Identità in divenire
6 Febbraio 2024
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Identità in divenire

“Non amo i simboli, come non mi piacciono gli slogan perché semplificano troppo. Per i simboli ho sempre la sensazione che si tratti di un riassunto mendace, e fatico ad assimilarli”. Lascio a ciascuno la valutazione sul pensiero espresso da Saverio Tommasi (In fondo basta una parola, Feltrinelli), ma facendo seguito alla sua osservazione vale la pena soffermarsi per qualche considerazione.
Non c’è quasi più nessuno, al giorno d’oggi, che non conosca ed utilizzi Internet, la “rete delle reti” come è stata op- portunamente definita; anzi, la cosiddetta “transizione digitale” rappresenta uno dei principali obiettivi che i Paesi di tutto il mondo si sono prefissi e che intendono raggiungere nel minor tempo possibile.
Ogni sito web ha una sua connotazione, vale a dire un ‘simbolo’ – per riprendere Tommasi – che lo contraddistingue e ne costituisce l’identità! Sì, potrebbe apparire assurdo ma si parla proprio di identità quando usiamo il vocabolo banner, che fa riferimento a quella striscia che compare all’inizio di una pagina web e riporta il nome del sito; questo titolo o logo è collocato per lo più a scopi pubblicitari nei documenti elettronici (specialmente in testa) ed è generalmente colorato e rappresentato con caratteri volutamente ricchi ed elaborati.
Banner è la traduzione inglese di bandiera, vessillo o striscione. Storicamente, in un primo tempo, il banner era lo stendardo di un re o di un cavaliere, il ‘simbolo’ della sua regalità o prestigio, quello che veniva mostrato in tutte le occasioni pubbliche – sia pacifiche che belliche; successivamente ha inteso assumere un senso figurato, quale quello di princìpi cui si ispira una determinata associazione o le finalità di un gruppo sociale/culturale. Dall’inizio del Novecento, con la diffusione dei quotidiani, con banner si intendevano anche i titoli in caratteri grandi o ben evidenziati che richiamano l’attenzione del lettore.
Lo sviluppo tecnologico ci consente di adoperare la rete web per le operazioni più varie; qualsiasi sito è caratterizzato non soltanto dal contenuto proprio ma anche da immagini o caratteri, alcuni inerenti lo specifico ambito cui la pagina web attiene, ma spesso si possono incontrare banner pubblicitari – chiamati in inglese banner ad, dove ad è l’abbreviazione di advertising, pubblicità – basati sull’immagine piuttosto che sul testo, il cui scopo è quello di promuovere un marchio e ottenere che i visitatori del sito che ospita i banner clicchino per andare al sito web dell’inserzionista. Simboli, banner, immagini e caratteri, tutto rimanda alla semplice funzione di rendere riconoscibile un’attività, un’associazione, un determinato gruppo, un’azienda.
Quanto fin qui esposto mi conduce ad una ulteriore riflessione: banner come tratto distintivo di un sito lo rappresenta sinteticamente, ce ne rimanda l’identità. Ma quando parliamo di identità cosa vogliamo intendere? Secondo Anna Oliverio Ferraris essa risulta essere una “dimensione psichica complessa, una sintesi tra molti diversi fattori” (La costruzione dell’identità). Non ne esiste quindi una definizione univoca, né tantomeno il tema può essere affrontato con approssimazione e leggerezza. Il nostro contemporaneo – lo abbiamo sottolineato più volte – indugia nel semplificare ciò che è complesso, nel ridurre il molteplice anche quando non sarebbe possibile farlo; non meraviglierà quindi lo sforzo di considerare l’identità come entità stabile anche quando essa “è soggetta a cambiamenti individuali e culturali”.
Com’è noto il banner, nonostante sia semplice e d’ impatto, non è mai definitivo perché lo si può cambiare e adattare al momento, alle richieste del pubblico, alle esigenze del mercato; l’identità di una persona, allo stesso modo, si definisce nel tempo. Sempre secondo la psicologa Oliverio Ferraris “la costruzione autonoma dell’ identità è una caratteristica della modernità, una sorta di dover essere che però non sempre trova le condizioni concrete per realizzarsi”.
Se la “vita digitale” è in continuo movimento, si modifica e si adatta al tempo e alle necessità che man mano emergono e che devono essere fronteggiate, anche la nostra “vita individuale” subisce l’influsso e/o il condizionamento del tempo che passa, dei tempi che cambiano, della storia in cui siamo immersi: “la costruzione dell’identità è simile alla costruzione della memoria con cui va di pari passo, un impegno che dura tutta la vita”. Le storie personali, le opportunità che la vita offre, i rapporti con gli/le altri/e sono tutte tessere del mosaico della nostra identità: “compito della memoria è mantenere efficiente la struttura portante di questa nostra identità polimorfa. Compito del pensiero è dotarla di senso”.
Come rileva ancora la nostra autrice, uno dei primi pensatori che hanno fornito una definizione dell’identità è stato John Locke, che così scriveva nel suo Saggio sull’intelletto umano (1689): “In questo mondo non ci si limita a vivere o ad agire ma si è anche consapevoli del proprio vivere e del proprio agire”. Una massima da seguire!☺

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