“C’è chi nasconde i fatti perché contraddicono la linea del giornale […] perché l’editore preferisce così […] C’è chi nasconde i fatti perché altrimenti poi tolgono la pubblicità al giornale […] C’è chi nasconde i fatti perché deve tutto a quella persona e non vuole deluderla […] C’è chi nasconde i fatti perché così, poi, magari, ci scappa una consulenza col governo o con la Rai…”.
Oggi più che mai La scomparsa dei fatti di Marco Travaglio, che racconta le derive del giornalismo italiano, sembra parlare della nostra regione. Dove c’è chi avrebbe nascosto i fatti per estorcere denaro, come l’editore (fallito) de La Gazzetta del Molise. E c’è chi avrebbe distorto i fatti sempre a favore dell’ex governatore, in cambio di finanziamenti, pubblicità, noleggi esosi, come l’editore e la direttrice di Telemolise. Entrambe le testate, secondo la Procura di Campobasso, avrebbero ceduto a Iorio il controllo editoriale de facto.
Lungi dal voler passare per “forcaioli” e con l’obbligo del condizionale dinanzi a fatti non ancora accertati, quello che ci preme analizzare qui è perché siano scomparsi i fatti. Il paniere informativo nazionale è caratterizzato dall’assenza di editori puri. L’editore “puro” si distingue da quello che vanta interessi extraeditoriali più forti, che siano essi politici, industriali o lobbistici. Una delle cause della proliferazione di editori politicizzati può essere ricercata nella legislazione inerente gli aiuti pubblici all’editoria. Ampliati con diversi interventi, l’ultimo nel 2001, sono erogati riconoscendo lo status di “organo di partito o movimento politico” alla testata che ottenga l’egida di almeno due parlamentari. In Molise questo modello sembrerebbe addirittura superato, passando per rapporti fiduciari (a volte estorsivi) tra direttori, editori, governatore, funzionari e dirigenti di aziende pubbliche, accomunati da un “disegno criminoso”. Almeno ai tempi del “Sistema Iorio”. Almeno secondo gli inquirenti.
Ma perché accanirsi tanto sulla montagna che ha partorito un topolino? Il delicato equilibrio tra pesi e contrappesi è a fondamento di qualunque democrazia matura. E i media influenzano le scelte politiche dell’opinione pubblica, così come la sua agenda setting, ovvero temi e priorità di cui discute. E questo condizionamento è ancor più incisivo quando a scarseggiare è il pluralismo dell’informazione. Come in Molise, regione all’ultimo posto in Italia per consumo di quotidiani. Tradotto: la maggior parte dei cittadini s’informa quasi esclusivamente attraverso la tv. E se l’offerta televisiva privata è dominata da un’emittente che, a torto o a ragione, è politicamente schierata, questo è un male che va ben oltre i presunti reati da accertare. Da questo quadro pessimistico si aprono, tuttavia, spiragli di soluzione. Se è vero che negli ultimi cinquant’anni la televisione ha quasi decretato la morte della carta stampata, è altrettanto vero che il web sta via via surclassando il vecchio tubo catodico. Ma questa rivoluzione non è indolore. A farne le spese, troppo spesso, è la qualità dell’ informazione e il cittadino che decide di informarsi sulla rete si può trovare al cospetto di fake (false notizie) o avere difficoltà nel capire di quale blog fidarsi, data la moltiplicazione esponenziale di pagine prive di autorevolezza e professionalità. Cosa che non si può dire dell’antesignano regionale primonumero.it, recentemente attaccato per un banale refuso dai due rappresentanti molisani presso il Consiglio nazionale dell’Ordine dei Giornalisti: costoro hanno ritenuto di spendere un’intera pagina per bacchettare i colleghi del quotidiano online, rei di aver preannunciato un dibattimento in assenza di rinvio a giudizio, ma neanche una riga sulla pericolosa commistione tra due poteri – informazione e politica – che per antonomasia dovrebbero essere separati.
