Il 22 gennaio 2009 è stato siglato l’accordo sindacale sulla riforma degli assetti contrattuali: la Cgil non ha firmato l’intesa in quanto il riordino della contrattazione, così come definita, racchiude in sé provvedimenti che indeboliscono ulteriormente la condizione sociale ed economica dei lavoratori, delle lavoratrici e delle loro famiglie.
Le criticità più significative vanno ricercate nei seguenti punti:
a) la dinamica del calcolo del costo della vita avverrà attraverso l’IPCA (indice dei prezzi al consumo armonizzato in ambito europeo), che non terrà però in alcun conto l’aumento dei prezzi dei beni energetici importati;
b) si potranno stabilire deroghe al contratto nazionale di lavoro: in pratica “per consentire il raggiungimento di specifiche intese per governare, direttamente nel territorio o in azienda, situazioni di crisi o per favorire lo sviluppo economico ed occupazionale, le specifiche intese potranno definire apposite procedure, modalità e condizioni per modificare, in tutto o in parte, anche in via sperimentale e temporanea, singoli istituti economici o normativi dei contratti collettivi nazionali di lavoro di categoria”;
c) per il secondo livello di contrattazione gli incentivi economici vengono collegati al raggiungimento degli obiettivi di produttività, redditività, qualità, efficienza ed efficacia. Verranno altresì tenuti in considerazione altri elementi rilevanti ai fini del miglioramento della competitività come ad esempio i risultati legati all’andamento economico delle imprese. Un processo che nel suo insieme acquisterebbe valore dinanzi ad imprese virtuose e dinamiche: qualità molto spesso assenti all’interno di un sistema produttivo nazionale che, storicamente, investe pochissimo in innovazione e ricerca, oltre a trascurare le dinamiche connesse ai processi formativi, pilastri senza i quali difficilmente le aziende potranno crescere tanto da garantire la distribuzione di una parte della ricchezza prodotta. Va inoltre sottolineato come nel nostro Paese su 17 milioni di lavoratori solo 2 milioni usufruiscono della contrattazione di secondo livello: ciò significa che un’immensa platea di uomini e donne rischiano di non riuscire a recuperare lo scarto tra salario percepito e costo della vita;
d) nel settore del lavoro pubblico eventuali premi legati al conseguimento di obiettivi volti a migliorare la produttività e la qualità dei servizi offerti dovranno tener conto degli obiettivi di finanza pubblica: nei fatti ogni percorso teso a ottimizzare il proprio apporto professionale rischia di non godere di alcun processo di premialità;
e) solo l’insieme dei sindacati, rappresentativi della maggioranza dei lavoratori, possono proclamare gli scioperi al termine della tregua sindacale predefinita e riferita alla contrattazione di secondo livello nelle aziende dei servizi pubblici locali: nei fatti si viene a determinare la restrizione del diritto di sciopero.
L’insieme di queste complesse ed articolate problematiche ha indotto la Cgil ad indire un referendum nei luoghi di lavoro: ad ogni persona va riconosciuto il diritto di esprimere il proprio parere rispetto ad un impianto che rischia di cancellare le conquiste nate da decenni di lotte e sacrifici. ☺
a.miccoli@cgilmolise.it
Il 22 gennaio 2009 è stato siglato l’accordo sindacale sulla riforma degli assetti contrattuali: la Cgil non ha firmato l’intesa in quanto il riordino della contrattazione, così come definita, racchiude in sé provvedimenti che indeboliscono ulteriormente la condizione sociale ed economica dei lavoratori, delle lavoratrici e delle loro famiglie.
