il piacere del confronto di Cristina Muccilli | La Fonte TV
Ventimila donne in piazza a Roma, centomila in Italia, l'undici dicembre hanno chiesto ancora parità e giustizia.
Questi i temi: siamo più dell'altra metà del cielo eppure in Parlamento non si vede, siamo noi lo stato sociale eppure nessuno ce lo riconosce. Portiamo sulle nostre spalle il peso della cura di bambini e anziani eppure ci chiedono di andare più tardi in pensione senza darci in cambio servizi, guadagniamo circa il 30% in meno dei maschi, siamo licenziate per prime e se siamo incinta. Hanno anche detto siamo felici che Berlusconi non sia più lì a umiliarci col bunga e che al governo ci siano donne preparate e competenti. Hanno auspicato un cambiamento culturale del nostro Paese.
Carissime sorelle, ovviamente e incondizionatamente, sono con voi ma vorrei comunque sottolineare qualche punto.
Comincio con una piccola precisazione: che il nostro governo abbia riguadagnato dignità è un fatto incontestabile, ma che mi debba rallegrare solo perché i tre ministri che rappresentano il nostro genere siano qualificati, no, mi spiace, non posso. Sono tre ministri di un governo che pensa esclusivamente ad arraffare denaro rivalendosi sulla parte più debole della società, che non apre prospettive (rendendo vano ogni sacrificio richiesto), non programma per il futuro e non dice la verità; non c'è da esaltarsi, soprattutto se si pensa che per questo non c'era bisogno di scomodare professori emeriti, bastava la destra.
Vorrei trattare ora ciò che a me sembra un nodo fondamentale del movimento: il silenzio. Storicizziamo il silenzio che ha avvolto, ingabbiato e disciolto il movimento femminista, ragioniamo sulle cause che ci hanno tolto la voce, se non lo facciamo rischiamo di creare un fenomeno effimero, legato ad una grave contingenza etico-economica e nulla più.
Trenta anni fa lavoravo in una piccola libreria, stracolma di libri, piena di fermento culturale, era un luogo speciale, dove il confronto diventava quasi un lavoro quotidiano, tutto ciò che avveniva fuori da quella porta era assorbito e discusso all'interno, i frequentatori erano soggetti attivi. Per anni lì ho curato uno spazio interamente dedicato alla donna, case editrici tutte al femminile, saggi classici, le mie autrici preferite, ed erano proposte di successo, creavano interesse nei lettori. Il tempo ha cambiato le cose, le discussioni accese sono state sostituite da rari sfoghi tra amici, gli scaffali della donna riempiti da altri volumi. Ecco, vorrei che il nostro percorso includa l'analisi di questo cambiamento, che parli di scaffali vuoti e di silenzio.
Cosa è successo in questi trent'anni, cosa ci è successo? Forse abbiamo smesso di usare il plurale. La dismissione delle ideologie non è stato quel grande avvento che si profetizzava negli ultimi anni '80, ci ha impedito invece di continuare ad immaginare mondi diversi, ha disinnescato la nostra tensione verso il sogno, arma troppo potente, ha tramutato l'utopia in desiderio. La globalizzazione ha creato quel grande deserto di pensiero e forza critica che si chiama mercato mondiale, ci ha reso inermi impoverendo soprattutto le coscienze; e ci ha resi soli.
Il singolo e le proprie pulsioni, il singolo e le proprie aspirazioni, il singolo in gara col resto del mondo, il singolo proiettato esclusivamente verso una visione di completo appagamento delle proprie voglie – ovviamente quasi tutte merci acquisibili. Italo Calvino diceva che la fantasia è un posto dove ci piove dentro, noi abbiamo ristrutturato la nostra casa, ne abbiamo fatto un fortino, nulla è entrato in questi anni.
Care tutte, vorrei tanto che riflettessimo su questi temi perché comprendere i meccanismi che ci hanno tolto potere e voce è l'unico modo di acquisire forza. Non basta augurarsi che avvenga una rivoluzione culturale, bisogna promuoverla. Come? Credo facendo il percorso inverso a quello fatto fin qui – intendo fino al 13 febbraio 2011-, ritrovando il piacere del confronto, riscoprendo il valore della solidarietà sororale, riflettendo sulla nostra storia più recente; permettendo alla pioggia di entrare, in diluvio. …una sola vergogna non ci ha mai toccato, / non saremo mai donne, mai ombre a nessuno.( C. Pavese – Antenati -)☺
cristina.muccilli@gmail.com
Ventimila donne in piazza a Roma, centomila in Italia, l'undici dicembre hanno chiesto ancora parità e giustizia.
