Facciamo tutti i giorni i conti con atteggiamenti e comportamenti improntati a fastidio, a rabbia talvolta, dimostrando quanto siamo condizionati dai ritmi assurdi della vita odierna che li determina; inoltre, ci contraddistinguono distrazione e superficialità nei confronti di quanti tentano un dialogo con noi, spesso distratti o disinteressati. Forme di prepotenza ingiustificata o per esempio di disprezzo del codice della strada sono episodi correntemente verificabili nella nostra quotidianità: ed allora, giù con improperi, maledizioni, scatti di irascibilità inappropriata.
L’ira come “rabbia” è l’impeto violento ed irrazionale che noi rivolgiamo contro gli altri; talvolta, questo comportamento si accompagna con azioni di violenza e di aggressione, di cui un esempio evidente è la rabbia degli immigrati a Casal di Principe, aggrediti ed uccisi in un bar del paese, mentre tranquillamente parlavano fra di loro. La “rabbia” è quella espressa dagli immigrati a Rosarno nei primi giorni di gennaio di quest’anno per contrastare le forme di atteggiamenti, di altezzosi comportamenti dei rosarnesi nei confronti dei “pezzenti”, degli “ultimi” che hanno osato “prendere il posto di lavoro” ai residenti!
La “rabbia” irosa e violenta, il furore collerico della massa dei lavoratori sono esplosi quando non ci sono state più le occasioni di un confronto civile.
Questa rabbia classista, questo disprezzo iconoclastico si esprimono in mille modi, spesso contrapposti e completamente differenziati fra di loro: è la rabbia politica e civile che ha determinato Piazzale Loreto nell’Aprile del 1945, ponendo fine all’esperienza tormentata, ed esiziale per la comunità nazionale, del fascismo e dell’irrazionale prospettiva di potenza colonialistica che l’Italia “stracciona” aveva espresso in quegli anni di atroci sofferenze.
È la rabbia dei rumeni che una ventina di anni fa hanno posto fine ad una forma di comunismo, quella di Ceaucescu e del suo superbo e nepotistico entourage, che è stata la negazione dei principi politici, ideologici, programmatici e ideali della Rivoluzione bolscevica. La “rabbia”, poi, come indignazione violenta e collerica, è stata quella dell’antifascismo e della Resistenza, quella di tanti episodi di atroce vendetta civile che si è espressa con i “gulag” sovietici o con i campi di rieducazione maoista.
L’ira, come peccato capitale nella teologia cattolica, esprime un ingiusto e smisurato desiderio di vendetta; di ciò sono esempi le faide familiari di matrice mafiosa e camorristica; la ritorsione o la resa dei conti (le foibe sono un esempio molto evidente di questo comportamento aggressivo e violento la cui logica si muove lungo l’asse della spirale di violenza senza fine); la rabbia della classe operaia o del ceto medio borghese che vedono ridotte le speranze di vita a causa della crisi economica e finanziaria pilotata, governata dai grandi capitali o dalle banche. Al danno si accompagna la beffa della riduzione del potere d’acquisto del denaro.
L’ira è l’indignazione e l’incredulità furente dei pacifisti che assistono – paralizzati – al vilipendio dell’art. 11 della Carta Costituzionale o che fiaccamente reagiscono all’incriminazione del personale medico di Emergency accusato in Afganistan di essere complice del terrorismo di Al Qaeda o di quello genericamente indicato come “terrorismo internazionale”.
L’ira è il disprezzo di chi si costruisce una legislazione ad personam contrastando ed annullando la legislazione italiana che sottolinea la eguale condizione di tutti verso le leggi e al contempo l’obbligatorietà dell’azione penale nei confronti dei cittadini di qualsiasi estrazione sociale.
L’ira biblica è la collera giusta e punitrice di Dio verso l’uomo – ira Dei adit hominem -: ricordiamoci dell’arca di Noé e del nuovo ciclo vitale per l’umanità!
L’ira è la furia del vento distruttore, del fuoco che arde senza controllo, del mare che inghiotte le barche dei marinai…
L’ira è l’irascibilità intesa come tensione verso un atteggiamento irrazionale. L’ira è la collera punitrice che nasce da una giusta causa: per esempio, in Omero è l’ira del truce Achille che provoca ulteriori lutti ai suoi compagni nella guerra iliaca.
