formazione permanente
13 Aprile 2010 Share

formazione permanente

 

Molti dati di tipo statistico evidenziano il persistere di  una realtà regionale contrassegnata da un processo di formazione permanente che, nella sua complessa articolazione, risulta essere   insufficiente rispetto a quelle che sono le esigenze dei cittadini ed i bisogni di sviluppo della regione. Un insieme di deficit che possono venire sconfitti attraverso l’articolazione dei seguenti obiettivi:

creazione di un’anagrafe statistica in grado di rilevare permanentemente quanti e quali cittadini hanno usufruito di percorsi formativi e di orientamento nell’arco della loro intera vita;

analisi rigorosa del rapporto costi-benefici rispetto agli esiti occupazionali ed al più complesso processo di reinserimento scolastico e sociale: l’allargamento dell’Unione Europea impone un rigore strettamente connesso alla riduzione delle risorse disponibili;

costituzione di un sistema di rete in grado di evitare sovrapposizioni e sprechi di risorse, rispetto alla necessità di facilitare il raccordo sui processi decisionali e programmatori degli enti pubblici e privati;

creazione di maggiori sinergie tra Fondi comunitari e Fondi nazionali, in favore della formazione continua: in tale ottica, anche in considerazione degli orientamenti nazionali, si pone l’opportunità di orientare i Fondi Interprofessionali verso il finanziamento di interventi di formazione decisi dalle organizzazioni promotrici, lasciando nel contempo al FSE l’obiettivo di perseguire l’adattabilità dei lavoratori e dei cittadini più deboli;

superamento di una cultura formativa tesa a privilegiare i bisogni dei soggetti in possesso di una scolarizzazione medio-alta: la percentuale dei corsi di formazione dovrebbe garantire un accesso percentualmente adeguato ai bisogni dell’utenza più debole;

rafforzamento delle politiche volte a coinvolgere con più forza la fascia di popolazione a rischio di emarginazione: si tratta soprattutto di coinvolgere tutti coloro che, in mancanza di strumenti culturali propri, necessitano di essere raggiunti nell’ambito territoriale e lavorativo di appartenenza  (lavoratori scarsamente alfabetizzati, migranti, carcerati  drop out, anziani, ecc..);

superamento del grave deficit che caratterizza le politiche dell’orientamento scolastico e professionale: la popolazione coinvolta risulta essere esigua e gli interventi scarsamente strutturati e non idonei a favorire scelte responsabili e processi di auto-orientamento;

consolidamento di  adeguate politiche formative, soprattutto nei confronti dei cittadini diversamente abili, soggetti che, molto spesso, rimangono esclusi non solo dal mondo del lavoro, ma anche dai circuiti della formazione scolastica e professionale. Dei 17.000 disabili presenti in Molise, e in gran parte anziani, ben l’87,6% risulta essere privo del titolo di studio o in possesso della sola licenza elementare: fattore che di per sé preclude i processi connessi all’invecchiamento attivo;

sviluppo dell’istruzione a distanza, onde favorire soprattutto l’accesso all’università e ai corsi di specializzazione post-diploma: questo metodo di insegnamento, costruito attraverso materiali didattici multimediali, offre  agli studenti-lavoratori la possibilità di personalizzare e rendere più flessibile l’acquisizione dei saperi. Un processo di apprendimento che potrebbe agevolare una parte della popolazione molisana che, dislocata in uno dei 136 comuni, risiede in località montane e sensibilmente distanti dai tre maggiori centri cittadini della regione (Campobasso, Isernia, Termoli);

costruzione di una progettualità formativa attenta al modello di sviluppo di cui la regione intende dotarsi nei prossimi anni.

Solo entro tale ottica è possibile evitare la nascita di una formazione generica, dispendiosa e soprattutto non rispondente alle reali esigenze sociali ed economiche del territorio. ☺

a.miccoli@cgilmolise.it

 

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