Questi i temi: siamo più dell'altra metà del cielo eppure in Parlamento non si vede, siamo noi lo stato sociale eppure nessuno ce lo riconosce. Portiamo sulle nostre spalle il peso della cura di bambini e anziani eppure ci chiedono di andare più tardi in pensione senza darci in cambio servizi, guadagniamo circa il 30% in meno dei maschi, siamo licenziate per prime e se siamo incinta. Hanno anche detto siamo felici che Berlusconi non sia più lì a umiliarci col bunga e che al governo ci siano donne preparate e competenti. Hanno auspicato un cambiamento culturale del nostro Paese.
Carissime sorelle, ovviamente e incondizionatamente, sono con voi ma vorrei comunque sottolineare qualche punto.
Comincio con una piccola precisazione: che il nostro governo abbia riguadagnato dignità è un fatto incontestabile, ma che mi debba rallegrare solo perché i tre ministri che rappresentano il nostro genere siano qualificati, no, mi spiace, non posso. Sono tre ministri di un governo che pensa esclusivamente ad arraffare denaro rivalendosi sulla parte più debole della società, che non apre prospettive (rendendo vano ogni sacrificio richiesto), non programma per il futuro e non dice la verità; non c'è da esaltarsi, soprattutto se si pensa che per questo non c'era bisogno di scomodare professori emeriti, bastava la destra.
Vorrei trattare ora ciò che a me sembra un nodo fondamentale del movimento: il silenzio. Storicizziamo il silenzio che ha avvolto, ingabbiato e disciolto il movimento femminista, ragioniamo sulle cause che ci hanno tolto la voce, se non lo facciamo rischiamo di creare un fenomeno effimero, legato ad una grave contingenza etico-economica e nulla più.
Trenta anni fa lavoravo in una piccola libreria, stracolma di libri, piena di fermento culturale, era un luogo speciale, dove il confronto diventava quasi un lavoro quotidiano, tutto ciò che avveniva fuori da quella porta era assorbito e discusso all'interno, i frequentatori erano soggetti attivi. Per anni lì ho curato uno spazio interamente dedicato alla donna, case editrici tutte al femminile, saggi classici, le mie autrici preferite, ed erano proposte di successo, creavano interesse nei lettori. Il tempo ha cambiato le cose, le discussioni accese sono state sostituite da rari sfoghi tra amici, gli scaffali della donna riempiti da altri volumi. Ecco, vorrei che il nostro percorso includa l'analisi di questo cambiamento, che parli di scaffali vuoti e di silenzio.
Cosa è successo in questi trent'anni, cosa ci è successo? Forse abbiamo smesso di usare il plurale. La dismissione delle ideologie non è stato quel grande avvento che si profetizzava negli ultimi anni '80, ci ha impedito invece di continuare ad immaginare mondi diversi, ha disinnescato la nostra tensione verso il sogno, arma troppo potente, ha tramutato l'utopia in desiderio. La globalizzazione ha creato quel grande deserto di pensiero e forza critica che si chiama mercato mondiale, ci ha reso inermi impoverendo soprattutto le coscienze; e ci ha resi soli.
Il singolo e le proprie pulsioni, il singolo e le proprie aspirazioni, il singolo in gara col resto del mondo, il singolo proiettato esclusivamente verso una visione di completo appagamento delle proprie voglie – ovviamente quasi tutte merci acquisibili. Italo Calvino diceva che la fantasia è un posto dove ci piove dentro, noi abbiamo ristrutturato la nostra casa, ne abbiamo fatto un fortino, nulla è entrato in questi anni.
Care tutte, vorrei tanto che riflettessimo su questi temi perché comprendere i meccanismi che ci hanno tolto potere e voce è l'unico modo di acquisire forza. Non basta augurarsi che avvenga una rivoluzione culturale, bisogna promuoverla. Come? Credo facendo il percorso inverso a quello fatto fin qui – intendo fino al 13 febbraio 2011-, ritrovando il piacere del confronto, riscoprendo il valore della solidarietà sororale, riflettendo sulla nostra storia più recente; permettendo alla pioggia di entrare, in diluvio. …una sola vergogna non ci ha mai toccato, / non saremo mai donne, mai ombre a nessuno.( C. Pavese – Antenati -)☺
Ventimila donne in piazza a Roma, centomila in Italia, l'undici dicembre hanno chiesto ancora parità e giustizia.
