#trivellamammt a quanto ci risulta) – con un’immagine che ha infastidito molti utenti perché ritenuta sessista e lesiva dell’immagine delle donne. Posto che non fosse certamente questo il messaggio che intendevamo lanciare, ci scusiamo se con troppa leggerezza abbiamo trascurato di valutare come sarebbe stata accolta la suddetta immagine. Nostro intento era quello di associare lo stupro che si vuole fare dei nostri mari, per motivi legati esclusivamente agli interessi economici di pochi, alla violenza che viene usata contro il corpo di una donna. “Se vuoi stuprare il nostro mare, cui siamo legati per cultura, tradizione, amore viscerale, perché allora non fai la stessa cosa a tua sorella, intesa come una persona alla quale sei intimamente legato, alla quale non faresti mai del male? Questo era il senso per noi dell’operazione”.
Come commentare? Lo so, lo intuisco, ne ho parlato con il direttore, Antonio, e con altri uomini che mi dicono che è satira! Ma possibile che non si intuisca quanto siamo caduti in basso e sempre tutto sia rivolto contro la donna?
Leggiamo questa seconda notizia che “gira” in questi giorni. “Troppe cagne, poche ciotole”. È uno slogan che campeggia nel bagno delle donne di una discoteca della riviera romagnola, nel Ravennate. E giusto per ripetere il concetto accanto alla frase c’è una ciotola per i cani. La vicenda, come riporta il Corriere di Romagna, è stata segnalata da una madre. I gestori del locale hanno fatto sapere al quotidiano riminese che “è solo una cosa per ridere”.
E mettiamo alla fine due notizie “politiche” italiane: “Mi hanno chiamato brutta, grassa e obesa” (Patrizia Bedori, ex candidata a sindaco di Milano per il Movimeno 5 Stelle). “Giorgia Meloni faccia la mamma” (Guido Bertolaso, candidato a sindaco di Roma per il centrodestra). Possiamo controbattere alcunché dopo che l’intellighenzia laureata, giovane, scattante e multimediale aveva inventato #trivellatuasorella? E pensare che da poco è passato l’8 marzo!
Non illudiamoci, oramai la ricorrenza serve solo a storicizzare l’evento per cui si ricordano le donne vittime del fuoco nel lontano1908 (Le origini della festa dell’8 Marzo risalgono al lontano 1908, quando, pochi giorni prima di questa data, a New York, le operaie dell’industria tessile Cotton scioperarono per protestare contro le terribili condizioni in cui erano costrette a lavorare. Lo sciopero si protrasse per alcuni giorni, finché l’8 marzo il proprietario Mr. Johnson, bloccò tutte le porte della fabbrica per impedire alle operaie di uscire. Allo stabilimento venne appiccato il fuoco e le 129 operaie prigioniere all’interno morirono arse dalle fiamme); e per ripetere le conquiste avvenute negli anni del femminismo, perché non dimentichiamoci (ed in questi giorni per storicizzare consiglio a tutti la visione del film Suffragette con regia di Sarah Gavron) che conquiste ce ne sono state e già ne ho scritto in altri articoli.
Oggi possiamo auspicare che le ragazze abbiamo la libertà di poter denunciare un’offerta sessista, possano essere libere di essere se stesse e lo scrivo consapevole di come anche oggi la pubblicità televisiva e mediatica sia a favore di stereotipi che non cambiano da anni e anni. E ci meravigliamo della civiltà di altre culture che riteniamo oscurantiste? Ci meravigliamo di paternalismi rigidi e patriarcali? Se la libertà vuol dire non avere la cultura di usarla, che fare?
Chiudiamo con due o tre note positive?
1) La camminata in bicicletta a Milano di donne musulmane per essere libere di andare su tale veicolo, sorridenti e felici;
2) la nascita dell’ hashtag # I’m stundup for me, per la decisione di essere come si vuole essere, non anoressiche o siliconate.
3) Per le donne-mamme o con trecento lavori sul groppone e borse pesanti mentre i mariti o compagni indifferentemente se giovani, liberi, padri da poco, o stanchi da tempo incatenati a poltrone del potere, non ho nessuna immagine o hashtag. Possiamo coniarlo, inventarlo noi de la fonte. Che ne dite? Attendo suggerimenti☺
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Eppure voto sì | La Fonte TV
Noam Chomsky, fra alcune sue teorie sul potere mediatico della comunicazione, affermò: “La maggior parte della pubblicità diretta al gran pubblico usa discorsi, argomenti, personaggi e una intonazione particolarmente infantile, molte volte vicino alla debolezza, come se lo spettatore fosse una creatura di pochi anni o un deficiente mentale. “Possibile abbiano pensato a questo concetto i producer dell’agenzia di comunicazione Be Shaped nel concepire uno spot per il sì al referendum del 17 aprile.
