Sera di ottobre 2007 trascorsa, come solitamente accade in periodo scolastico, a cercare testi per catturare l’interesse dei sempre più esigenti allievi. Il racconto mitologico è spesso vincente perché apparentemente di immediata comprensione ma allo stesso tempo denso di significati altri. Ognuno può rintracciarvi indizi, spie per interpretare il proprio vissuto; è per questo che a distanza di millenni il mito conserva tutta la sua fresca originalità, perché si adatta al quotidiano sentire, in una parola non scade mai. E’ quanto accade anche con la storia di Arianna e Teseo. Storia che ripropone il coraggio dell’eroe ateniese Teseo, l’ammirazione incondizionata e il trasporto sentimentale di Arianna, la giovane figlia di Minosse; mito che presenta un problema di estrema gravità qual è quello di un iniquo tributo di sangue ad un non ben identificato mostro; narrazione che poggia sulla rappresentazione icastica delle difficoltà, magistralmente scolpite in strade senza uscita, percorsi bui e sbarrati, lode dell’acutezza di ingegno di una donna che ha saputo indicare al suo uomo la via d’uscita, regalandogli, pensate un po’, solo un gomitolo di lana.
Arianna, Teseo, il Minotauro… a distrarmi interviene una voce inespressiva, atona e querula insieme, posta a commento di ormai obsolete e abusate immagini di repertorio, che pretendono di documentare “il dramma della ricostruzione, la condizione penosa di chi vive accampato in alloggi di fortuna”; è forte il contrasto tra i vicoli spettrali dei paesi del cratere, le case e le chiese ingabbiate nel ferro dei ponteggi e delle impalcature, e per contro la rassicurante dichiarazione che “i sindaci si sono riuniti, i fondi sono stati stanziati, e bla bla bla”. Questo il copione riproposto ormai da cinque anni a ridosso dei giorni che ricordano il terremoto del 2002; allo scadere retorico del giorno e dell’ora certamente si susseguiranno, come è d’obbligo, le celebrazioni, le visite al cimitero, come se bastassero solo queste pratiche a dare risposta agli infiniti problemi che accompagnano la vita di tutti coloro che, giorno dopo giorno, da cinque anni, aspettano segnali di ripresa.
Il fastidio è tale da farmi rifugiare di nuovo nel mito. Arianna, il gomitolo, Teseo, il Minotauro sembrano gridare e ripetere come in un canone a più voci: “Badate, il meccanismo che regola la vita degli umani è antico come l’uomo stesso!” E in un attimo ho in mano il bandolo della matassa! Il pensiero si materializza nella formula che è insieme nucleo, cuore, motore di ogni azione umana: Problema – dare risposte/offrire soluzioni – immagazzinare l’esperienza per affrontare nuove sfide.
L’australopiteco, l’uomo-scimmia dei primordi, ha dovuto presto imparare a sue spese che l’incapacità di dare risposte a qualsiasi tipo di problema avrebbe significato per lui morte sicura.
Mi domando come mai questo assioma non sia stato ancora fatto proprio da chi ha dichiarato totale dedizione al bene della comunità, da chi si è impegnato pubblicamente a tutelare i bisogni dei più deboli.
Quando Teseo salpa da Atene alla volta di Creta è disposto a morire pur di difendere le quattordici giovani vite destinate al pasto del Minotauro; perciò si dichiara pronto a sfidare il mostro. Fa affidamento, giovane com’è, sull’entusiasmo e sulla buona volontà; incautamente trascura di studiare il piano e prevedere gli incidenti di percorso che quasi sempre ogni impresa comporta. Come uccidere il mostro e contemporaneamente portare in salvo, fuori dal labirinto di Cnosso, le giovani vittime? A mancargli non è il coraggio, ma la gestione dell’imprevisto! Arianna gli consegnerà allora un oggetto semplice e apparentemente insignificante grazie al quale ritroverà la via del ritorno e uscirà dall’intrico dei corridoi della reggia: un gomitolo.
Provo allora ad adattare il mito alla realtà: il Minotauro diventa la metafora del sisma, Teseo, colui che volontariamente si fa carico delle istanze del popolo, Arianna e il suo filo sono la soluzione per uscire dal labirinto.
E constato che siamo purtroppo ancora nel labirinto, incapaci di trovare una via d’uscita; il buio e l’oscurità sembrano essersi impossessati delle coscienze e a prevalere è l’incapacità di operare con i fatti, di agire mettendo da parte negligenza ed inettitudine.
