Il clima nel piatto e nel bidone
di Andrea Barsotti
Parliamo e sentiamo parlare di crisi climatica e delle cause dipendenti dall’attività umana che hanno favorito il rilascio in atmosfera dei gas serra.
– L’uso dei combustibili provenienti da fonti fossili la cui estrazione, lavorazione e combustione per generare energia, per il trasporto o per il semplice riscaldamento degli ambienti, rilasciano grandi quantità di anidride carbonica, metano, protossido di azoto;
– la deforestazione, compiuta per ottenere legname o per trasformare i territori da foreste in terreni agricoli, o per favorire la costruzione di abitazioni o infrastrutture, diminuisce l’azione della vegetazione per l’assorbimento dell’anidride carbonica dall’atmosfera;
– l’agricoltura intensiva ed in particolare l’allevamento di bestiame contribuiscono alle emissioni di gas serra in diversi modi, tra cui la produzione di metano da parte dei ruminanti, il protossido d’azoto rilasciato dall’uso di fertilizzanti, l’uso dei macchinari e il cambiamento nell’uso del suolo;
– i gas fluorurati, utilizzati in alcuni settori industriali per la refrigerazione o il condizionamento d’aria, sono potenti gas serra con un elevato potenziale di riscaldamento globale.
Sono cause che comprendiamo, ma allo stesso tempo ci appare arduo far qualcosa per contrastarle. Ci sentiamo coinvolti nel globale, ma non abbiamo la percezione di quale potrebbe essere il nostro contributo. In realtà noi siamo protagonisti del disastro globale e, nella nostra vita quotidiana più o meno consapevolmente, contribuiamo all’aumento dei gas nocivi. Anche quando andiamo a fare la spesa e scegliamo cosa mangiare oppure gettiamo via un avanzo, stiamo contribuendo ad alimentare quei gas nocivi. Non sono solo le fabbriche o le centrali a carbone ad alterare l’equilibrio del pianeta, ma anche continuare ad alimentare una filiera che impoverisce l’ecosistema e che induce a consumare in eccesso.
L’alimentazione e la gestione dei rifiuti sono il nostro impatto quotidiano sul clima. Insieme, rappresentano oltre un terzo delle emissioni globali di gas serra. Sarebbe importante e rilevante avere atteggiamenti corretti per evitare risultati negativi. Le scelte di prodotti completamente riciclabili e di quantità giuste, non superflue, renderebbero incisivo il comportamento di tutti noi sul cambiamento climatico.
La gestione dei rifiuti è un problema annoso e causa di problemi sociali ed ambientali. La raccolta differenziata è alla base del sistema di gestione e l’obiettivo è quello di rendere minima quella parte indifferenziata, dando sempre meno quantità agli impianti e alle discariche per il suo trattamento. Accrescere la parte riciclabile e riconvertibile può offrire nuove opportunità di sviluppo di lavoro legato al riciclo ed al riutilizzo, ma soprattutto contribuire a preservare l’ ambiente e a favorire l’economia circolare.
Secondo la direttiva EU 2018/851, gli obiettivi fissati della percentuale dei rifiuti differenziati urbani ed extraurbani sono: 2025 -> 50% 2030 -> 60% 2035 -> 65%. La gestione dei rifiuti non è condotta con gli stessi risultati ovunque. In Italia ci sono regioni e città più virtuose ed altre meno. Secondo il rapporto ISPRA per l’anno 2023 abbiamo la percentuale di raccolta differenziata urbana sul totale rifiuti pari a: Italia-> 66,64%, Nord -> 73,37%, Centro -> 62,30%, Sud -> 58,95%. Molise -> 60,8%, prov. Campobasso -> 63,39%, prov. Isernia -> 53,42%.
Come Molise non siamo i primi della classe, ma possiamo dire di essere sulla buona strada; indubbiamente, per i dati di cui sopra, c’è da lavorare di più nella provincia di Isernia. Il contributo che ognuno di noi può dare alla raccolta differenziata è essenziale. Alla base ci deve essere la consapevolezza di voler passare da un modello di estrai, produci, usa e getta, ad un altro in cui niente si spreca e tutto si valorizza. Per prima cosa si devono conoscere le regole della separazione dei rifiuti, evitando di metter insieme materiali diversi e sporchi, ma soprattutto evitare di mettere materiali non riciclabili insieme ad altri riciclabili. È importante che ognuno di noi divulghi le regole base di separazione dei materiali e contribuisca a sensibilizzare le persone alle buone pratiche e che abbia il senso civico di segnalare all’amministrazione comunale eventuali problemi di raccolta o mal posizionamento dei raccoglitori.
Alimentare la parte differenziata a discapito di quella indifferenziata è contribuire ad evitare che lo scarto finisca in discarica; è come se ci donassimo la “paternità” di una nuova vita per l’oggetto recuperato, permettendo agli stessi materiali che lo compongono di dare nuova forma al futuro oggetto. Migliorare la raccolta differenziata, il compostaggio e ridurre lo spreco alimentare sono leve fondamentali per contenere il riscaldamento globale. Naturalmente dobbiamo aver la consapevolezza che il ciclo virtuoso non inizia dalla fine del percorso, ma dalla produzione del manufatto, dal confezionamento e conseguente distribuzione; in questo contesto, ecco che torna importante la scelta del singolo cittadino nel privilegiare l’acquisto di beni adatti al riciclaggio ed al riuso.
Spero, mi si consenta di concludere, che una corretta scelta dei prodotti e la conseguente differenziazione dei rifiuti urbani, oltre ad essere un gesto di educazione al vivere sociale, costituisce una particolare spinta verso un modello di indirizzo economico, che preveda una riduzione della produzione a fronte di un maggior recupero di materia. Tutto ciò non è utopia, ma un passo nella direzione di un sistema che abbia lo scopo di rigenerare, anziché distruggere.☺
