Persone non bomboniere
2 Gennaio 2014 Share

Persone non bomboniere

Negli ultimi mesi del 2013, che abbiamo da poco salutato, in molti con la speranza di giorni migliori, con meno problemi e magari tasche più piene, si è molto parlato della possibilità di tendere concretamente le mani al prossimo, di non mettere più limiti e di abbattere barriere mentali tentando di vivere in un cosiddetto mondo migliore. Pochi mesi fa la notizia partita dal Ministero degli Interni circa l’ipotesi di utilizzare il villaggio provvisorio di San Giuliano di Puglia, ma non soltanto, come sistemazione idonea per accogliere gli immigrati ha assunto immediatamente un’importanza di rilievo. Da quel momento è stato un susseguirsi di notizie, di schieramenti pro e/o contro l’accoglienza, di informazioni incerte che hanno creato paura se non addirittura disperazione per tale possibilità in molti.

Ogni politico dal canto suo non si è risparmiato di dire la propria, a volte creando forse eccessiva confusione nelle menti dei cittadini, altre volte valutando con una capacità maggiore di obiettività limiti o benefici legati ad un’approvazione o meno. Si è parlato molto soprattutto in termini numerici, mille poi ottocento poi seicento poi ancora quattrocento immigrati e così via. Anche se ritengo fondamentale un numero adeguato al fine di poter lavorare, come affermato in precedenza, con l’obiettivo di una reale integrazione, a volte ho percepito come se stessimo parlando di oggetti, bomboniere, da decidere se posizionarle in fila e con ordine nelle vetrine dei nostri salotti. Rimbalzavano notizie di ogni genere, televisioni, giornali e la sensazione di tutti era davvero di non capire più o meno nulla, chissà se perché davvero arrivavano notizie incerte o se in alcuni casi esprimere il proprio parere è stato frutto di una scarsa documentazione e/o di una scarsa conoscenza in tale ambito.

All’epoca mi chiedevo il perché spesso, troppo spesso, risulta così complicato non diffondere in primis il panico rispetto ad un qualcosa di ignoto senza invece provare a discuterne o meglio ad informare, soprattutto in luoghi di piccole dimensione come i nostri. Ora a ciò si aggiunge un secondo quesito: perché nessuno o quasi ne sta parlando? È un po’ come se quella stessa notizia che ha diffuso curiosità e tanto altro non esista più o meglio esiste ancora ma soltanto in pochi. Trovo molto importante mantenere una continuità in tal senso e quindi continuare a chiedere a voce alta a che punto siano le decisioni prese in merito. Sì ad ospitare, ma adesso? Perché non se ne parla più pubblicamente dal momento in cui risulterebbe essere il canale migliore per informare il cittadino? In che maniera ce ne stiamo occupando?

Quanto detto sopra potrebbe avere un duplice obiettivo: parlarne mantenendo così alta l’attenzione di tutti e mirando allo svolgimento di un operato limpido che giunge alle orecchie di molti ed essere quindi partecipi e consapevoli in qualche modo di ciò che accade intono a noi.  ☺

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