L’iniziativa dell’agenzia di comunicazione pugliese Be Shaped, per sensibilizzare sulla consultazione del prossimo 17 aprile, ha scatenato una bagarre inverosimile. A essere contestati sono il messaggio e il logo con una donna a quattro zampe. Rimosso il responsabile dopo le critiche. Il logo creato per invitare a votare “Sì” al referendum del 17 aprile contro le trivellazioni in mare, ha scatenato le ire della rete, definito ora sessista, trash, orrendo. L’agenzia, proprio nelle ore in cui la politica s’interroga sulla considerazione delle donne, è stata costretta a cancellare il manifesto dai suoi profili social. Le motivazioni, senza scuse, dopo la bagarre, sono state peggiori della pubblicità referendaria. Il banner, successivo a quello del 9 marzo ancora presente su questa pagina (che non è stato pubblicato quindi, come erroneamente è stato detto, per rimediare al secondo) riprendeva una campagna non di nostra invenzione – #trivellatuasorella per l’appunto (ma esiste anche un #trivellamammt a quanto ci risulta) – con un’immagine che ha infastidito molti utenti perché ritenuta sessista e lesiva dell’immagine delle donne. Posto che non fosse certamente questo il messaggio che intendevamo lanciare, ci scusiamo se con troppa leggerezza abbiamo trascurato di valutare come sarebbe stata accolta la suddetta immagine. Nostro intento era quello di associare lo stupro che si vuole fare dei nostri mari, per motivi legati esclusivamente agli interessi economici di pochi, alla violenza che viene usata contro il corpo di una donna. “Se vuoi stuprare il nostro mare, cui siamo legati per cultura, tradizione, amore viscerale, perché allora non fai la stessa cosa a tua sorella, intesa come una persona alla quale sei intimamente legato, alla quale non faresti mai del male? Questo era il senso per noi dell’operazione”.
Come commentare? Lo so, lo intuisco, ne ho parlato con il direttore, Antonio, e con altri uomini che mi dicono che è satira! Ma possibile che non si intuisca quanto siamo caduti in basso e sempre tutto sia rivolto contro la donna?
Leggiamo questa seconda notizia che “gira” in questi giorni. “Troppe cagne, poche ciotole”. È uno slogan che campeggia nel bagno delle donne di una discoteca della riviera romagnola, nel Ravennate. E giusto per ripetere il concetto accanto alla frase c’è una ciotola per i cani. La vicenda, come riporta il Corriere di Romagna, è stata segnalata da una madre. I gestori del locale hanno fatto sapere al quotidiano riminese che “è solo una cosa per ridere”.
E mettiamo alla fine due notizie “politiche” italiane: “Mi hanno chiamato brutta, grassa e obesa” (Patrizia Bedori, ex candidata a sindaco di Milano per il Movimeno 5 Stelle). “Giorgia Meloni faccia la mamma” (Guido Bertolaso, candidato a sindaco di Roma per il centrodestra). Possiamo controbattere alcunché dopo che l’intellighenzia laureata, giovane, scattante e multimediale aveva inventato #trivellatuasorella? E pensare che da poco è passato l’8 marzo!
Non illudiamoci, oramai la ricorrenza serve solo a storicizzare l’evento per cui si ricordano le donne vittime del fuoco nel lontano1908 (Le origini della festa dell’8 Marzo risalgono al lontano 1908, quando, pochi giorni prima di questa data, a New York, le operaie dell’industria tessile Cotton scioperarono per protestare contro le terribili condizioni in cui erano costrette a lavorare. Lo sciopero si protrasse per alcuni giorni, finché l’8 marzo il proprietario Mr. Johnson, bloccò tutte le porte della fabbrica per impedire alle operaie di uscire. Allo stabilimento venne appiccato il fuoco e le 129 operaie prigioniere all’interno morirono arse dalle fiamme); e per ripetere le conquiste avvenute negli anni del femminismo, perché non dimentichiamoci (ed in questi giorni per storicizzare consiglio a tutti la visione del film Suffragette con regia di Sarah Gavron) che conquiste ce ne sono state e già ne ho scritto in altri articoli.
