Energia e far west
8 Marzo 2022
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Energia e far west

La maggioranza di governo assomiglia sempre più ai politici dell’artista Isaac Cordal, immortalati nell’installazione che li raffigura sommersi dall’acqua, causata dall’ innalzamento del riscaldamento globale, mentre continuano a dibattere di ambiente, indifferenti a quello che gli accade intorno. L’indifferenza, ecco, mascherata però da reale interesse alle sorti del pianeta.

Nel nostro piccolo Molise accade che i bla bla siano diventati un sottofondo al quale non mi rassegno e se continuiamo a batterci per evitare l’installazione di parchi dedicati alla produzione di energia rinnovabile progettati in ogni angolo è solo per colpa della Regione Molise che non ha mai ottemperato al DM 10 settembre 2010 che consentiva la possibilità di individuare aree e siti non idonei all’installazione di impianti per energie rinnovabili. Oggi questa azione è improcrastinabile: lo impone il decreto legislativo del 28 novembre 2021 che stabilisce che le Regioni devono individuare anche quelli idonei, tenuto conto degli strumenti di pianificazione ambientale. E che se non se ne faranno carico, il Governo potrà esercitare i poteri sostitutivi.

In Molise accade (e accadrà sempre più spesso se non si ottempera alle norme nazionali) che, di colpo, un bel giorno le comunità, gli imprenditori, i cittadini molisani scoprono che progetti altamente impattanti potrebbero sbocciare dal nulla sul proprio territorio, per non dire sul proprio terreno sul quale sorgono le loro attività imprenditoriali, mettendo in pericolo il lavoro a cui hanno dedicato l’intera vita. E scoprono anche di essere soli e indifesi nel contrastarli, perché non ci sono norme che possano proteggere il territorio.

Accade così che gli stessi cittadini, le associazioni che difendono stoicamente il territorio corrano il rischio di passare da strenui paladini civici a irragionevoli antiprogressisti poiché si oppongono ai parchi eolici, non tutti ovviamente ma quelli che sorgerebbero in luoghi da proteggere perché sono ricchezza.

Ma c’è una precisa, embrionale e dogmatica responsabilità – che è esclusivamente politica – in queste vicende che a cicli alterni colpiscono il nostro territorio e gli abitanti: l’atavica inerzia istituzionale e legislativa del governo regionale rende il Molise una terra di conquista. I politici di Isaac Cordal, che discutono di tutela ambientale mentre intorno il territorio si consuma, bruciato dalla loro indifferenza.

L’inerzia, l’indifferenza che ha consentito che la Regione Molise non ottemperi al dettato del D.M. del 10 settembre 2010, denominato “Linee guida per l’ autorizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili”: all’articolo 17, “Aree non idonee”, si specifica che “al fine di accelerare l’iter di autorizzazione alla costruzione e all’ esercizio degli impianti alimentati da fonti rinnovabili, in attuazione delle disposizione delle presenti linee guida, le Regioni e le Province autonome possono procedere all’indicazione di aree e siti non idonei alla installazione di specifiche tipologie di impianti”. Ergo, la Regione avrebbe potuto indicare delle zone del proprio territorio dove realizzare quei progetti che non sono da guardare con sospetto a prescindere: le energie rinnovabili sono il futuro, è ormai chiaro ed evidente.

Individuare quelle zone diventa adesso urgentissimo: significa salvaguardare gli interessi dei nostri borghi, delle attività agricole e vitivinicole, delle imprese che puntano sull’ eccellenza del prodotto e di chi ha investito risorse proprie nelle coltivazioni e in un’idea di sviluppo del turismo che non è più di nicchia. Che, paradossalmente, è sostenuta e spinta da quella stessa Regione che non ha mai ottemperato a quella possibilità offerta dal dettato del D.M. del 2010.

Non si può più aspettare, bisogna davvero fare fronte comune e chiudere la partita del Piano paesaggistico che attende ancora di vedere la luce: mi è stato risposto, mesi fa, che agli inizi del 2022, grazie alla convenzione stipulata con l’Unimol, si sarebbe arrivati ad un punto di svolta rispetto all’unico strumento in grado di consentire uno sviluppo armonico ma parimenti responsabile in tema di utilizzo di fonti rinnovabili.

Non c’è tempo da perdere anche perché, secondo il decreto legislativo 199 dell’8 novembre scorso, saranno stabiliti “princìpi e criteri omogenei per l’individuazione delle superfici e delle aree idonee e non idonee all’installazione di impianti a fonti rinnovabili”. Non avere un Piano paesaggistico che indichi le aree destinate all’ installazione dei parchi destinati alla produzione di energie rinnovabili significa, di contro, aprire alla possibilità che possano essere realizzati ovunque.

Progresso e tutela del territorio possono camminare insieme, anzi devono, ma l’efficientamento energetico non è obiettivo da realizzare in contrapposizione con lo sviluppo del territorio tarato sulle proprie vocazioni. E se la politica resta inerme, non procede spedita con gli strumenti che ha a disposizione, sorvola sugli atti indispensabili per tradurre in concretezza i proclami, rischiamo di diventare la versione molisana dell’ inquietante installazione di Cordal.☺

 

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