L’indignazione è anche l’incredulità di noi tutti di fronte al comportamento filisteo e carognesco del sindaco di Adro, paese in provincia di Brescia, che nega i buoni-pasto a 40 bambini della locale scuola elementare con la motivazione che i loro genitori non avrebbero corrisposto le somme dovute al comune come quota spettante alle famiglie dei bambini.
Questa è la vergogna che civilmente scatena una furiosa rabbia in noi, spinti ad urlare verso il cielo la nostra incredulità di fronte a tale infido comportamento. Meno male che c’è un signore ad Adro – “Il Manifesto” del 13 Aprile c.a. -, il quale, pur definendosi di destra, dimostra di essere una persona generosa e retta, in quanto assume su di sé tutto il debito monetario che le famiglie degli immigrati hanno accumulato nei confronti dell’amministrazione comunale. Questo è un chiaro esempio di generosità civile che ci invita, al di là di tutto, ad essere ottimisti verso la vita e gli uomini, anche se questi ultimi sono responsabili della cosiddetta “discesa agli inferi”.
Siamo convinti che questo esempio fulgido e ad oggi unico sia la prova che un mondo, migliore di questo attuale, sia possibile realizzarlo.☺
bar.novelli@micso.net
Facciamo tutti i giorni i conti con atteggiamenti e comportamenti improntati a fastidio, a rabbia talvolta, dimostrando quanto siamo condizionati dai ritmi assurdi della vita odierna che li determina; inoltre, ci contraddistinguono distrazione e superficialità nei confronti di quanti tentano un dialogo con noi, spesso distratti o disinteressati. Forme di prepotenza ingiustificata o per esempio di disprezzo del codice della strada sono episodi correntemente verificabili nella nostra quotidianità: ed allora, giù con improperi, maledizioni, scatti di irascibilità inappropriata.
L’ira come “rabbia” è l’impeto violento ed irrazionale che noi rivolgiamo contro gli altri; talvolta, questo comportamento si accompagna con azioni di violenza e di aggressione, di cui un esempio evidente è la rabbia degli immigrati a Casal di Principe, aggrediti ed uccisi in un bar del paese, mentre tranquillamente parlavano fra di loro. La “rabbia” è quella espressa dagli immigrati a Rosarno nei primi giorni di gennaio di quest’anno per contrastare le forme di atteggiamenti, di altezzosi comportamenti dei rosarnesi nei confronti dei “pezzenti”, degli “ultimi” che hanno osato “prendere il posto di lavoro” ai residenti!
La “rabbia” irosa e violenta, il furore collerico della massa dei lavoratori sono esplosi quando non ci sono state più le occasioni di un confronto civile.
Questa rabbia classista, questo disprezzo iconoclastico si esprimono in mille modi, spesso contrapposti e completamente differenziati fra di loro: è la rabbia politica e civile che ha determinato Piazzale Loreto nell’Aprile del 1945, ponendo fine all’esperienza tormentata, ed esiziale per la comunità nazionale, del fascismo e dell’irrazionale prospettiva di potenza colonialistica che l’Italia “stracciona” aveva espresso in quegli anni di atroci sofferenze.
È la rabbia dei rumeni che una ventina di anni fa hanno posto fine ad una forma di comunismo, quella di Ceaucescu e del suo superbo e nepotistico entourage, che è stata la negazione dei principi politici, ideologici, programmatici e ideali della Rivoluzione bolscevica. La “rabbia”, poi, come indignazione violenta e collerica, è stata quella dell’antifascismo e della Resistenza, quella di tanti episodi di atroce vendetta civile che si è espressa con i “gulag” sovietici o con i campi di rieducazione maoista.
L’ira, come peccato capitale nella teologia cattolica, esprime un ingiusto e smisurato desiderio di vendetta; di ciò sono esempi le faide familiari di matrice mafiosa e camorristica; la ritorsione o la resa dei conti (le foibe sono un esempio molto evidente di questo comportamento aggressivo e violento la cui logica si muove lungo l’asse della spirale di violenza senza fine); la rabbia della classe operaia o del ceto medio borghese che vedono ridotte le speranze di vita a causa della crisi economica e finanziaria pilotata, governata dai grandi capitali o dalle banche. Al danno si accompagna la beffa della riduzione del potere d’acquisto del denaro.
