Tra le più belle ed eleganti bulbose che non possono mancare nelle aiuole e nelle bordure di un giardino vi è il narciso. Conosciuto fin dall’antichità, è raffigurato nelle sculture delle tombe egizie e si ritrova citato anche nella Bibbia, nelle opere di Omero e in altri classici greci.
È originario del bacino del Mediterraneo e trova perciò condizioni climatiche ideali nel nostro Paese, regalando abbondanti e colorate fioriture, che durano anche per lunghi periodi di tempo. Oltre che spontaneo, può essere coltivato in qualsiasi terreno da giardino. La moltiplicazione avviene per mezzo dei bulbi, che, piantati in zone assolate da settembre fino a dicembre, possono essere lasciati per anni nelle aiuole e nelle bordure, oppure fatti crescere in libertà nei prati. Il narciso ha infatti grandi capacità di adattamento e dalle specie a fioritura autunnale si sono evolute altre specie capaci di sopravvivere agli inverni rigidi, fiorendo in primavera.
Le varietà di narciso registrate sono oltre 35.000 e vengono classificate in base alla forma e ai colori del fiore. Quelle più comuni sono il Narcissus pseudo-narcissus, detto volgarmente “trombone” per la forma lungamente tubulosa della corona dei suoi fiori giallo-zolfini; il Narcissus poeticus, nome che onora il suo profumo e aspetto, tali da meritare l’attenzione dei poeti, con la parte più sviluppata del fiore di colore bianco; il Narcissus tazetta, a mazzi di piccoli fiori, noto anche col nome di “giunchiglia”, molto profumato e diffuso nei Paesi geograficamente più a Sud, come Italia e Grecia. Quest’ultima varietà è molto comune, sia lungo i bordi delle strade e negli incolti, sia nei seminativi, in particolare dove ristagna l’umidità, ma non oltre i 400/500 metri di altitudine.
Narcissus è un genere che fa parte della famiglia delle Amarillidacee. Il suo nome deriva dalla parola greca narkáo (= stordisco) e fa riferimento all’odore penetrante ed inebriante dei fiori di alcune specie. Per questo, oltre che come piante ornamentali, i narcisi vengono coltivati anche a scopo industriale, specie in alcune zone della Francia: contengono infatti un olio essenziale usato in profumeria. Anticamente questa pianta veniva usata, in piccole dosi, come narcotico, mentre in dosi più forti diventava un potente emetico. Il bulbo della pianta è molto tossico per la presenza di narcisina, un alcaloide in grado di uccidere anche in dosi minime, e questo può spiegare l’improvviso decesso di alcuni animali al pascolo nella zona ove è presente. Nel caso in cui sia l’uomo a ingerire il bulbo accidentalmente, può morire, se non curato entro 24 ore.
Ma il narciso è stato anche il protagonista di uno dei miti più conosciuti, raccontato in numerose versioni. La più nota è sicuramente quella di Ovidio, che narra nelle Metamorfosi le vicende di questo giovane, la cui bellezza, pari a quella di un dio, fu la causa della sua stessa rovina. Narciso era figlio della ninfa Liriope e del fiume Cefiso e poiché la madre voleva conoscere il destino del proprio figlio, chiese al grande indovino cieco Tiresia. La risposta fu che suo figlio avrebbe avuto una lunga vita se non avesse mai conosciuto se stesso. Passarono gli anni e Narciso cresceva forte e bellissimo, tanto che tutte le persone, sia uomini che donne, si innamoravano di lui. Un giorno, mentre si bagnava in un fiume, il giovane vide per la prima volta la sua immagine riflessa nell’acqua limpida. Se ne innamorò perdutamente e per questa ragione tornava spesso sulle rive del fiume ad ammirare quella fredda figura. Ma ogni volta che tendeva la mano nel tentativo di afferrarla, la superficie dell’acqua si increspava, ondeggiava e l’immagine spariva. Una mattina, per vederla meglio, si sporse fino a cadere nelle acque, che si richiusero per sempre sopra di lui. Quando le Naiadi e le Driadi andarono a prendere il suo corpo, trovarono al suo posto uno splendido fiore, che da lui prese, appunto, il nome di narciso.
In qualunque modo sia morto Narciso, è certo che questo mito si è tramandato sino ai nostri giorni. Artisti, musicisti, scrittori, psicologi continuano a trarre ispirazione dalla storia di questo giovane. Ma a dispetto del narcisismo, quell’eccesso di ammirazione o compiacimento per se stessi o per i propri meriti, reali o presunti, è certo che in fondo il giovane Narciso cercava solo una cosa: l’amore, come ogni creatura che popola questa terra.☺
Tra le più belle ed eleganti bulbose che non possono mancare nelle aiuole e nelle bordure di un giardino vi è il narciso. Conosciuto fin dall’antichità, è raffigurato nelle sculture delle tombe egizie e si ritrova citato anche nella Bibbia, nelle opere di Omero e in altri classici greci.
