Paese.
Edward Said nelle pagine del suo libro La questione palestinese (New York, 1992; Milano, 2011) illustra lucidamente, e senza far ricorso ad una critica mordace e illegittima, l’equazione tra l’imperialismo occidentale e del nord del mondo, il colonialismo, che ha sfruttato fino all’ inverosimile le ricchezze dei popoli colonizzati in Africa, in Asia, nell’ America centrale, nel vicino Medio Oriente, ed, infine, il sionismo. A ciò si aggiunge, oggi, la questione del nucleare iraniano, che Israele vorrebbe che fosse distrutto; e tale acre controversia sta a dimostrare come in effetti l’imperialismo occidentale possa imporre, mutatis mutandis, un processo di colonizzazione, divenendo, quindi, lo Stato israeliano l’unico padrone del Medio Oriente, assicurandosi così una duratura sicurezza nazionale.
Ecco, dunque, il nocciolo ideologico e predatorio di impossessamento neocolonialistico dei territori palestinesi, a far fede dalle risoluzioni dell’ONU del 1947/48, completamente calpestate prima e distrutte poi dalla prepotenza razzista e segregazionista del ceto politico che governa, in questi ultimi decenni, lo Stato ebraico. E, a proposito della sicurezza che Israele dice di voler garantire al proprio Stato, ci viene in aiuto, per comprenderne bene il significato profondo – e nascosto, anche!- lo storico Enzo Traverso che nel suo libro Gaza davanti alla storia, (GLF Laterza, 2024), facendo riferimento alla ragion di Stato machiavelliana, così scrive: “ (…)È noto che esso – cioè il concetto di ragion di Stato – richiama un volto nascosto e oscuro del potere. Solitamente identificato con il pensiero di Machiavelli (…) esso si riferisce alla trasgressione non riconosciuta della legge in nome di un imperativo superiore di sicurezza. È invocando la ragion di Stato che i servizi segreti degli Stati che hanno abolito la pena di morte pianificano l’esecuzione di terroristi e altri criminali che rappresentano una minaccia per l’ordine pubblico (…) la ragion di Stato si riferisce a un potere politico che viola i propri princìpi etici in nome di un interesse superiore, generalmente l’interesse del potere (…) o anche, più prosaicamente, l’interesse personale del principe. In breve, la ragion di Stato si riferisce a un insieme di azioni illegali, immorali che costituiscono una sorta di faccia nascosta della legge (…)” pp. 37-38.
Israele, a fronte della questione “sicurezza” del proprio Stato, utilizzando con pervicace ostinazione la dottrina della ragion di Stato, sta imponendo la concezione sionista/colonialistica che sta alla base del suo Stato nazionale, che in questo modo si impadronisce di regioni (il Libano meridionale; l’altopiano siriano del Golan) che non gli appartengono e che in tal modo dà concretezza al carattere etnico/religioso del suo Stato nazionale. E la mattanza della popolazione civile gazawi lo sta a dimostrare.
Che sconfinata e cupa tristezza!☺