il cipresso   di Gildo Giannotti
30 Ottobre 2011 Share

il cipresso di Gildo Giannotti

 

             I cipressi sono considerati in molti contesti culturali alberi per lo più cimiteriali, tranne in Toscana, sul Lago di Garda e nel Veronese, dove adornano con la loro severa eleganza i poggi e i viali che conducono a ville e a fattorie. I più famosi sono “i cipressi che a Bolgheri alti e schietti / van da San Guido in duplice filar”. Si tratta di quelli – riprodotti nella foto – che accompagnano il tratto di strada dall’Aurelia a Bòlgheri, nel cuore della Maremma livornese, con uno sviluppo rettilineo di quasi 4 chilometri, e che furono immortalati dal poeta Carducci in questi celebri versi della poesia Davanti San Guido.

Il cipresso (Cupressus sempervirens), originario dell’Asia Minore, sembra sia stato introdotto in Occidente dai Fenici. In Italia si è acclimatato così bene da arrivare a riprodursi spontaneamente, ma può essere coltivato per ornamento lungo le riviere mediterranee, nei dintorni delle chiese, nei viali, come accennato sopra, e in parchi e giardini, a volte anche con funzione di fascia frangivento. Si adegua a terreni poveri e siccitosi.

Questo albero sempreverde, che spesso supera i 25 metri di altezza, è molto longevo: può vivere infatti molti secoli, ma ha un accrescimento lento. Ha portamento caratteristico, con forma conico-affusolata e la sua chioma è di un bel colore verde cupo. Il tronco, che raggiunge al massimo i 50 centimetri di diametro, si ramifica a breve distanza dal suolo e i rami, che producono i caratteristici frutti detti coccole, sono ascendenti e ravvicinati al fusto nella varietà stricta, aperti e disposti orizzontalmente in quella horizontalis. È l’albero tipico dei cimiteri perché le sue radici, come quelle di tutti gli alberi, hanno estensione e sviluppo corrispondenti a quelli dei rami; l’apparato radicale del cipresso, scendendo a fuso nella terra, non si sviluppa in orizzontale come le querce e gli altri alberi a chioma larga, e quindi non dà luogo a interferenze con le sepolture circostanti.

La fama funeraria del cipresso sembra sia nata dai poeti greci e latini che cominciarono a considerarlo l’albero dei defunti. Per i Greci era l’albero legato al lutto (cioè al dolore che si prova a causa della morte di qualche persona cara), a partire dal mito di Ciparisso, un giovane che non trovava pace al dolore di aver ucciso per errore il suo cervo molto amato e che Apollo, impietositosi, trasformò in un cipresso. I Romani e gli Etruschi ripresero l’eredità greca del cipresso come albero sacro. Con lo stesso simbolismo appare nell’indimenticabile incipit del carme Dei sepolcri di Foscolo:

“All’ombra dei cipressi e dentro l’urne

confortate di pianto è forse il sonno

della morte men duro?”

Sebbene associato al culto dei morti fin dall’antichità, il cipresso è l’immagine vegetale della vita eterna in alcune civiltà orientali, specialmente in Persia, dove l’albero rappresenta il fuoco: la sua forma infatti ricorda la fiamma. Questo simbolismo legato all’immortalità discende, con ogni probabilità, dalle foglie sempreverdi e dal legno considerato incorruttibile. Insieme alla palma, al cedro e all’ulivo, quello del cipresso era ritenuto uno dei quattro legni con cui fu costruita la croce di Gesù. Il legno, resinoso ed emanante un aroma particolare, profumato e di lunga durata, è molto apprezzato e resistente all’acqua, ed è particolarmente ricercato per la costruzione di infissi e cassepanche.

Nelle novelle nordorientali il cipresso simboleggiava invece l’amante, mentre la donna era evocata dalla rosa. Il cipresso è infine uno degli attributi della figura allegorica della Disperazione, che ne stringe un ramo nella mano sinistra poiché, come l’albero, che tagliato non risorge, né dà virgulti, così l’uomo in preda alla disperazione finisce per annullare ogni probabilità di coltivare sentimenti di virtù.

Oltre alle sue caratteristiche simboliche, vanno ricordate quelle medicinali, grazie alle foglie e ai frutti, che contengono un elevato tasso di tannino e un olio essenziale molto aromatico con il quale i Romani preparavano profumi. Per il complesso dei suoi costituenti ha soprattutto un’azione vasocostrittrice e protettiva dei capillari, efficace nei disturbi del sistema venoso. L’essenza dei rami ha invece azione antisettica e spasmolitica, utile come sedativo della tosse. Un’altra curiosa applicazione del cipresso è legata alle sue proprietà tonificanti sulla muscolatura della vescica, utili in caso di enuresi notturna.

Tra i cipressi di particolare rilevanza, in qualche caso anche individuale, nell’ambito del paesaggio italiano, si segnalano – oltre a quelli, già ricordati di San Guido, ritenuti patrimonio storico nazionale – il cosiddetto Cipresso di Michelangelo situato di fronte alla Stazione Termini in Roma, e la cipresseta di Fontegreca nel Parco Regionale del Matese in provincia di Caserta.☺

giannotti.gildo@gmail.com

 

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