L’ira è l’indignazione e l’incredulità furente dei pacifisti che assistono – paralizzati – al vilipendio dell’art. 11 della Carta Costituzionale o che fiaccamente reagiscono all’incriminazione del personale medico di Emergency accusato in Afganistan di essere complice del terrorismo di Al Qaeda o di quello genericamente indicato come “terrorismo internazionale”.
L’ira è il disprezzo di chi si costruisce una legislazione ad personam contrastando ed annullando la legislazione italiana che sottolinea la eguale condizione di tutti verso le leggi e al contempo l’obbligatorietà dell’azione penale nei confronti dei cittadini di qualsiasi estrazione sociale.
L’ira biblica è la collera giusta e punitrice di Dio verso l’uomo – ira Dei adit hominem -: ricordiamoci dell’arca di Noé e del nuovo ciclo vitale per l’umanità!
L’ira è la furia del vento distruttore, del fuoco che arde senza controllo, del mare che inghiotte le barche dei marinai…
L’ira è l’irascibilità intesa come tensione verso un atteggiamento irrazionale. L’ira è la collera punitrice che nasce da una giusta causa: per esempio, in Omero è l’ira del truce Achille che provoca ulteriori lutti ai suoi compagni nella guerra iliaca.
L’indignazione è anche l’incredulità di noi tutti di fronte al comportamento filisteo e carognesco del sindaco di Adro, paese in provincia di Brescia, che nega i buoni-pasto a 40 bambini della locale scuola elementare con la motivazione che i loro genitori non avrebbero corrisposto le somme dovute al comune come quota spettante alle famiglie dei bambini.
Questa è la vergogna che civilmente scatena una furiosa rabbia in noi, spinti ad urlare verso il cielo la nostra incredulità di fronte a tale infido comportamento. Meno male che c’è un signore ad Adro – “Il Manifesto” del 13 Aprile c.a. -, il quale, pur definendosi di destra, dimostra di essere una persona generosa e retta, in quanto assume su di sé tutto il debito monetario che le famiglie degli immigrati hanno accumulato nei confronti dell’amministrazione comunale. Questo è un chiaro esempio di generosità civile che ci invita, al di là di tutto, ad essere ottimisti verso la vita e gli uomini, anche se questi ultimi sono responsabili della cosiddetta “discesa agli inferi”.
Siamo convinti che questo esempio fulgido e ad oggi unico sia la prova che un mondo, migliore di questo attuale, sia possibile realizzarlo.☺
Facciamo tutti i giorni i conti con atteggiamenti e comportamenti improntati a fastidio, a rabbia talvolta, dimostrando quanto siamo condizionati dai ritmi assurdi della vita odierna che li determina; inoltre, ci contraddistinguono distrazione e superficialità nei confronti di quanti tentano un dialogo con noi, spesso distratti o disinteressati. Forme di prepotenza ingiustificata o per esempio di disprezzo del codice della strada sono episodi correntemente verificabili nella nostra quotidianità: ed allora, giù con improperi, maledizioni, scatti di irascibilità inappropriata.
L’ira come “rabbia” è l’impeto violento ed irrazionale che noi rivolgiamo contro gli altri; talvolta, questo comportamento si accompagna con azioni di violenza e di aggressione, di cui un esempio evidente è la rabbia degli immigrati a Casal di Principe, aggrediti ed uccisi in un bar del paese, mentre tranquillamente parlavano fra di loro. La “rabbia” è quella espressa dagli immigrati a Rosarno nei primi giorni di gennaio di quest’anno per contrastare le forme di atteggiamenti, di altezzosi comportamenti dei rosarnesi nei confronti dei “pezzenti”, degli “ultimi” che hanno osato “prendere il posto di lavoro” ai residenti!
La “rabbia” irosa e violenta, il furore collerico della massa dei lavoratori sono esplosi quando non ci sono state più le occasioni di un confronto civile.