Oggi possiamo auspicare che le ragazze abbiamo la libertà di poter denunciare un’offerta sessista, possano essere libere di essere se stesse e lo scrivo consapevole di come anche oggi la pubblicità televisiva e mediatica sia a favore di stereotipi che non cambiano da anni e anni. E ci meravigliamo della civiltà di altre culture che riteniamo oscurantiste? Ci meravigliamo di paternalismi rigidi e patriarcali? Se la libertà vuol dire non avere la cultura di usarla, che fare?
Chiudiamo con due o tre note positive?
1) La camminata in bicicletta a Milano di donne musulmane per essere libere di andare su tale veicolo, sorridenti e felici;
2) la nascita dell’ hashtag # I’m stundup for me, per la decisione di essere come si vuole essere, non anoressiche o siliconate.
3) Per le donne-mamme o con trecento lavori sul groppone e borse pesanti mentre i mariti o compagni indifferentemente se giovani, liberi, padri da poco, o stanchi da tempo incatenati a poltrone del potere, non ho nessuna immagine o hashtag. Possiamo coniarlo, inventarlo noi de la fonte. Che ne dite? Attendo suggerimenti☺
Noam Chomsky, fra alcune sue teorie sul potere mediatico della comunicazione, affermò: “La maggior parte della pubblicità diretta al gran pubblico usa discorsi, argomenti, personaggi e una intonazione particolarmente infantile, molte volte vicino alla debolezza, come se lo spettatore fosse una creatura di pochi anni o un deficiente mentale. “Possibile abbiano pensato a questo concetto i producer dell’agenzia di comunicazione Be Shaped nel concepire uno spot per il sì al referendum del 17 aprile.
L’iniziativa dell’agenzia di comunicazione pugliese Be Shaped, per sensibilizzare sulla consultazione del prossimo 17 aprile, ha scatenato una bagarre inverosimile. A essere contestati sono il messaggio e il logo con una donna a quattro zampe. Rimosso il responsabile dopo le critiche. Il logo creato per invitare a votare “Sì” al referendum del 17 aprile contro le trivellazioni in mare, ha scatenato le ire della rete, definito ora sessista, trash, orrendo. L’agenzia, proprio nelle ore in cui la politica s’interroga sulla considerazione delle donne, è stata costretta a cancellare il manifesto dai suoi profili social. Le motivazioni, senza scuse, dopo la bagarre, sono state peggiori della pubblicità referendaria. Il banner, successivo a quello del 9 marzo ancora presente su questa pagina (che non è stato pubblicato quindi, come erroneamente è stato detto, per rimediare al secondo) riprendeva una campagna non di nostra invenzione – #trivellatuasorella per l’appunto (ma esiste anche un #trivellamammt a quanto ci risulta) – con un’immagine che ha infastidito molti utenti perché ritenuta sessista e lesiva dell’immagine delle donne. Posto che non fosse certamente questo il messaggio che intendevamo lanciare, ci scusiamo se con troppa leggerezza abbiamo trascurato di valutare come sarebbe stata accolta la suddetta immagine. Nostro intento era quello di associare lo stupro che si vuole fare dei nostri mari, per motivi legati esclusivamente agli interessi economici di pochi, alla violenza che viene usata contro il corpo di una donna. “Se vuoi stuprare il nostro mare, cui siamo legati per cultura, tradizione, amore viscerale, perché allora non fai la stessa cosa a tua sorella, intesa come una persona alla quale sei intimamente legato, alla quale non faresti mai del male? Questo era il senso per noi dell’operazione”.
Come commentare? Lo so, lo intuisco, ne ho parlato con il direttore, Antonio, e con altri uomini che mi dicono che è satira! Ma possibile che non si intuisca quanto siamo caduti in basso e sempre tutto sia rivolto contro la donna?
Leggiamo questa seconda notizia che “gira” in questi giorni. “Troppe cagne, poche ciotole”. È uno slogan che campeggia nel bagno delle donne di una discoteca della riviera romagnola, nel Ravennate. E giusto per ripetere il concetto accanto alla frase c’è una ciotola per i cani. La vicenda, come riporta il Corriere di Romagna, è stata segnalata da una madre. I gestori del locale hanno fatto sapere al quotidiano riminese che “è solo una cosa per ridere”.