Questi i temi: siamo più dell'altra metà del cielo eppure in Parlamento non si vede, siamo noi lo stato sociale eppure nessuno ce lo riconosce. Portiamo sulle nostre spalle il peso della cura di bambini e anziani eppure ci chiedono di andare più tardi in pensione senza darci in cambio servizi, guadagniamo circa il 30% in meno dei maschi, siamo licenziate per prime e se siamo incinta. Hanno anche detto siamo felici che Berlusconi non sia più lì a umiliarci col bunga e che al governo ci siano donne preparate e competenti. Hanno auspicato un cambiamento culturale del nostro Paese.
Carissime sorelle, ovviamente e incondizionatamente, sono con voi ma vorrei comunque sottolineare qualche punto.
Comincio con una piccola precisazione: che il nostro governo abbia riguadagnato dignità è un fatto incontestabile, ma che mi debba rallegrare solo perché i tre ministri che rappresentano il nostro genere siano qualificati, no, mi spiace, non posso. Sono tre ministri di un governo che pensa esclusivamente ad arraffare denaro rivalendosi sulla parte più debole della società, che non apre prospettive (rendendo vano ogni sacrificio richiesto), non programma per il futuro e non dice la verità; non c'è da esaltarsi, soprattutto se si pensa che per questo non c'era bisogno di scomodare professori emeriti, bastava la destra.
Vorrei trattare ora ciò che a me sembra un nodo fondamentale del movimento: il silenzio. Storicizziamo il silenzio che ha avvolto, ingabbiato e disciolto il movimento femminista, ragioniamo sulle cause che ci hanno tolto la voce, se non lo facciamo rischiamo di creare un fenomeno effimero, legato ad una grave contingenza etico-economica e nulla più.
Trenta anni fa lavoravo in una piccola libreria, stracolma di libri, piena di fermento culturale, era un luogo speciale, dove il confronto diventava quasi un lavoro quotidiano, tutto ciò che avveniva fuori da quella porta era assorbito e discusso all'interno, i frequentatori erano soggetti attivi. Per anni lì ho curato uno spazio interamente dedicato alla donna, case editrici tutte al femminile, saggi classici, le mie autrici preferite, ed erano proposte di successo, creavano interesse nei lettori. Il tempo ha cambiato le cose, le discussioni accese sono state sostituite da rari sfoghi tra amici, gli scaffali della donna riempiti da altri volumi. Ecco, vorrei che il nostro percorso includa l'analisi di questo cambiamento, che parli di scaffali vuoti e di silenzio.
Cosa è successo in questi trent'anni, cosa ci è successo? Forse abbiamo smesso di usare il plurale. La dismissione delle ideologie non è stato quel grande avvento che si profetizzava negli ultimi anni '80, ci ha impedito invece di continuare ad immaginare mondi diversi, ha disinnescato la nostra tensione verso il sogno, arma troppo potente, ha tramutato l'utopia in desiderio. La globalizzazione ha creato quel grande deserto di pensiero e forza critica che si chiama mercato mondiale, ci ha reso inermi impoverendo soprattutto le coscienze; e ci ha resi soli.
Il singolo e le proprie pulsioni, il singolo e le proprie aspirazioni, il singolo in gara col resto del mondo, il singolo proiettato esclusivamente verso una visione di completo appagamento delle proprie voglie – ovviamente quasi tutte merci acquisibili. Italo Calvino diceva che la fantasia è un posto dove ci piove dentro, noi abbiamo ristrutturato la nostra casa, ne abbiamo fatto un fortino, nulla è entrato in questi anni.
Care tutte, vorrei tanto che riflettessimo su questi temi perché comprendere i meccanismi che ci hanno tolto potere e voce è l'unico modo di acquisire forza. Non basta augurarsi che avvenga una rivoluzione culturale, bisogna promuoverla. Come? Credo facendo il percorso inverso a quello fatto fin qui – intendo fino al 13 febbraio 2011-, ritrovando il piacere del confronto, riscoprendo il valore della solidarietà sororale, riflettendo sulla nostra storia più recente; permettendo alla pioggia di entrare, in diluvio. …una sola vergogna non ci ha mai toccato, / non saremo mai donne, mai ombre a nessuno.( C. Pavese – Antenati -)☺
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