Questa rabbia classista, questo disprezzo iconoclastico si esprimono in mille modi, spesso contrapposti e completamente differenziati fra di loro: è la rabbia politica e civile che ha determinato Piazzale Loreto nell’Aprile del 1945, ponendo fine all’esperienza tormentata, ed esiziale per la comunità nazionale, del fascismo e dell’irrazionale prospettiva di potenza colonialistica che l’Italia “stracciona” aveva espresso in quegli anni di atroci sofferenze.
È la rabbia dei rumeni che una ventina di anni fa hanno posto fine ad una forma di comunismo, quella di Ceaucescu e del suo superbo e nepotistico entourage, che è stata la negazione dei principi politici, ideologici, programmatici e ideali della Rivoluzione bolscevica. La “rabbia”, poi, come indignazione violenta e collerica, è stata quella dell’antifascismo e della Resistenza, quella di tanti episodi di atroce vendetta civile che si è espressa con i “gulag” sovietici o con i campi di rieducazione maoista.
L’ira, come peccato capitale nella teologia cattolica, esprime un ingiusto e smisurato desiderio di vendetta; di ciò sono esempi le faide familiari di matrice mafiosa e camorristica; la ritorsione o la resa dei conti (le foibe sono un esempio molto evidente di questo comportamento aggressivo e violento la cui logica si muove lungo l’asse della spirale di violenza senza fine); la rabbia della classe operaia o del ceto medio borghese che vedono ridotte le speranze di vita a causa della crisi economica e finanziaria pilotata, governata dai grandi capitali o dalle banche. Al danno si accompagna la beffa della riduzione del potere d’acquisto del denaro.
L’ira è l’indignazione e l’incredulità furente dei pacifisti che assistono – paralizzati – al vilipendio dell’art. 11 della Carta Costituzionale o che fiaccamente reagiscono all’incriminazione del personale medico di Emergency accusato in Afganistan di essere complice del terrorismo di Al Qaeda o di quello genericamente indicato come “terrorismo internazionale”.
L’ira è il disprezzo di chi si costruisce una legislazione ad personam contrastando ed annullando la legislazione italiana che sottolinea la eguale condizione di tutti verso le leggi e al contempo l’obbligatorietà dell’azione penale nei confronti dei cittadini di qualsiasi estrazione sociale.
L’ira biblica è la collera giusta e punitrice di Dio verso l’uomo – ira Dei adit hominem -: ricordiamoci dell’arca di Noé e del nuovo ciclo vitale per l’umanità!
L’ira è la furia del vento distruttore, del fuoco che arde senza controllo, del mare che inghiotte le barche dei marinai…
L’ira è l’irascibilità intesa come tensione verso un atteggiamento irrazionale. L’ira è la collera punitrice che nasce da una giusta causa: per esempio, in Omero è l’ira del truce Achille che provoca ulteriori lutti ai suoi compagni nella guerra iliaca.
L’indignazione è anche l’incredulità di noi tutti di fronte al comportamento filisteo e carognesco del sindaco di Adro, paese in provincia di Brescia, che nega i buoni-pasto a 40 bambini della locale scuola elementare con la motivazione che i loro genitori non avrebbero corrisposto le somme dovute al comune come quota spettante alle famiglie dei bambini.
Questa è la vergogna che civilmente scatena una furiosa rabbia in noi, spinti ad urlare verso il cielo la nostra incredulità di fronte a tale infido comportamento. Meno male che c’è un signore ad Adro – “Il Manifesto” del 13 Aprile c.a. -, il quale, pur definendosi di destra, dimostra di essere una persona generosa e retta, in quanto assume su di sé tutto il debito monetario che le famiglie degli immigrati hanno accumulato nei confronti dell’amministrazione comunale. Questo è un chiaro esempio di generosità civile che ci invita, al di là di tutto, ad essere ottimisti verso la vita e gli uomini, anche se questi ultimi sono responsabili della cosiddetta “discesa agli inferi”.
Siamo convinti che questo esempio fulgido e ad oggi unico sia la prova che un mondo, migliore di questo attuale, sia possibile realizzarlo.☺
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