E mettiamo alla fine due notizie “politiche” italiane: “Mi hanno chiamato brutta, grassa e obesa” (Patrizia Bedori, ex candidata a sindaco di Milano per il Movimeno 5 Stelle). “Giorgia Meloni faccia la mamma” (Guido Bertolaso, candidato a sindaco di Roma per il centrodestra). Possiamo controbattere alcunché dopo che l’intellighenzia laureata, giovane, scattante e multimediale aveva inventato #trivellatuasorella? E pensare che da poco è passato l’8 marzo!
Non illudiamoci, oramai la ricorrenza serve solo a storicizzare l’evento per cui si ricordano le donne vittime del fuoco nel lontano1908 (Le origini della festa dell’8 Marzo risalgono al lontano 1908, quando, pochi giorni prima di questa data, a New York, le operaie dell’industria tessile Cotton scioperarono per protestare contro le terribili condizioni in cui erano costrette a lavorare. Lo sciopero si protrasse per alcuni giorni, finché l’8 marzo il proprietario Mr. Johnson, bloccò tutte le porte della fabbrica per impedire alle operaie di uscire. Allo stabilimento venne appiccato il fuoco e le 129 operaie prigioniere all’interno morirono arse dalle fiamme); e per ripetere le conquiste avvenute negli anni del femminismo, perché non dimentichiamoci (ed in questi giorni per storicizzare consiglio a tutti la visione del film Suffragette con regia di Sarah Gavron) che conquiste ce ne sono state e già ne ho scritto in altri articoli.
Oggi possiamo auspicare che le ragazze abbiamo la libertà di poter denunciare un’offerta sessista, possano essere libere di essere se stesse e lo scrivo consapevole di come anche oggi la pubblicità televisiva e mediatica sia a favore di stereotipi che non cambiano da anni e anni. E ci meravigliamo della civiltà di altre culture che riteniamo oscurantiste? Ci meravigliamo di paternalismi rigidi e patriarcali? Se la libertà vuol dire non avere la cultura di usarla, che fare?
Chiudiamo con due o tre note positive?
1) La camminata in bicicletta a Milano di donne musulmane per essere libere di andare su tale veicolo, sorridenti e felici;
2) la nascita dell’ hashtag # I’m stundup for me, per la decisione di essere come si vuole essere, non anoressiche o siliconate.
3) Per le donne-mamme o con trecento lavori sul groppone e borse pesanti mentre i mariti o compagni indifferentemente se giovani, liberi, padri da poco, o stanchi da tempo incatenati a poltrone del potere, non ho nessuna immagine o hashtag. Possiamo coniarlo, inventarlo noi de la fonte. Che ne dite? Attendo suggerimenti☺
Polemiche di presunto sessismo dopo la campagna referendaria. "Oggi possiamo auspicare che le ragazze abbiamo la libertà di poter denunciare un’offerta sessista, possano essere libere di essere se stesse e lo scrivo consapevole di come anche oggi la pubblicità televisiva e mediatica sia a favore di stereotipi che non cambiano da anni e anni".
Noam Chomsky, fra alcune sue teorie sul potere mediatico della comunicazione, affermò: “La maggior parte della pubblicità diretta al gran pubblico usa discorsi, argomenti, personaggi e una intonazione particolarmente infantile, molte volte vicino alla debolezza, come se lo spettatore fosse una creatura di pochi anni o un deficiente mentale. “Possibile abbiano pensato a questo concetto i producer dell’agenzia di comunicazione Be Shaped nel concepire uno spot per il sì al referendum del 17 aprile.
