i ritardi del mese di Antonello Miccoli | La Fonte TV
In questi mesi, in ogni parte del Paese, si stanno affrontando i temi relativi alla Programmazione dei Fondi Comunitari 2014/2020: tale processo imporrà, alla stessa regione Molise, di elaborare nuovi Programmi Operativi. Il percorso, che sarà posto in atto, potrà divenire l’occasione per affrontare un insieme di problematiche irrisolte: si tratta soprattutto di far superare al territorio regionale gli innumerevoli ritardi, di ordine economico e sociale, che continuano a limitare e a frenare la crescita della nostra area geografica. Bisogna in primo luogo favorire l’innalzamento culturale di quel 47,5% della popolazione che non ha conseguito alcun titolo o al massimo risulta essere in possesso del diploma di licenza media inferiore. Nel contempo s’impone di limitare il numero di quanti, tra i 15 ed i 29 anni, non risultano -nella misura del 22,8% – né occupati e né inseriti in un percorso di istruzione o formazione. A questi dati, non lusinghieri, bisogna aggiungere i deficit provenienti dagli scarsi investimenti in ricerca e sviluppo: 0,51% del Pil; dato che, se rapportato alle imprese raggiunge lo 0,05%. Le stesse imprese innovatrici, con almeno 10 addetti, non superano il 16,5%, contro il 32,6% dell’Abruzzo ed il 29,2% della Valle D’Aosta.
La fragilità della ricerca proviene anche dal numero di operatori: ogni mille abitanti, si contano solo 1,3 addetti contro i 2,5 della Valle D’Aosta ed i 2,4 dell’ Abruzzo. Gli stessi laureati in discipline tecnico-scientifiche, con un’età compresa tra i 20 ed i 29 anni, non superano i 2,7 in relazione a mille residenti rapportati a questa specifica fascia anagrafica. Tali dati potrebbero spiegare perché la stessa produttività del lavoro (per unità produttiva) risulti avere il rendimento più basso d’Italia dopo la Calabria: tale rapporto nel 2000 era pari a 45 (migliaia di euro), nel 2011 è sceso a 43,4 (-3,6%). Un ulteriore anello debole è dato dalle esportazioni: nel periodo 2006/2011 si è registrata la flessione più alta del Paese (-34,7% con un evidente crollo verso i paesi extra-europei -51,2%). La fragilità del sistema si riflette pesantemente sui livelli occupazionali: nel quarto trimestre 2012 gli occupati erano 105.000; nel primo trimestre 2013 sono scesi a 97.000. I disoccupati nel quarto trimestre 2012 erano 14.076; nel primo trimestre 2013 sono saliti a 19.000. Gli inattivi (15 anni e più) al primo trimestre 2013 si sono attestati a 161.527: di cui 64.656 uomini e 96.871 donne. Vi sono poi migliaia di persone che devono fare i conti con gli ammortizzatori sociali. Su questo versante a giugno 2013 si sono registrate: 1.823.023 ore di Cassa integrazione guadagni ordinaria (+110,79% rispetto all’anno precedente: questa evoluzione assegna al Molise il dato più alto d’Italia; i dipendenti coinvolti risultano essere 3.533 mentre a gennaio erano 1.842). La stessa Cassa Integrazione Straordinaria ha subito un incremento: 1.231.837 ore (+28,83%); i soggetti coinvolti risultano essere 2.387.
Le dinamiche dello sviluppo implicano impegno, lungimiranza e capacità di cogliere i punti di forza e di debolezza dell’intero tessuto territoriale. Negli anni passati questo non è avvenuto: si consideri ad esempio la rete ferroviaria che, ancora oggi, ha il 74% della tratta a binario unico non elettrificato. Altri ci raccontano la storia di una regione che ha considerato turismo ed agro-alimentare possibili volani per lo sviluppo. Peccato che i dati ci pongono dinanzi ad una realtà completamente diversa: nel 2011 gli esercizi alberghieri ed extra alberghieri contavano ancora 11.435 posti letto, contro i 53.296 della Valle D’Aosta ed i 39.040 della Basilicata; i trasformatori di prodotti agroalimentari di qualità tra il 2010 ed il 2011 sono calati del 6,1%: lo stesso settore in tutte le regioni del Sud ha segnato degli avanzamenti.
