Il paradigma dei segni dei tempi
13 Luglio 2020
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Il paradigma dei segni dei tempi

Non é facile per la chiesa uscire dalla prospettiva apocalittica del passato: “fuori della chiesa non c’è salvezza”. Espressione che non solo stabiliva una discriminazione sulla terra tra fedeli e infedeli, ma la proiettava agli ultimi tempi: solo gli appartenenti alla comunità cattolica (come già aveva detto di sé l’Israele postesilico e la comunità di Qumran) si sarebbero salvati. Questa formula era stata coniata dagli antichi Padri che come simbolo della chiesa che salva presero da una parte Raab, la prostituta, una figura tragica, e dall’altra l’immagine della Chiesa come l’arca di Noè che supponeva il diluvio universale. S. Ambrogio fece di Raab la figura della Chiesa e venne da ciò l’espressione casta meretrix, la casta prostituta per esprimere il paradosso di una Chiesa che è insieme santa e peccatrice, fatta com’è di peccatori.

Commentando il vangelo di Luca Ambrogio parlò della Chiesa, unico rifugio, come “segno futuro della salvezza universale in mezzo all’eccidio del mondo”; proprio da un eccidio Raab “che nel tipo é una meretrice, ma nel mistero é la Chiesa”, si era salvata e aveva salvato le due spie inviate da Giosuè a Gerico mentre l’intera città fu sterminata “passando a fil di spada ogni essere che era nella città, dall’uomo alla donna, dal giovane al vecchio e perfino il bue, l’ariete e l’asino”. L’immagine di Raab (la Chiesa), unica a salvarsi nella distruzione di Gerico, evoca l’idea che fuori di lei non c’é salvezza, ma in una apocalittica catastrofe della storia; oltretutto la salvezza non era per questo mondo. Questo modello ha retto nella predicazione, nella liturgia, nella catechesi, nella pietà popolare fino al Concilio Vaticano II, quando la formula extra ecclesia nulla salus scompare, già questo testimonia la novità del Concilio a fronte di chi sostiene che non abbia cambiato niente.

Fin dal discorso di apertura del Concilio (Gioisce la Madre Chiesa) Giovanni XIII prese congedo dalla teoria della catastrofe: “Ci feriscono l’orecchio suggestioni di persone non fornite di senso sovrabbondante di discrezione, che nei tempi moderni non vedono che prevaricazione e rovina. A noi sembra di dover dissentire da questi profeti di sventura che annunciano eventi sempre infausti, quasi che incombesse la fine del mondo”. C’era in cantiere, secondo papa Giovanni, un nuovo modo di stare nel mondo: “Nel presente momento storico della Provvidenza ci sta conducendo ad un nuovo ordine di rapporti umani che per opera degli uomini e per di più al di là delle loro aspettative, si volgono verso il compimento di disegni superiori e inattesi”. Come facesse papa Giovanni a sapere che si stavano compiendo disegni superiori e inattesi l’avrebbe spiegato pochi mesi dopo, nell’enciclica Pacen in terris. Qui il modello alternativo a quello apocalittico era chiaramente delineato; è già nel titolo dell’enciclica: la pace è per la terra, è per stare sulla terra. C’è una promessa e, anzi, una provvidenza di Dio che non sopprime l’operare dell’uomo, non lo sostituisce. L’uomo è, insieme a Dio, artefice della propria salvezza. Naturalmente può tradire questo compito, può fare solo il male, perché è libero di farlo e ne è capace. Ma questo non è un principio deterministico: questo è un giudizio che si può dare solo dietro un’analisi storica concreta.

Anche Giovanni XXIII offre una sua analisi storica concreta e scopre i “segni dei tempi”. Si tratta dei segni delle opere dell’uomo che sono così positive da potervi vedere l’avanzamento del regno di Dio sulla terra. Non si tratta di eventi religiosi. Si tratta di lavoratori che si riscattano dalla alienazione del lavoro, delle donne che rivendicano la loro dignità di persone, dei popoli che si erano liberati da colonie e imperi. Si tratta dell’ONU che per la prima volta riunisce in un organismo politico l’umanità intera, si tratta delle Costituzioni che mettono al riparo i diritti fondamentali, si tratta del discredito in cui era caduta la guerra: era non solo fuori dalla grazia di Dio ma “aliena dalla ragione” umana.

Possiamo far finta di non vedere ma siamo in presenza di un cambio di paradigmi. Nella fantasia apocalittica c’è un luogo perfetto iniziale, un suolo maledetto intermedio e una salvezza dopo la storia. Nella lettura dei segni dei tempi c’è una storia in cammino, nella quale divino e umano si sono intrecciati fin dall’inizio e restano congiunti nel tempo senza “forzare” la fine. E se gli uomini attraverso rivoluzioni, fatiche e lotte di ogni tipo hanno fatto quelle opere così straordinarie in cui papa Giovanni ha saputo vederne la portata, ne potranno fare anche di più. Una storia che per ciascuno, in realtà, è una biografia. La storia di ciascuno, dunque, come storia di Dio nel mondo. Come per il Figlio dell’Uomo, così per tutti i “nati da donna”. Tutto, cielo e terra, alla fine precipita, si concentra e si gioca nell’anima del singolo credente, e anzi di ogni essere umano: questa è la storia di Dio che nasce nella storia e misteriosamente è parte della vita di ogni uomo. Il mondo, e non solo la Chiesa: questa è la scena.☺

 

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