Troviamolo questo filo e dipaniamo la matassa, sciogliendo il groviglio di false giustificazioni e di rivalse che nulla giovano a chi ancora fiduciosamente aspetta ciò che gli è dovuto. ☺
annama.mastropietro@tiscali.it
Sera di ottobre 2007 trascorsa, come solitamente accade in periodo scolastico, a cercare testi per catturare l’interesse dei sempre più esigenti allievi. Il racconto mitologico è spesso vincente perché apparentemente di immediata comprensione ma allo stesso tempo denso di significati altri. Ognuno può rintracciarvi indizi, spie per interpretare il proprio vissuto; è per questo che a distanza di millenni il mito conserva tutta la sua fresca originalità, perché si adatta al quotidiano sentire, in una parola non scade mai. E’ quanto accade anche con la storia di Arianna e Teseo. Storia che ripropone il coraggio dell’eroe ateniese Teseo, l’ammirazione incondizionata e il trasporto sentimentale di Arianna, la giovane figlia di Minosse; mito che presenta un problema di estrema gravità qual è quello di un iniquo tributo di sangue ad un non ben identificato mostro; narrazione che poggia sulla rappresentazione icastica delle difficoltà, magistralmente scolpite in strade senza uscita, percorsi bui e sbarrati, lode dell’acutezza di ingegno di una donna che ha saputo indicare al suo uomo la via d’uscita, regalandogli, pensate un po’, solo un gomitolo di lana.
Arianna, Teseo, il Minotauro… a distrarmi interviene una voce inespressiva, atona e querula insieme, posta a commento di ormai obsolete e abusate immagini di repertorio, che pretendono di documentare “il dramma della ricostruzione, la condizione penosa di chi vive accampato in alloggi di fortuna”; è forte il contrasto tra i vicoli spettrali dei paesi del cratere, le case e le chiese ingabbiate nel ferro dei ponteggi e delle impalcature, e per contro la rassicurante dichiarazione che “i sindaci si sono riuniti, i fondi sono stati stanziati, e bla bla bla”. Questo il copione riproposto ormai da cinque anni a ridosso dei giorni che ricordano il terremoto del 2002; allo scadere retorico del giorno e dell’ora certamente si susseguiranno, come è d’obbligo, le celebrazioni, le visite al cimitero, come se bastassero solo queste pratiche a dare risposta agli infiniti problemi che accompagnano la vita di tutti coloro che, giorno dopo giorno, da cinque anni, aspettano segnali di ripresa.
Il fastidio è tale da farmi rifugiare di nuovo nel mito. Arianna, il gomitolo, Teseo, il Minotauro sembrano gridare e ripetere come in un canone a più voci: “Badate, il meccanismo che regola la vita degli umani è antico come l’uomo stesso!” E in un attimo ho in mano il bandolo della matassa! Il pensiero si materializza nella formula che è insieme nucleo, cuore, motore di ogni azione umana: Problema – dare risposte/offrire soluzioni – immagazzinare l’esperienza per affrontare nuove sfide.
L’australopiteco, l’uomo-scimmia dei primordi, ha dovuto presto imparare a sue spese che l’incapacità di dare risposte a qualsiasi tipo di problema avrebbe significato per lui morte sicura.
Mi domando come mai questo assioma non sia stato ancora fatto proprio da chi ha dichiarato totale dedizione al bene della comunità, da chi si è impegnato pubblicamente a tutelare i bisogni dei più deboli.
Quando Teseo salpa da Atene alla volta di Creta è disposto a morire pur di difendere le quattordici giovani vite destinate al pasto del Minotauro; perciò si dichiara pronto a sfidare il mostro. Fa affidamento, giovane com’è, sull’entusiasmo e sulla buona volontà; incautamente trascura di studiare il piano e prevedere gli incidenti di percorso che quasi sempre ogni impresa comporta. Come uccidere il mostro e contemporaneamente portare in salvo, fuori dal labirinto di Cnosso, le giovani vittime? A mancargli non è il coraggio, ma la gestione dell’imprevisto! Arianna gli consegnerà allora un oggetto semplice e apparentemente insignificante grazie al quale ritroverà la via del ritorno e uscirà dall’intrico dei corridoi della reggia: un gomitolo.
Provo allora ad adattare il mito alla realtà: il Minotauro diventa la metafora del sisma, Teseo, colui che volontariamente si fa carico delle istanze del popolo, Arianna e il suo filo sono la soluzione per uscire dal labirinto.
E constato che siamo purtroppo ancora nel labirinto, incapaci di trovare una via d’uscita; il buio e l’oscurità sembrano essersi impossessati delle coscienze e a prevalere è l’incapacità di operare con i fatti, di agire mettendo da parte negligenza ed inettitudine.
