Fuoco e divisione
6 Ottobre 2021
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Fuoco e divisione

“Sono venuto a gettare fuoco sulla terra, e quanto vorrei che fosse già acceso!” (Lc 12, 49). L’immagine molto forte che Gesù usa per parlare di sé è presa dall’Antico Testamento e dall’immaginario che ritroviamo anche nei cosiddetti Apocrifi giudaici: il fuoco è quello del giudizio, immagine che ritroviamo diverse volte anche nell’ Apocalisse: si tratta del giudizio di Dio sulla storia. Gesù dice che con la sua presenza e la sua predicazione inizia il giudizio finale, è la fine della storia, quando il mondo che non ha accolto Dio e la sua Parola verrà distrutto. È probabile che Gesù avesse la consapevolezza che con lui si inaugurava il tempo finale ed è in questa prospettiva che parla del fuoco da gettare: usando un’immagine già nota agli uditori, vuole richiamare la loro attenzione su questo evento.

In realtà le cose sono andate diversamente e dopo duemila anni il mondo non è ancora finito. Ma già quando Luca ha scritto il Vangelo era passato diverso tempo e il mondo andava avanti senza grandi scossoni, se non i riassestamenti politici tipici dell’ impero romano. Perché allora conservare questo detto? C’è un altro filone interpretativo che permette di rendere sempre attuale quel detto: nei profeti è la Parola di Dio che viene paragonata al fuoco (Ger 5,13 e 23,29), e nel Siracide Elia stesso è paragonato al fuoco e la sua parola brucia come una fiaccola (48,1). Nella rilettura della comunità il desiderio di accelerare la fine dei tempi diventa la sete di portare la Parola di Gesù che è come un fuoco purificante, a più persone possibili. Ma la Parola a volte viene anche paragonata a una spada ed è, come dice la lettera agli Ebrei, “più penetrante di una spada a due tagli, fino a dividere l’anima dallo spirito … e giudica i sentimenti e i pensieri del cuore” (4,12).

Forse è per questo che Luca accosta a questo detto un altro che parla di divisione: “Pensate che io sia venuto a portare pace sulla terra? No, io vi dico, ma divisione” (12,51). Come è possibile che quel Gesù che è stato annunciato come portatore di pace dagli angeli ora porta la divisione, il contrasto persino all’interno delle famiglie? Gesù infatti continua dicendo che sarà padre contro figlio e figlio contro padre. La divisione non è voluta da Gesù ma è causata da una decisione da prendere pro o contro di lui: si tratta ancora una volta di un giudizio, non quello finale, ma che avviene continuamente nella storia quando si tratta di prendere posizione, decidersi pro o contro Gesù, anche a costo di mettere in discussione le proprie radici o il proprio mondo di appartenenza. Nell’ incontro vero con Gesù c’è sempre un prima e un dopo, nulla resta tale e quale. Si potrebbe dire che un mondo finisce ed inizia una nuova era, una nuova fase della propria vita. Forse si può anche continuare a vivere nello stesso luogo, frequentare le stesse persone, ma non le si può più vedere allo stesso modo, non si può avere più lo sguardo distratto di chi attraversa il mondo con la convinzione che ciò che accade non lo riguardi.

La parola di Gesù se non è solo la convenzionale ripetizione di un decadente linguaggio religioso (quante parole si sprecano nelle prediche, nei documenti ecclesiali, nei discorsi vuoti e retorici di celebrazioni varie, religiose o civili che siano!): è un fuoco che innesca un giudizio, una spada che separa il vero dal falso, il conveniente dal necessario, il giusto dall’ingiusto. Noi post cristiani e post tutto siamo così abituati al linguaggio del vangelo che ormai è diventato un fuoco fatuo o una spada che non taglia più niente e ha perso anche la punta, tanto che si può tranquillamente brandire una croce o un vangelo e sputare in faccia ai crocifissi che ci vengono addosso come uno tsunami di umanità disperata. La vera divisione che la parola di Gesù provoca non è tra chi biascica formule religiose o parla di valori non negoziabili e principi astratti e chi non ne vuol sapere di affidarsi al paternalismo di preti e vescovi che hanno l’ansia di dire agli altri come vivono senza chiedersi loro stessi come stanno incarnando il vangelo, ma tra chi in suo nome si fa carico del grido degli oppressi e delle vittime di ogni ingiustizia e chi, come il sacerdote e il levita, si volta dall’altra parte e passa oltre perché ha cose più importanti da fare.

In questa prospettiva il vangelo ha tutt’altro che perso la sua efficacia, in quanto continua a far emergere il contrasto tra parole pesanti che bruciano come il fuoco e gli stili di vita annacquati e spenti di chi ha sostituito la Parola con la chiacchiera e la coerenza con gli slogan politicanti. Il fuoco di Gesù non ha smesso di ardere ma cova sotto la cenere della fine agonizzante di un cristianesimo di facciata, che parla degli ultimi ma fa di tutto per mantenere buoni rapporti con i primi. Il giudizio sta in realtà già avvenendo e la forza disarmata della Parola ancora una volta smaschera quegli “spensierati di Sion” che, come direbbe il profeta Amos (6,1-7) sdraiati su letti d’avorio cantano i salmi di Davide ma non si preoccupano della rovina dell’umanità.☺

 

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