Quale sia la soluzione a questi problemi endemici non è dato saperlo. Possiamo solo auspicare lo sviluppo di stampa, tv e blog avulsi da interessi particolaristici, che vivano sul mercato. Giornalisti o editori che devono tutto alla politica non possono pretendere di criticarla in maniera credibile. Tornando al nostro esempio, sembra che Telemolise abbia ritrovato uno spirito critico con le sue battaglie contro i presunti interessi privati del governatore Frattura sugli impianti a biomasse. Intendiamoci, è pacifico che una testata giornalistica faccia le pulci alla politica. Ciò che non va è il legittimo sospetto che la vis polemica sia dettata da pulsioni politiche, in linea con quanto contestato alla direttrice e all’editore dalla Procura. E questo può finire col disaffezionare il pubblico ad una battaglia che potrebbe anche essere meritoria. Il pubblico, i cittadini indignati e le associazioni che si battono in difesa del territorio meritano che le loro istanze siano affrontate con la dovuta imparzialità, in difesa degli interessi collettivi, con la sola regola del rispetto della verità. E bramano soluzioni, che una stampa attenta, libera, potrebbe e dovrebbe suggerire. ☺
“C’è chi nasconde i fatti perché contraddicono la linea del giornale […] perché l’editore preferisce così […] C’è chi nasconde i fatti perché altrimenti poi tolgono la pubblicità al giornale […] C’è chi nasconde i fatti perché deve tutto a quella persona e non vuole deluderla […] C’è chi nasconde i fatti perché così, poi, magari, ci scappa una consulenza col governo o con la Rai…”.
Oggi più che mai La scomparsa dei fatti di Marco Travaglio, che racconta le derive del giornalismo italiano, sembra parlare della nostra regione. Dove c’è chi avrebbe nascosto i fatti per estorcere denaro, come l’editore (fallito) de La Gazzetta del Molise. E c’è chi avrebbe distorto i fatti sempre a favore dell’ex governatore, in cambio di finanziamenti, pubblicità, noleggi esosi, come l’editore e la direttrice di Telemolise. Entrambe le testate, secondo la Procura di Campobasso, avrebbero ceduto a Iorio il controllo editoriale de facto.
Lungi dal voler passare per “forcaioli” e con l’obbligo del condizionale dinanzi a fatti non ancora accertati, quello che ci preme analizzare qui è perché siano scomparsi i fatti. Il paniere informativo nazionale è caratterizzato dall’assenza di editori puri. L’editore “puro” si distingue da quello che vanta interessi extraeditoriali più forti, che siano essi politici, industriali o lobbistici. Una delle cause della proliferazione di editori politicizzati può essere ricercata nella legislazione inerente gli aiuti pubblici all’editoria. Ampliati con diversi interventi, l’ultimo nel 2001, sono erogati riconoscendo lo status di “organo di partito o movimento politico” alla testata che ottenga l’egida di almeno due parlamentari. In Molise questo modello sembrerebbe addirittura superato, passando per rapporti fiduciari (a volte estorsivi) tra direttori, editori, governatore, funzionari e dirigenti di aziende pubbliche, accomunati da un “disegno criminoso”. Almeno ai tempi del “Sistema Iorio”. Almeno secondo gli inquirenti.