Le criticità più significative vanno ricercate nei seguenti punti:
a) la dinamica del calcolo del costo della vita avverrà attraverso l’IPCA (indice dei prezzi al consumo armonizzato in ambito europeo), che non terrà però in alcun conto l’aumento dei prezzi dei beni energetici importati;
b) si potranno stabilire deroghe al contratto nazionale di lavoro: in pratica “per consentire il raggiungimento di specifiche intese per governare, direttamente nel territorio o in azienda, situazioni di crisi o per favorire lo sviluppo economico ed occupazionale, le specifiche intese potranno definire apposite procedure, modalità e condizioni per modificare, in tutto o in parte, anche in via sperimentale e temporanea, singoli istituti economici o normativi dei contratti collettivi nazionali di lavoro di categoria”;
c) per il secondo livello di contrattazione gli incentivi economici vengono collegati al raggiungimento degli obiettivi di produttività, redditività, qualità, efficienza ed efficacia. Verranno altresì tenuti in considerazione altri elementi rilevanti ai fini del miglioramento della competitività come ad esempio i risultati legati all’andamento economico delle imprese. Un processo che nel suo insieme acquisterebbe valore dinanzi ad imprese virtuose e dinamiche: qualità molto spesso assenti all’interno di un sistema produttivo nazionale che, storicamente, investe pochissimo in innovazione e ricerca, oltre a trascurare le dinamiche connesse ai processi formativi, pilastri senza i quali difficilmente le aziende potranno crescere tanto da garantire la distribuzione di una parte della ricchezza prodotta. Va inoltre sottolineato come nel nostro Paese su 17 milioni di lavoratori solo 2 milioni usufruiscono della contrattazione di secondo livello: ciò significa che un’immensa platea di uomini e donne rischiano di non riuscire a recuperare lo scarto tra salario percepito e costo della vita;
d) nel settore del lavoro pubblico eventuali premi legati al conseguimento di obiettivi volti a migliorare la produttività e la qualità dei servizi offerti dovranno tener conto degli obiettivi di finanza pubblica: nei fatti ogni percorso teso a ottimizzare il proprio apporto professionale rischia di non godere di alcun processo di premialità;
e) solo l’insieme dei sindacati, rappresentativi della maggioranza dei lavoratori, possono proclamare gli scioperi al termine della tregua sindacale predefinita e riferita alla contrattazione di secondo livello nelle aziende dei servizi pubblici locali: nei fatti si viene a determinare la restrizione del diritto di sciopero.
L’insieme di queste complesse ed articolate problematiche ha indotto la Cgil ad indire un referendum nei luoghi di lavoro: ad ogni persona va riconosciuto il diritto di esprimere il proprio parere rispetto ad un impianto che rischia di cancellare le conquiste nate da decenni di lotte e sacrifici. ☺
Il 22 gennaio 2009 è stato siglato l’accordo sindacale sulla riforma degli assetti contrattuali: la Cgil non ha firmato l’intesa in quanto il riordino della contrattazione, così come definita, racchiude in sé provvedimenti che indeboliscono ulteriormente la condizione sociale ed economica dei lavoratori, delle lavoratrici e delle loro famiglie.
Le criticità più significative vanno ricercate nei seguenti punti:
a) la dinamica del calcolo del costo della vita avverrà attraverso l’IPCA (indice dei prezzi al consumo armonizzato in ambito europeo), che non terrà però in alcun conto l’aumento dei prezzi dei beni energetici importati;
b) si potranno stabilire deroghe al contratto nazionale di lavoro: in pratica “per consentire il raggiungimento di specifiche intese per governare, direttamente nel territorio o in azienda, situazioni di crisi o per favorire lo sviluppo economico ed occupazionale, le specifiche intese potranno definire apposite procedure, modalità e condizioni per modificare, in tutto o in parte, anche in via sperimentale e temporanea, singoli istituti economici o normativi dei contratti collettivi nazionali di lavoro di categoria”;
c) per il secondo livello di contrattazione gli incentivi economici vengono collegati al raggiungimento degli obiettivi di produttività, redditività, qualità, efficienza ed efficacia. Verranno altresì tenuti in considerazione altri elementi rilevanti ai fini del miglioramento della competitività come ad esempio i risultati legati all’andamento economico delle imprese. Un processo che nel suo insieme acquisterebbe valore dinanzi ad imprese virtuose e dinamiche: qualità molto spesso assenti all’interno di un sistema produttivo nazionale che, storicamente, investe pochissimo in innovazione e ricerca, oltre a trascurare le dinamiche connesse ai processi formativi, pilastri senza i quali difficilmente le aziende potranno crescere tanto da garantire la distribuzione di una parte della ricchezza prodotta. Va inoltre sottolineato come nel nostro Paese su 17 milioni di lavoratori solo 2 milioni usufruiscono della contrattazione di secondo livello: ciò significa che un’immensa platea di uomini e donne rischiano di non riuscire a recuperare lo scarto tra salario percepito e costo della vita;
d) nel settore del lavoro pubblico eventuali premi legati al conseguimento di obiettivi volti a migliorare la produttività e la qualità dei servizi offerti dovranno tener conto degli obiettivi di finanza pubblica: nei fatti ogni percorso teso a ottimizzare il proprio apporto professionale rischia di non godere di alcun processo di premialità;
e) solo l’insieme dei sindacati, rappresentativi della maggioranza dei lavoratori, possono proclamare gli scioperi al termine della tregua sindacale predefinita e riferita alla contrattazione di secondo livello nelle aziende dei servizi pubblici locali: nei fatti si viene a determinare la restrizione del diritto di sciopero.
L’insieme di queste complesse ed articolate problematiche ha indotto la Cgil ad indire un referendum nei luoghi di lavoro: ad ogni persona va riconosciuto il diritto di esprimere il proprio parere rispetto ad un impianto che rischia di cancellare le conquiste nate da decenni di lotte e sacrifici. ☺
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