È originario del bacino del Mediterraneo e trova perciò condizioni climatiche ideali nel nostro Paese, regalando abbondanti e colorate fioriture, che durano anche per lunghi periodi di tempo. Oltre che spontaneo, può essere coltivato in qualsiasi terreno da giardino. La moltiplicazione avviene per mezzo dei bulbi, che, piantati in zone assolate da settembre fino a dicembre, possono essere lasciati per anni nelle aiuole e nelle bordure, oppure fatti crescere in libertà nei prati. Il narciso ha infatti grandi capacità di adattamento e dalle specie a fioritura autunnale si sono evolute altre specie capaci di sopravvivere agli inverni rigidi, fiorendo in primavera.
Le varietà di narciso registrate sono oltre 35.000 e vengono classificate in base alla forma e ai colori del fiore. Quelle più comuni sono il Narcissus pseudo-narcissus, detto volgarmente “trombone” per la forma lungamente tubulosa della corona dei suoi fiori giallo-zolfini; il Narcissus poeticus, nome che onora il suo profumo e aspetto, tali da meritare l’attenzione dei poeti, con la parte più sviluppata del fiore di colore bianco; il Narcissus tazetta, a mazzi di piccoli fiori, noto anche col nome di “giunchiglia”, molto profumato e diffuso nei Paesi geograficamente più a Sud, come Italia e Grecia. Quest’ultima varietà è molto comune, sia lungo i bordi delle strade e negli incolti, sia nei seminativi, in particolare dove ristagna l’umidità, ma non oltre i 400/500 metri di altitudine.
Narcissus è un genere che fa parte della famiglia delle Amarillidacee. Il suo nome deriva dalla parola greca narkáo (= stordisco) e fa riferimento all’odore penetrante ed inebriante dei fiori di alcune specie. Per questo, oltre che come piante ornamentali, i narcisi vengono coltivati anche a scopo industriale, specie in alcune zone della Francia: contengono infatti un olio essenziale usato in profumeria. Anticamente questa pianta veniva usata, in piccole dosi, come narcotico, mentre in dosi più forti diventava un potente emetico. Il bulbo della pianta è molto tossico per la presenza di narcisina, un alcaloide in grado di uccidere anche in dosi minime, e questo può spiegare l’improvviso decesso di alcuni animali al pascolo nella zona ove è presente. Nel caso in cui sia l’uomo a ingerire il bulbo accidentalmente, può morire, se non curato entro 24 ore.
Ma il narciso è stato anche il protagonista di uno dei miti più conosciuti, raccontato in numerose versioni. La più nota è sicuramente quella di Ovidio, che narra nelle Metamorfosi le vicende di questo giovane, la cui bellezza, pari a quella di un dio, fu la causa della sua stessa rovina. Narciso era figlio della ninfa Liriope e del fiume Cefiso e poiché la madre voleva conoscere il destino del proprio figlio, chiese al grande indovino cieco Tiresia. La risposta fu che suo figlio avrebbe avuto una lunga vita se non avesse mai conosciuto se stesso. Passarono gli anni e Narciso cresceva forte e bellissimo, tanto che tutte le persone, sia uomini che donne, si innamoravano di lui. Un giorno, mentre si bagnava in un fiume, il giovane vide per la prima volta la sua immagine riflessa nell’acqua limpida. Se ne innamorò perdutamente e per questa ragione tornava spesso sulle rive del fiume ad ammirare quella fredda figura. Ma ogni volta che tendeva la mano nel tentativo di afferrarla, la superficie dell’acqua si increspava, ondeggiava e l’immagine spariva. Una mattina, per vederla meglio, si sporse fino a cadere nelle acque, che si richiusero per sempre sopra di lui. Quando le Naiadi e le Driadi andarono a prendere il suo corpo, trovarono al suo posto uno splendido fiore, che da lui prese, appunto, il nome di narciso.
In qualunque modo sia morto Narciso, è certo che questo mito si è tramandato sino ai nostri giorni. Artisti, musicisti, scrittori, psicologi continuano a trarre ispirazione dalla storia di questo giovane. Ma a dispetto del narcisismo, quell’eccesso di ammirazione o compiacimento per se stessi o per i propri meriti, reali o presunti, è certo che in fondo il giovane Narciso cercava solo una cosa: l’amore, come ogni creatura che popola questa terra.☺
Tra le più belle ed eleganti bulbose che non possono mancare nelle aiuole e nelle bordure di un giardino vi è il narciso.
