la patata turchesca
17 Aprile 2010 Share

la patata turchesca

 

A cinque anni dal terremoto, in genere, si fa il punto della situazione per parlare dei traguardi raggiunti, delle strategie messe in atto per la realizzazione degli obiettivi, del ruolo che tutti i soggetti interessati hanno avuto nella vicenda; si pubblicano dati e tecniche adottate, studi innovativi che hanno visto impegnati centri di ricerca, università, associazioni di categoria e sindacali: niente di tutto questo. Oggi stiamo qui a discutere, purtroppo, di come il Molise sia stato capace di  farsi del male, con ostinata consapevolezza. Quello che doveva essere il modello Molise, in grado di rilanciare le sorti delle zone colpite dal sisma, si è rivelato da subito una trovata pubblicitaria ricca di immagini e vuota di contenuti, giusto il logo di un prodotto che non esiste. Neanche la tragedia che è riuscita a commuovere il mondo intero è bastata a smuovere le coscienze di chi ci governa.

L’inchiesta di Antonello Caporale, giornalista di Repubblica, denuncia con dovizia di particolari  il ruolo di “padrone” interpretato da Michele Iorio nella distribuzione di consistenti risorse pubbliche. Una sola l’idea portante dell’intero modello Molise: né sviluppo, né ricostruzione, ma solo ricerca del consenso fatta di innumerevoli incarichi a consulenti amici, inutili lavori pubblici e regalie varie. Ecco come l’immagine del molisano, fatta di onestà, generosità, operosità, è  stata compromessa da chi ha più a cuore la carriera politica che gli interessi generali del paese. In questi cinque anni siamo riusciti a rovinare, oltre all’immagine, anche le casse regionali. Quella che è stata presentata, dagli “allievi” del Prof. Tremonti, come l’operazione finanziaria del secolo, “i bond” , oggi si rivela, per chi l’ha pensata, una grande rogna difficile da spiegare sia ai giudici che ai cittadini molisani, così poco inclini a firmare cambiali. Quando in una azienda si fanno i debiti per pagare altri debiti senza ridurre le spese, il fallimento è vicino ed è questo che sta avvenendo nella sanità modello Iorio. In altri settori le cose non vanno meglio, visto che in fatto di crescita stiamo peggio degli altri in Italia e in Europa, anche se il nostro Presidente, incurante dei debiti, si permette il lusso di comprare immobili a Bruxelles e a Roma: ma per farne cosa? Quanti funzionari lavorano in queste sedi e soprattutto cosa fanno? Non una sola spesa è parte di un progetto ambizioso di sviluppo.

Se a un nostro politico, di alto o di basso rango che sia, qualcuno  chiedesse di raccontargli un sogno, una fantasia, un’utopia sulle sorti della nostra terra, questi ci parlerebbe della patata turchesca o della selezione di apis mellifera ligustica, pensate un po’  “il futuro del Molise tra api e patate”, geniale!! Dall’inizio della legislatura regionale non si fa altro che discutere di ineleggibilità o di incompatibilità; il tema è diventato il ritornello di ogni seduta del Consiglio: c’è chi vuole entrare a tutti i costi nell’ambita assemblea e chi eroicamente resiste, le sentenze non definitive possono anche essere ribaltate, coi giudici  non si sa mai come va a finire e così,  tra amenità e oscenità, l’assemblea regionale tira a campare per non tirare le cuoia.

Ma ai giovani molisani che vanno via dalla loro terra, ormai vinti da questo scenario impudico, chi ci pensa? Eppure la nostra è una regione ricca di opportunità: l’ambiente ancora pressoché incontaminato consentirebbe all’agricoltura di essere protagonista dello sviluppo; il mare insieme alla montagna potrebbero costituire un’offerta  turistica di qualità, oltre ad essere occasione di eccellenza nella produzione di prodotti ineguagliabili; il meraviglioso paesaggio collinare non avrebbe niente da invidiare ai più noti siti di Umbria e Toscana: sempre che qualcuno si decida ad incentivare gli investimenti.

Quanto tempo dovremo ancora aspettare perché i nostri politici si accorgano di tanta ricchezza? Perché si continuano a foraggiare con soldi pubblici aziende decotte senza verificare la sostenibilità dei loro piani industriali nei quali i proprietari delle stesse, spesso non investono un solo centesimo del loro patrimonio personale? Per salvare posti di lavoro? Assolutamente no, in questo modo si creano solo illusioni e si provocano solo tragedie: comprare il consenso senza sostenere alcuna spesa è la risposta più plausibile: io compro il tuo consenso e tu, cittadino, paghi il conto. ☺

 

 

 

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