Ma perché accanirsi tanto sulla montagna che ha partorito un topolino? Il delicato equilibrio tra pesi e contrappesi è a fondamento di qualunque democrazia matura. E i media influenzano le scelte politiche dell’opinione pubblica, così come la sua agenda setting, ovvero temi e priorità di cui discute. E questo condizionamento è ancor più incisivo quando a scarseggiare è il pluralismo dell’informazione. Come in Molise, regione all’ultimo posto in Italia per consumo di quotidiani. Tradotto: la maggior parte dei cittadini s’informa quasi esclusivamente attraverso la tv. E se l’offerta televisiva privata è dominata da un’emittente che, a torto o a ragione, è politicamente schierata, questo è un male che va ben oltre i presunti reati da accertare. Da questo quadro pessimistico si aprono, tuttavia, spiragli di soluzione. Se è vero che negli ultimi cinquant’anni la televisione ha quasi decretato la morte della carta stampata, è altrettanto vero che il web sta via via surclassando il vecchio tubo catodico. Ma questa rivoluzione non è indolore. A farne le spese, troppo spesso, è la qualità dell’ informazione e il cittadino che decide di informarsi sulla rete si può trovare al cospetto di fake (false notizie) o avere difficoltà nel capire di quale blog fidarsi, data la moltiplicazione esponenziale di pagine prive di autorevolezza e professionalità. Cosa che non si può dire dell’antesignano regionale primonumero.it, recentemente attaccato per un banale refuso dai due rappresentanti molisani presso il Consiglio nazionale dell’Ordine dei Giornalisti: costoro hanno ritenuto di spendere un’intera pagina per bacchettare i colleghi del quotidiano online, rei di aver preannunciato un dibattimento in assenza di rinvio a giudizio, ma neanche una riga sulla pericolosa commistione tra due poteri – informazione e politica – che per antonomasia dovrebbero essere separati.
Quale sia la soluzione a questi problemi endemici non è dato saperlo. Possiamo solo auspicare lo sviluppo di stampa, tv e blog avulsi da interessi particolaristici, che vivano sul mercato. Giornalisti o editori che devono tutto alla politica non possono pretendere di criticarla in maniera credibile. Tornando al nostro esempio, sembra che Telemolise abbia ritrovato uno spirito critico con le sue battaglie contro i presunti interessi privati del governatore Frattura sugli impianti a biomasse. Intendiamoci, è pacifico che una testata giornalistica faccia le pulci alla politica. Ciò che non va è il legittimo sospetto che la vis polemica sia dettata da pulsioni politiche, in linea con quanto contestato alla direttrice e all’editore dalla Procura. E questo può finire col disaffezionare il pubblico ad una battaglia che potrebbe anche essere meritoria. Il pubblico, i cittadini indignati e le associazioni che si battono in difesa del territorio meritano che le loro istanze siano affrontate con la dovuta imparzialità, in difesa degli interessi collettivi, con la sola regola del rispetto della verità. E bramano soluzioni, che una stampa attenta, libera, potrebbe e dovrebbe suggerire. ☺
“C’è chi nasconde i fatti perché contraddicono la linea del giornale […] perché l’editore preferisce così […] C’è chi nasconde i fatti perché altrimenti poi tolgono la pubblicità al giornale […]
“C’è chi nasconde i fatti perché contraddicono la linea del giornale […] perché l’editore preferisce così […] C’è chi nasconde i fatti perché altrimenti poi tolgono la pubblicità al giornale […] C’è chi nasconde i fatti perché deve tutto a quella persona e non vuole deluderla […] C’è chi nasconde i fatti perché così, poi, magari, ci scappa una consulenza col governo o con la Rai…”.
Oggi più che mai La scomparsa dei fatti di Marco Travaglio, che racconta le derive del giornalismo italiano, sembra parlare della nostra regione. Dove c’è chi avrebbe nascosto i fatti per estorcere denaro, come l’editore (fallito) de La Gazzetta del Molise. E c’è chi avrebbe distorto i fatti sempre a favore dell’ex governatore, in cambio di finanziamenti, pubblicità, noleggi esosi, come l’editore e la direttrice di Telemolise. Entrambe le testate, secondo la Procura di Campobasso, avrebbero ceduto a Iorio il controllo editoriale de facto.
