I colori della morte
14 Novembre 2022
laFonteTV (3357 articles)
Share

I colori della morte

Molti anni fa scrivevo con uno “pseudonimo”. Ho scritto molte memorie su amici e colleghi deceduti ed altri articoli con contenuti differenti, per evitare non tanto l’identificazione, ma per superare l’ostacolo ideologico di chi mi etichettava con identificazione di “partito”. A sorpresa ne ho ritrovati molti su Google quando non ne conoscevo “limiti e ricchezza” (su Google: “Z’ Vassilucc – Z’ Vassilucc’e). Circa otto anni fa decisi di non scrivere più necrologi, se non in rare occasioni. Decisi, invece, di andare a trovare, sentire ed incontrare amici e colleghi da vivi e da vivo, per scambiarci un bicchiere di vino e di chiacchiere.

È la vita che ci rende riconoscibili, viventi e risorti. L’incontro al “funerale” è ormai l’incontro, senz’altro ricco di memorie del defunto ma funzionale ad un rito che “il morto” non vive e noi abbiamo bisogno di vita quando ci siamo. Vale per ogni stagione di uomini e donne, della politica e dei governi del pianeta. La memoria dei morti è un rituale dei vivi. Tra i vivi, ci sono quelli delle cerimonie e quelli che portano nel cuore i risorti … ciascuno i propri; altri portano “finalmen- te” il defunto. Non c’è differenza nelle memorie, se non quello che le azioni e la vita dei morti hanno manifestato. Le religioni, un po’ tutte, hanno “omologato la morte”, per cui le morti, sostanzialmente, sono tutte nelle mani del presunto Creatore che tutte, ritualmente, anche Lui, accoglie. Dal mio punto di vista, appare poco credibile che il Creatore accolga allo stesso modo tutti. Meno credibile, sicuramente, che riservi “una calda accoglienza” a quanti, in particolare quelli delle istituzioni pubbliche, siano responsabili di morti provocate. La loro morte non è meno morte degli altri e, anche se a loro è riservato un rituale di morte sfarzoso, rituale ad uso e consumo dei popoli sfruttati, non vengono certo cancellate le loro responsabilità. La morte è sicuramente una sorella che non fa sconti e ci rende tutti uguali. La storia e le nostre storie raccontano molte, talvolta troppe e tragiche “non comprensibili” morti. Sete di potere; incomprensibili sovranità; imperialismi; colonialismi; appropriazione di territori e terre; guerre, addirittura “anche” di religioni, sono tra le motivazioni “responsabili”. Morti per malattie; morti per malattie prodotte dal sistema economico; morti per incidenti stradali; morti per errori nelle sale operatorie; morti perché giallo, nero, indio … morti per cupidigia e sconvolgimenti mentali, appartengono agli incomprensibili accadimenti dell’esistere. L’elenco interminabile è sotto gli occhi di ciascuno di noi, talvolta nel nostro quotidiano, se solo ci fermassimo a riflettere … qual è la morte giusta? Il “Giusto” da che parte sta?

Oggi più di ieri siamo sopraffatti dalle cronache di morti e da retoriche del “non uno di più” – “non deve più succedere” – “mai più la guerra” … e continua ad esserci un mondo che si contrappone, si arma ed addirittura si prepara a guerre stellari. Dov’è la pace scritta su trattati e codici di tutte le nazioni esistenti e dei popoli del pianeta? Pace non c’era ieri e neanche oggi. Siamo comunque armati l’uno contro gli altri per rivendicare diritti e/o doveri omessi. L’uno contro l’altro che non è dissimile dall’una nazione contro l’altra, dove ciascuno dei contendenti cerca sostegni in altri pezzi della società e del pianeta. Per cosa, poi? … un pezzo di terra; una casa; un lavoro; un diverso orientamento sessuale, ideologico e di religione; un interesse economico e strategico per essere determinanti nell’economia globale del pianeta. Soldati feroci? Ad una donna dell’aereonautica è stato chiesto Lei ha mai ucciso? risposta: sono un soldato! tradotto significa: “Si”, un soldato in guerra uccide, non distribuisce pane ai popoli. Coloro che hanno responsabilità nei conflitti, si affrettano ad affermare che sono errori, come se la bomba che cade potesse fare una distinzione di morti provocati. È una follia la guerra! Sono follie le morti per omissioni di stati e singole persone, perché la responsabilità è individuale.

Ho chiesto a “Sorella Morte”: Tu che ne pensi? Mi ha guardato con un sorriso inconsueto nelle icone che la rappresentano, ed ha sussurrato: Mio caro, anch’io sono una vittima dei luoghi comuni funzionali a quanti determinano le sottrazioni di vita. Rappresentandomi con quella stupida falce, lavano le loro coscienze ingiallite, attribuendomi responsabilità che non ho, perché io sono una levatrice di vita e, con tenerezza, raccolgo corpi che concludono il loro camino o che altri hanno devastato. Aggiungendo sottovoce mio caro, io sono l’arcobaleno!

Mi ha salutato apparendomi con un vestito di luce, immersa nei colori di quell’arcobaleno che colora le nostre vite, i nostri sogni e la speranza di pace. ☺

 

laFonteTV

laFonteTV