Ai politici, ai tecnici ed all’intera classe dirigente del Molise, s’impone dunque il compito di strutturare una progettazione in grado di garantire uno sviluppo vero e sostenuto. Il perdurare di scelte strategiche non idonee ai bisogni del territorio non consentirà al Molise di proiettarsi verso standard economici più elevati, ma soprattutto favorirà un’ulteriore pesante e pericolosa regressione socio-economica. ☺
a.miccoli@cgilmolise.it
In questi mesi, in ogni parte del Paese, si stanno affrontando i temi relativi alla Programmazione dei Fondi Comunitari 2014/2020: tale processo imporrà, alla stessa regione Molise, di elaborare nuovi Programmi Operativi. Il percorso, che sarà posto in atto, potrà divenire l’occasione per affrontare un insieme di problematiche irrisolte: si tratta soprattutto di far superare al territorio regionale gli innumerevoli ritardi, di ordine economico e sociale, che continuano a limitare e a frenare la crescita della nostra area geografica. Bisogna in primo luogo favorire l’innalzamento culturale di quel 47,5% della popolazione che non ha conseguito alcun titolo o al massimo risulta essere in possesso del diploma di licenza media inferiore. Nel contempo s’impone di limitare il numero di quanti, tra i 15 ed i 29 anni, non risultano -nella misura del 22,8% – né occupati e né inseriti in un percorso di istruzione o formazione. A questi dati, non lusinghieri, bisogna aggiungere i deficit provenienti dagli scarsi investimenti in ricerca e sviluppo: 0,51% del Pil; dato che, se rapportato alle imprese raggiunge lo 0,05%. Le stesse imprese innovatrici, con almeno 10 addetti, non superano il 16,5%, contro il 32,6% dell’Abruzzo ed il 29,2% della Valle D’Aosta.
La fragilità della ricerca proviene anche dal numero di operatori: ogni mille abitanti, si contano solo 1,3 addetti contro i 2,5 della Valle D’Aosta ed i 2,4 dell’ Abruzzo. Gli stessi laureati in discipline tecnico-scientifiche, con un’età compresa tra i 20 ed i 29 anni, non superano i 2,7 in relazione a mille residenti rapportati a questa specifica fascia anagrafica. Tali dati potrebbero spiegare perché la stessa produttività del lavoro (per unità produttiva) risulti avere il rendimento più basso d’Italia dopo la Calabria: tale rapporto nel 2000 era pari a 45 (migliaia di euro), nel 2011 è sceso a 43,4 (-3,6%). Un ulteriore anello debole è dato dalle esportazioni: nel periodo 2006/2011 si è registrata la flessione più alta del Paese (-34,7% con un evidente crollo verso i paesi extra-europei -51,2%). La fragilità del sistema si riflette pesantemente sui livelli occupazionali: nel quarto trimestre 2012 gli occupati erano 105.000; nel primo trimestre 2013 sono scesi a 97.000. I disoccupati nel quarto trimestre 2012 erano 14.076; nel primo trimestre 2013 sono saliti a 19.000. Gli inattivi (15 anni e più) al primo trimestre 2013 si sono attestati a 161.527: di cui 64.656 uomini e 96.871 donne. Vi sono poi migliaia di persone che devono fare i conti con gli ammortizzatori sociali. Su questo versante a giugno 2013 si sono registrate: 1.823.023 ore di Cassa integrazione guadagni ordinaria (+110,79% rispetto all’anno precedente: questa evoluzione assegna al Molise il dato più alto d’Italia; i dipendenti coinvolti risultano essere 3.533 mentre a gennaio erano 1.842). La stessa Cassa Integrazione Straordinaria ha subito un incremento: 1.231.837 ore (+28,83%); i soggetti coinvolti risultano essere 2.387.
Le dinamiche dello sviluppo implicano impegno, lungimiranza e capacità di cogliere i punti di forza e di debolezza dell’intero tessuto territoriale. Negli anni passati questo non è avvenuto: si consideri ad esempio la rete ferroviaria che, ancora oggi, ha il 74% della tratta a binario unico non elettrificato. Altri ci raccontano la storia di una regione che ha considerato turismo ed agro-alimentare possibili volani per lo sviluppo. Peccato che i dati ci pongono dinanzi ad una realtà completamente diversa: nel 2011 gli esercizi alberghieri ed extra alberghieri contavano ancora 11.435 posti letto, contro i 53.296 della Valle D’Aosta ed i 39.040 della Basilicata; i trasformatori di prodotti agroalimentari di qualità tra il 2010 ed il 2011 sono calati del 6,1%: lo stesso settore in tutte le regioni del Sud ha segnato degli avanzamenti.