Tra le più belle ed eleganti bulbose che non possono mancare nelle aiuole e nelle bordure di un giardino vi è il narciso. Conosciuto fin dall’antichità, è raffigurato nelle sculture delle tombe egizie e si ritrova citato anche nella Bibbia, nelle opere di Omero e in altri classici greci.
È originario del bacino del Mediterraneo e trova perciò condizioni climatiche ideali nel nostro Paese, regalando abbondanti e colorate fioriture, che durano anche per lunghi periodi di tempo. Oltre che spontaneo, può essere coltivato in qualsiasi terreno da giardino. La moltiplicazione avviene per mezzo dei bulbi, che, piantati in zone assolate da settembre fino a dicembre, possono essere lasciati per anni nelle aiuole e nelle bordure, oppure fatti crescere in libertà nei prati. Il narciso ha infatti grandi capacità di adattamento e dalle specie a fioritura autunnale si sono evolute altre specie capaci di sopravvivere agli inverni rigidi, fiorendo in primavera.
Le varietà di narciso registrate sono oltre 35.000 e vengono classificate in base alla forma e ai colori del fiore. Quelle più comuni sono il Narcissus pseudo-narcissus, detto volgarmente “trombone” per la forma lungamente tubulosa della corona dei suoi fiori giallo-zolfini; il Narcissus poeticus, nome che onora il suo profumo e aspetto, tali da meritare l’attenzione dei poeti, con la parte più sviluppata del fiore di colore bianco; il Narcissus tazetta, a mazzi di piccoli fiori, noto anche col nome di “giunchiglia”, molto profumato e diffuso nei Paesi geograficamente più a Sud, come Italia e Grecia. Quest’ultima varietà è molto comune, sia lungo i bordi delle strade e negli incolti, sia nei seminativi, in particolare dove ristagna l’umidità, ma non oltre i 400/500 metri di altitudine.
Narcissus è un genere che fa parte della famiglia delle Amarillidacee. Il suo nome deriva dalla parola greca narkáo (= stordisco) e fa riferimento all’odore penetrante ed inebriante dei fiori di alcune specie. Per questo, oltre che come piante ornamentali, i narcisi vengono coltivati anche a scopo industriale, specie in alcune zone della Francia: contengono infatti un olio essenziale usato in profumeria. Anticamente questa pianta veniva usata, in piccole dosi, come narcotico, mentre in dosi più forti diventava un potente emetico. Il bulbo della pianta è molto tossico per la presenza di narcisina, un alcaloide in grado di uccidere anche in dosi minime, e questo può spiegare l’improvviso decesso di alcuni animali al pascolo nella zona ove è presente. Nel caso in cui sia l’uomo a ingerire il bulbo accidentalmente, può morire, se non curato entro 24 ore.
Ma il narciso è stato anche il protagonista di uno dei miti più conosciuti, raccontato in numerose versioni. La più nota è sicuramente quella di Ovidio, che narra nelle Metamorfosi le vicende di questo giovane, la cui bellezza, pari a quella di un dio, fu la causa della sua stessa rovina. Narciso era figlio della ninfa Liriope e del fiume Cefiso e poiché la madre voleva conoscere il destino del proprio figlio, chiese al grande indovino cieco Tiresia. La risposta fu che suo figlio avrebbe avuto una lunga vita se non avesse mai conosciuto se stesso. Passarono gli anni e Narciso cresceva forte e bellissimo, tanto che tutte le persone, sia uomini che donne, si innamoravano di lui. Un giorno, mentre si bagnava in un fiume, il giovane vide per la prima volta la sua immagine riflessa nell’acqua limpida. Se ne innamorò perdutamente e per questa ragione tornava spesso sulle rive del fiume ad ammirare quella fredda figura. Ma ogni volta che tendeva la mano nel tentativo di afferrarla, la superficie dell’acqua si increspava, ondeggiava e l’immagine spariva. Una mattina, per vederla meglio, si sporse fino a cadere nelle acque, che si richiusero per sempre sopra di lui. Quando le Naiadi e le Driadi andarono a prendere il suo corpo, trovarono al suo posto uno splendido fiore, che da lui prese, appunto, il nome di narciso.
In qualunque modo sia morto Narciso, è certo che questo mito si è tramandato sino ai nostri giorni. Artisti, musicisti, scrittori, psicologi continuano a trarre ispirazione dalla storia di questo giovane. Ma a dispetto del narcisismo, quell’eccesso di ammirazione o compiacimento per se stessi o per i propri meriti, reali o presunti, è certo che in fondo il giovane Narciso cercava solo una cosa: l’amore, come ogni creatura che popola questa terra.☺
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