Il dito e la luna
16 Aprile 2018
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Il dito e la luna

E ci sono state le immagini. E ci sono state le parole. E ci sono stati i filmati. E ci sono state le opere teatrali. E ci sono state le nuove leggi. E ci sono state le formazioni di movimenti. E ci sono state le fiaccolate. E ci sono state le interpellanze. E ci sono stati i documentari.

Da quando si è ingrossato, raggrumato, coperto di odio, possesso, follia, violenza, questo fiume di femminicidi, c’è stato tutto o quasi. Ma nulla finisce, nulla diminuisce, nulla cambia.

È bastato? No, non è bastato, anzi si sono avuti eccessi da ogni parte. Cerco di mettere un poco di ordine? Perché la parola femminicidio è da tanti bistrattata, odiata ecc..

Marcela Lagarde, antropologa messicana, considerata la teorica del termine femminicidio, sostiene che “il femminicidio è un problema strutturale, che va aldilà degli omicidi delle donne, riguarda tutte le forme di discriminazione e violenza di genere che sono in grado di annullare la donna nella sua identità e libertà non soltanto fisicamente, ma anche nella loro dimensione psicologica, nella socialità, nella partecipazione alla vita pubblica. Pensiamo a quelle donne che subiscono per anni molestie sessuali sul lavoro, o violenza psicologica dal proprio compagno, e alla difficoltà, una volta trovata la forza di uscire da quelle situazioni, di ricostruirsi una vita, di riappropriarsi di sé”.

L’esempio delle donne messicane ha contagiato gli altri Stati latinoamericani: si sono moltiplicate le indagini ufficiali e non ufficiali: “nominare” con il nome di femminicidio, e contare gli atti estremi di violenza di genere ha determinato l’insorgere di una consapevolezza nella società. E ci sono riuscite! Ed anche in Europa e nel nostro paese!

È solo grazie alle volontarie della Casa delle donne per non subire violenza di Bologna, che dal 2005 esistono i numeri di femminicidi annuali. Non esiste, infatti, una raccolta ufficiale dei dati sugli omicidi che li cataloghi sulla base del genere. Ed infatti quando il 14 luglio 2011 il Comitato CEDAW ha fatto richiesta all’Italia di fornire i dati sui femminicidi il governo italiano non è stato in grado di fornire tempestivamente questa risposta, semplicemente perché quei dati non erano mai stati raccolti.

I numeri del femminicidio in Italia? Se nel 2006 su 181 omicidi di donne 101 erano femmicidi, nel 2010 su 151 omicidi di donne 127 erano femminicidi. Sono 152 i femminicidi avvenuti in Italia nel 2014. E così via.

Un dato ci pone in classifica dietro al Messico. Le ricerche criminologiche dimostrano che su 10 femminicidi, 7/8 sono in media preceduti da altre forme di violenza nelle relazioni di intimità. “Cioè l’uccisione della donna non è che l’atto ultimo di un continuum di violenza di carattere economico, psicologico o fisico”.

Il Comitato CEDAW ha evidenziato la propria preoccupazione per il fatto che in Italia persistono “attitudini socio-culturali che condonano la violenza domestica”: forse è da qui che bisogna ripartire per contrastare il femminicidio.

– Da una cultura dell’ascolto della vittima.

– Dal ri-conoscimento che il femminicidio, lo stalking, i maltrattamenti, oltre alla violenza sessuale, sono forme di violenza di genere, rivolta contro le donne in quanto donne.

– Partire da qui, per raccogliere i dati secondo un’ottica di genere, per capire se davvero le donne che chiedono aiuto vengono protette.

– O se le donne vengono male informate e magari pensano che se non denunciano non possono avere protezione perché nessuno le ha informate dell’esistenza degli ordini di allontanamento civili, che consentono anche l’eventuale mantenimento oltre all’allontanamento del coniuge violento, o se le leggi esistenti vengono male applicate.

Per sconfiggere la cultura patriarcale occorre una presa di posizione netta da parte di tutti i politici ed i personaggi pubblici, ed una collaborazione fortissima con la società civile: chiede infatti il Comitato CEDAW alle Istituzioni, tra le altre misure, di “predisporre in collaborazione con un’ampia gamma di attori, comprese le organizzazioni femminili e le altre organizzazioni della società civile, delle campagne di sensibilizzazione attraverso i media e delle campagne di educazione pubblica, affinché la violenza nei confronti delle donne venga considerata socialmente inaccettabile, e divulgare informazioni al pubblico sulle misure esistenti al fine di prevenire gli atti di violenza nei confronti delle donne”.

Se oggi l’ONU (e di conseguenza l’informazione di massa) parla di femminicidio anche in relazione all’Italia, è perché ci sono state donne che qui ed oggi, da anni, hanno reclamato il riconoscimento anche per le donne, in quanto donne, di quei diritti umani affermati a livello universale, ed in particolare del diritto inalienabile alla vita e all’integrità psicofisica. I diritti infatti vivono solo là dove vengono reclamati in quanto tali, altrimenti restano destinati al mero riconoscimento formale, sulla carta. E allora il nostro ruolo è fondamentale per far sì che la violenza contro le donne rimanga tra le priorità dell’agenda nazionale.

Basta che ottenebrati dalla logica dell’emergenza, non si guardi il dito che indica la luna, e si perda di vista la luna.☺

 

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