Ai politici, ai tecnici ed all’intera classe dirigente del Molise, s’impone dunque il compito di strutturare una progettazione in grado di garantire uno sviluppo vero e sostenuto. Il perdurare di scelte strategiche non idonee ai bisogni del territorio non consentirà al Molise di proiettarsi verso standard economici più elevati, ma soprattutto favorirà un’ulteriore pesante e pericolosa regressione socio-economica. ☺
In questi mesi, in ogni parte del Paese, si stanno affrontando i temi relativi alla Programmazione dei Fondi Comunitari 2014/2020: tale processo imporrà, alla stessa regione Molise, di elaborare nuovi Programmi Operativi. Il percorso, che sarà posto in atto, potrà divenire l’occasione per affrontare un insieme di problematiche irrisolte: si tratta soprattutto di far superare al territorio regionale gli innumerevoli ritardi, di ordine economico e sociale, che continuano a limitare e a frenare la crescita della nostra area geografica. Bisogna in primo luogo favorire l’innalzamento culturale di quel 47,5% della popolazione che non ha conseguito alcun titolo o al massimo risulta essere in possesso del diploma di licenza media inferiore. Nel contempo s’impone di limitare il numero di quanti, tra i 15 ed i 29 anni, non risultano -nella misura del 22,8% – né occupati e né inseriti in un percorso di istruzione o formazione. A questi dati, non lusinghieri, bisogna aggiungere i deficit provenienti dagli scarsi investimenti in ricerca e sviluppo: 0,51% del Pil; dato che, se rapportato alle imprese raggiunge lo 0,05%. Le stesse imprese innovatrici, con almeno 10 addetti, non superano il 16,5%, contro il 32,6% dell’Abruzzo ed il 29,2% della Valle D’Aosta.
La fragilità della ricerca proviene anche dal numero di operatori: ogni mille abitanti, si contano solo 1,3 addetti contro i 2,5 della Valle D’Aosta ed i 2,4 dell’ Abruzzo. Gli stessi laureati in discipline tecnico-scientifiche, con un’età compresa tra i 20 ed i 29 anni, non superano i 2,7 in relazione a mille residenti rapportati a questa specifica fascia anagrafica. Tali dati potrebbero spiegare perché la stessa produttività del lavoro (per unità produttiva) risulti avere il rendimento più basso d’Italia dopo la Calabria: tale rapporto nel 2000 era pari a 45 (migliaia di euro), nel 2011 è sceso a 43,4 (-3,6%). Un ulteriore anello debole è dato dalle esportazioni: nel periodo 2006/2011 si è registrata la flessione più alta del Paese (-34,7% con un evidente crollo verso i paesi extra-europei -51,2%). La fragilità del sistema si riflette pesantemente sui livelli occupazionali: nel quarto trimestre 2012 gli occupati erano 105.000; nel primo trimestre 2013 sono scesi a 97.000. I disoccupati nel quarto trimestre 2012 erano 14.076; nel primo trimestre 2013 sono saliti a 19.000. Gli inattivi (15 anni e più) al primo trimestre 2013 si sono attestati a 161.527: di cui 64.656 uomini e 96.871 donne. Vi sono poi migliaia di persone che devono fare i conti con gli ammortizzatori sociali. Su questo versante a giugno 2013 si sono registrate: 1.823.023 ore di Cassa integrazione guadagni ordinaria (+110,79% rispetto all’anno precedente: questa evoluzione assegna al Molise il dato più alto d’Italia; i dipendenti coinvolti risultano essere 3.533 mentre a gennaio erano 1.842). La stessa Cassa Integrazione Straordinaria ha subito un incremento: 1.231.837 ore (+28,83%); i soggetti coinvolti risultano essere 2.387.
Le dinamiche dello sviluppo implicano impegno, lungimiranza e capacità di cogliere i punti di forza e di debolezza dell’intero tessuto territoriale. Negli anni passati questo non è avvenuto: si consideri ad esempio la rete ferroviaria che, ancora oggi, ha il 74% della tratta a binario unico non elettrificato. Altri ci raccontano la storia di una regione che ha considerato turismo ed agro-alimentare possibili volani per lo sviluppo. Peccato che i dati ci pongono dinanzi ad una realtà completamente diversa: nel 2011 gli esercizi alberghieri ed extra alberghieri contavano ancora 11.435 posti letto, contro i 53.296 della Valle D’Aosta ed i 39.040 della Basilicata; i trasformatori di prodotti agroalimentari di qualità tra il 2010 ed il 2011 sono calati del 6,1%: lo stesso settore in tutte le regioni del Sud ha segnato degli avanzamenti.
Ai politici, ai tecnici ed all’intera classe dirigente del Molise, s’impone dunque il compito di strutturare una progettazione in grado di garantire uno sviluppo vero e sostenuto. Il perdurare di scelte strategiche non idonee ai bisogni del territorio non consentirà al Molise di proiettarsi verso standard economici più elevati, ma soprattutto favorirà un’ulteriore pesante e pericolosa regressione socio-economica. ☺
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