Lungi dal voler passare per “forcaioli” e con l’obbligo del condizionale dinanzi a fatti non ancora accertati, quello che ci preme analizzare qui è perché siano scomparsi i fatti. Il paniere informativo nazionale è caratterizzato dall’assenza di editori puri. L’editore “puro” si distingue da quello che vanta interessi extraeditoriali più forti, che siano essi politici, industriali o lobbistici. Una delle cause della proliferazione di editori politicizzati può essere ricercata nella legislazione inerente gli aiuti pubblici all’editoria. Ampliati con diversi interventi, l’ultimo nel 2001, sono erogati riconoscendo lo status di “organo di partito o movimento politico” alla testata che ottenga l’egida di almeno due parlamentari. In Molise questo modello sembrerebbe addirittura superato, passando per rapporti fiduciari (a volte estorsivi) tra direttori, editori, governatore, funzionari e dirigenti di aziende pubbliche, accomunati da un “disegno criminoso”. Almeno ai tempi del “Sistema Iorio”. Almeno secondo gli inquirenti.
Ma perché accanirsi tanto sulla montagna che ha partorito un topolino? Il delicato equilibrio tra pesi e contrappesi è a fondamento di qualunque democrazia matura. E i media influenzano le scelte politiche dell’opinione pubblica, così come la sua agenda setting, ovvero temi e priorità di cui discute. E questo condizionamento è ancor più incisivo quando a scarseggiare è il pluralismo dell’informazione. Come in Molise, regione all’ultimo posto in Italia per consumo di quotidiani. Tradotto: la maggior parte dei cittadini s’informa quasi esclusivamente attraverso la tv. E se l’offerta televisiva privata è dominata da un’emittente che, a torto o a ragione, è politicamente schierata, questo è un male che va ben oltre i presunti reati da accertare. Da questo quadro pessimistico si aprono, tuttavia, spiragli di soluzione. Se è vero che negli ultimi cinquant’anni la televisione ha quasi decretato la morte della carta stampata, è altrettanto vero che il web sta via via surclassando il vecchio tubo catodico. Ma questa rivoluzione non è indolore. A farne le spese, troppo spesso, è la qualità dell’ informazione e il cittadino che decide di informarsi sulla rete si può trovare al cospetto di fake (false notizie) o avere difficoltà nel capire di quale blog fidarsi, data la moltiplicazione esponenziale di pagine prive di autorevolezza e professionalità. Cosa che non si può dire dell’antesignano regionale primonumero.it, recentemente attaccato per un banale refuso dai due rappresentanti molisani presso il Consiglio nazionale dell’Ordine dei Giornalisti: costoro hanno ritenuto di spendere un’intera pagina per bacchettare i colleghi del quotidiano online, rei di aver preannunciato un dibattimento in assenza di rinvio a giudizio, ma neanche una riga sulla pericolosa commistione tra due poteri – informazione e politica – che per antonomasia dovrebbero essere separati.
Quale sia la soluzione a questi problemi endemici non è dato saperlo. Possiamo solo auspicare lo sviluppo di stampa, tv e blog avulsi da interessi particolaristici, che vivano sul mercato. Giornalisti o editori che devono tutto alla politica non possono pretendere di criticarla in maniera credibile. Tornando al nostro esempio, sembra che Telemolise abbia ritrovato uno spirito critico con le sue battaglie contro i presunti interessi privati del governatore Frattura sugli impianti a biomasse. Intendiamoci, è pacifico che una testata giornalistica faccia le pulci alla politica. Ciò che non va è il legittimo sospetto che la vis polemica sia dettata da pulsioni politiche, in linea con quanto contestato alla direttrice e all’editore dalla Procura. E questo può finire col disaffezionare il pubblico ad una battaglia che potrebbe anche essere meritoria. Il pubblico, i cittadini indignati e le associazioni che si battono in difesa del territorio meritano che le loro istanze siano affrontate con la dovuta imparzialità, in difesa degli interessi collettivi, con la sola regola del rispetto della verità. E bramano soluzioni, che una stampa attenta, libera, potrebbe e dovrebbe suggerire. ☺
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