L’iniziativa dell’agenzia di comunicazione pugliese Be Shaped, per sensibilizzare sulla consultazione del prossimo 17 aprile, ha scatenato una bagarre inverosimile. A essere contestati sono il messaggio e il logo con una donna a quattro zampe. Rimosso il responsabile dopo le critiche. Il logo creato per invitare a votare “Sì” al referendum del 17 aprile contro le trivellazioni in mare, ha scatenato le ire della rete, definito ora sessista, trash, orrendo. L’agenzia, proprio nelle ore in cui la politica s’interroga sulla considerazione delle donne, è stata costretta a cancellare il manifesto dai suoi profili social. Le motivazioni, senza scuse, dopo la bagarre, sono state peggiori della pubblicità referendaria. Il banner, successivo a quello del 9 marzo ancora presente su questa pagina (che non è stato pubblicato quindi, come erroneamente è stato detto, per rimediare al secondo) riprendeva una campagna non di nostra invenzione – #trivellatuasorella per l’appunto (ma esiste anche un #trivellamammt a quanto ci risulta) – con un’immagine che ha infastidito molti utenti perché ritenuta sessista e lesiva dell’immagine delle donne. Posto che non fosse certamente questo il messaggio che intendevamo lanciare, ci scusiamo se con troppa leggerezza abbiamo trascurato di valutare come sarebbe stata accolta la suddetta immagine. Nostro intento era quello di associare lo stupro che si vuole fare dei nostri mari, per motivi legati esclusivamente agli interessi economici di pochi, alla violenza che viene usata contro il corpo di una donna. “Se vuoi stuprare il nostro mare, cui siamo legati per cultura, tradizione, amore viscerale, perché allora non fai la stessa cosa a tua sorella, intesa come una persona alla quale sei intimamente legato, alla quale non faresti mai del male? Questo era il senso per noi dell’operazione”.
Come commentare? Lo so, lo intuisco, ne ho parlato con il direttore, Antonio, e con altri uomini che mi dicono che è satira! Ma possibile che non si intuisca quanto siamo caduti in basso e sempre tutto sia rivolto contro la donna?
Leggiamo questa seconda notizia che “gira” in questi giorni. “Troppe cagne, poche ciotole”. È uno slogan che campeggia nel bagno delle donne di una discoteca della riviera romagnola, nel Ravennate. E giusto per ripetere il concetto accanto alla frase c’è una ciotola per i cani. La vicenda, come riporta il Corriere di Romagna, è stata segnalata da una madre. I gestori del locale hanno fatto sapere al quotidiano riminese che “è solo una cosa per ridere”.
E mettiamo alla fine due notizie “politiche” italiane: “Mi hanno chiamato brutta, grassa e obesa” (Patrizia Bedori, ex candidata a sindaco di Milano per il Movimeno 5 Stelle). “Giorgia Meloni faccia la mamma” (Guido Bertolaso, candidato a sindaco di Roma per il centrodestra). Possiamo controbattere alcunché dopo che l’intellighenzia laureata, giovane, scattante e multimediale aveva inventato #trivellatuasorella? E pensare che da poco è passato l’8 marzo!
Non illudiamoci, oramai la ricorrenza serve solo a storicizzare l’evento per cui si ricordano le donne vittime del fuoco nel lontano1908 (Le origini della festa dell’8 Marzo risalgono al lontano 1908, quando, pochi giorni prima di questa data, a New York, le operaie dell’industria tessile Cotton scioperarono per protestare contro le terribili condizioni in cui erano costrette a lavorare. Lo sciopero si protrasse per alcuni giorni, finché l’8 marzo il proprietario Mr. Johnson, bloccò tutte le porte della fabbrica per impedire alle operaie di uscire. Allo stabilimento venne appiccato il fuoco e le 129 operaie prigioniere all’interno morirono arse dalle fiamme); e per ripetere le conquiste avvenute negli anni del femminismo, perché non dimentichiamoci (ed in questi giorni per storicizzare consiglio a tutti la visione del film Suffragette con regia di Sarah Gavron) che conquiste ce ne sono state e già ne ho scritto in altri articoli.
Oggi possiamo auspicare che le ragazze abbiamo la libertà di poter denunciare un’offerta sessista, possano essere libere di essere se stesse e lo scrivo consapevole di come anche oggi la pubblicità televisiva e mediatica sia a favore di stereotipi che non cambiano da anni e anni. E ci meravigliamo della civiltà di altre culture che riteniamo oscurantiste? Ci meravigliamo di paternalismi rigidi e patriarcali? Se la libertà vuol dire non avere la cultura di usarla, che fare?
Chiudiamo con due o tre note positive?
1) La camminata in bicicletta a Milano di donne musulmane per essere libere di andare su tale veicolo, sorridenti e felici;
2) la nascita dell’ hashtag # I’m stundup for me, per la decisione di essere come si vuole essere, non anoressiche o siliconate.
3) Per le donne-mamme o con trecento lavori sul groppone e borse pesanti mentre i mariti o compagni indifferentemente se giovani, liberi, padri da poco, o stanchi da tempo incatenati a poltrone del potere, non ho nessuna immagine o hashtag. Possiamo coniarlo, inventarlo noi de la fonte. Che ne dite? Attendo suggerimenti☺
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