Fatti, supposizioni e bufale
13 Novembre 2023
laFonteTV (3191 articles)
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Fatti, supposizioni e bufale

Quasi tutti – anche quelli di noi che hanno poca frequentazione con la lingua inglese – conosciamo il significato di fake news [pronuncia: feich-nius], l’anglismo ormai diffusissimo che utilizziamo per indicare una o più notizie prive di fondamento. Con detta espressione ci riferiamo a tutte quelle informazioni ritenute false o poco credibili e che di conseguenza non meritano la nostra attenzione.
Esiste, però, un termine che potremmo definire il corrispettivo opposto di fake news: se certe affermazioni risultano destituite di ogni valore reale, sarebbe buona pratica ricorrere a quello che sempre gli inglesi, e sempre sinteticamente, chiamano fact checking [pronuncia: fact-ceching]. Di cosa si tratta?
Secondo il dizionario esso corrisponderebbe, specie in ambito giornalistico, alla “verifica puntigliosa dei fatti e delle fonti, tesa anche a valutare la fondatezza di notizie o affermazioni riguardanti istituzioni e persone di rilievo pubblico, con particolare riferimento a quanto viene diffuso mediante la Rete”. Il termine inglese è composto dal sostantivo fact, ‘fatto, evento’ e dal verbo check – lo stesso di check-up [pronuncia: cech-ap], l’espressione di cui anche noi italiani ci serviamo per indicare, ad esempio, la batteria di controlli medici di un paziente -; la persona che materialmente si occupa di effettuare i controlli è, secondo la grammatica inglese, checker.
Come si può ben comprendere è necessario utilizzare lo strumento del fact checking poiché per noi, utenti dell’ informazione, risulta essenziale che una notizia – ogni notizia – che ci viene trasmessa sia vera, e che il metodo seguito per assicurare la corretta informazione sia serio e rigoroso. Non sono rari i casi in cui non corrisponde al vero quanto viene fatto passare per evento sensazionale o addirittura tragico come la crudeltà di certi comportamenti, il numero eccessivo di vittime di un attentato o di una impresa di ‘guer- ra’!
Inoltre, rispetto a quanto avveniva già alla metà del secolo scorso, oggi le notizie possono essere diffuse, e quindi recepite, in molti e variegati modi: in primis vi è la Rete (Internet) sulla quale viaggia e ‘sosta’ (ahimè a lungo!) ogni tipo di informazione, sia essa delle testate giornalistiche televisive o della carta stampata, e ancor più dei social network a cui molte persone sono iscritte e di cui si servono quotidianamente. Sempre convinto che – come scritto altre volte – sia irreversibile la nostra condizione di utenti della Rete, di cui ormai non riusciamo più a fare a meno, la facilità con cui informazioni false ci possono raggiungere e ‘convincere’ credo debba preoccupare.
La libertà di espressione che la Rete consente non andrebbe mai confusa con la superficialità o la leggerezza, intesa come scarsa serietà. Avere la possibilità di accedere senza filtri al maggior numero possibile di informazioni non ci esime dal riflettere e ponderare ciò di cui veniamo a conoscenza. Le persone che ricoprono importanti posizioni nell’ambito dell’informazione e della diffusione delle notizie dovrebbero verificare i fatti facendo attenzione anche alle fonti. Come insegna la ricerca storiografica, un evento del passato viene analizzato e descritto proprio partendo dalle fonti storiche, coeve o posteriori, la cui autorità è stata ampiamente e da tempo riconosciuta. “Il lavoro del fact-checker, ossia colui che si occupa della verifica dei fatti, è un lavoro a ritroso, che parte dalla notizia e ne smonta pezzo per pezzo, verificandone la veridicità e correggendo eventuali errori. Un fact-checker è in grado di distinguere i fatti dalle opinioni, e di lavorare esclusivamente sui primi” (sito web edutainment).
Sempre considerando i princìpi di tale pratica, dallo stesso sito apprendiamo che non è da sottovalutare la verifica dei fatti “anche quando parliamo di dettagli irrilevanti: un articolo potrebbe riportare una notizia vera – come ad esempio la partecipazione di tal vip a tale evento – ma contenere un dettaglio, per quanto poco importante, fallace – come il colore di un abito che indossava. La precisione nei dettagli, seppur piccola, è un ottimo modo per creare nel lettore una sorta di fiducia e fidelizzazione: ‘se sei stato preciso per una cosa così piccola, allora potrai esserlo anche per le cose più importanti” è il pensiero che dovrebbe innescarsi nel pensiero del pubblico di riferimento’”.
Abbiamo bisogno di verità, quella che spesso solo formalmente e ‘a parole’ ricerchiamo, senza tenere conto se essa possa essere controllata, adattata, manipolata per interesse o per convenienza. Sono il controllo della veridicità dei fatti e l’amore per una informazione giusta e rispondente al vero gli unici punti di riferimento cui dovremmo tendere, abbandonando l’abitudine atavica e secolare che George Eliot, una scrittrice inglese del periodo vittoriano (sec. XIX) stigmatizzava in un suo romanzo: “Tutti pre- ferivano lanciarsi in supposizioni sui fatti piuttosto che semplicemente conoscerli; perché la supposizione dava più sicurezza della conoscenza e presentava margini più elastici per l’incompatibile” (Middle- march).☺

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