Troviamolo questo filo e dipaniamo la matassa, sciogliendo il groviglio di false giustificazioni e di rivalse che nulla giovano a chi ancora fiduciosamente aspetta ciò che gli è dovuto. ☺
Sera di ottobre 2007 trascorsa, come solitamente accade in periodo scolastico, a cercare testi per catturare l’interesse dei sempre più esigenti allievi. Il racconto mitologico è spesso vincente perché apparentemente di immediata comprensione ma allo stesso tempo denso di significati altri. Ognuno può rintracciarvi indizi, spie per interpretare il proprio vissuto; è per questo che a distanza di millenni il mito conserva tutta la sua fresca originalità, perché si adatta al quotidiano sentire, in una parola non scade mai. E’ quanto accade anche con la storia di Arianna e Teseo. Storia che ripropone il coraggio dell’eroe ateniese Teseo, l’ammirazione incondizionata e il trasporto sentimentale di Arianna, la giovane figlia di Minosse; mito che presenta un problema di estrema gravità qual è quello di un iniquo tributo di sangue ad un non ben identificato mostro; narrazione che poggia sulla rappresentazione icastica delle difficoltà, magistralmente scolpite in strade senza uscita, percorsi bui e sbarrati, lode dell’acutezza di ingegno di una donna che ha saputo indicare al suo uomo la via d’uscita, regalandogli, pensate un po’, solo un gomitolo di lana.
Arianna, Teseo, il Minotauro… a distrarmi interviene una voce inespressiva, atona e querula insieme, posta a commento di ormai obsolete e abusate immagini di repertorio, che pretendono di documentare “il dramma della ricostruzione, la condizione penosa di chi vive accampato in alloggi di fortuna”; è forte il contrasto tra i vicoli spettrali dei paesi del cratere, le case e le chiese ingabbiate nel ferro dei ponteggi e delle impalcature, e per contro la rassicurante dichiarazione che “i sindaci si sono riuniti, i fondi sono stati stanziati, e bla bla bla”. Questo il copione riproposto ormai da cinque anni a ridosso dei giorni che ricordano il terremoto del 2002; allo scadere retorico del giorno e dell’ora certamente si susseguiranno, come è d’obbligo, le celebrazioni, le visite al cimitero, come se bastassero solo queste pratiche a dare risposta agli infiniti problemi che accompagnano la vita di tutti coloro che, giorno dopo giorno, da cinque anni, aspettano segnali di ripresa.
Il fastidio è tale da farmi rifugiare di nuovo nel mito. Arianna, il gomitolo, Teseo, il Minotauro sembrano gridare e ripetere come in un canone a più voci: “Badate, il meccanismo che regola la vita degli umani è antico come l’uomo stesso!” E in un attimo ho in mano il bandolo della matassa! Il pensiero si materializza nella formula che è insieme nucleo, cuore, motore di ogni azione umana: Problema – dare risposte/offrire soluzioni – immagazzinare l’esperienza per affrontare nuove sfide.
L’australopiteco, l’uomo-scimmia dei primordi, ha dovuto presto imparare a sue spese che l’incapacità di dare risposte a qualsiasi tipo di problema avrebbe significato per lui morte sicura.
Mi domando come mai questo assioma non sia stato ancora fatto proprio da chi ha dichiarato totale dedizione al bene della comunità, da chi si è impegnato pubblicamente a tutelare i bisogni dei più deboli.
Quando Teseo salpa da Atene alla volta di Creta è disposto a morire pur di difendere le quattordici giovani vite destinate al pasto del Minotauro; perciò si dichiara pronto a sfidare il mostro. Fa affidamento, giovane com’è, sull’entusiasmo e sulla buona volontà; incautamente trascura di studiare il piano e prevedere gli incidenti di percorso che quasi sempre ogni impresa comporta. Come uccidere il mostro e contemporaneamente portare in salvo, fuori dal labirinto di Cnosso, le giovani vittime? A mancargli non è il coraggio, ma la gestione dell’imprevisto! Arianna gli consegnerà allora un oggetto semplice e apparentemente insignificante grazie al quale ritroverà la via del ritorno e uscirà dall’intrico dei corridoi della reggia: un gomitolo.
Provo allora ad adattare il mito alla realtà: il Minotauro diventa la metafora del sisma, Teseo, colui che volontariamente si fa carico delle istanze del popolo, Arianna e il suo filo sono la soluzione per uscire dal labirinto.
E constato che siamo purtroppo ancora nel labirinto, incapaci di trovare una via d’uscita; il buio e l’oscurità sembrano essersi impossessati delle coscienze e a prevalere è l’incapacità di operare con i fatti, di agire mettendo da parte negligenza ed inettitudine.
Troviamolo questo filo e dipaniamo la matassa, sciogliendo il groviglio di false giustificazioni e di rivalse che nulla giovano a chi ancora fiduciosamente aspetta ciò che gli è dovuto. ☺
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