il riscatto di campobasso
2 Luglio 2012 Share

il riscatto di campobasso

 

Nel palazzo della Banca d’Italia a Campobasso, un affresco di Arnaldo De Lisio  del 1926 raffigura il riscatto di Campobasso dal dominio feudale. L’artista lo ritrae con al centro un uomo autorevole intento a registrare i nomi degli oblatori volontari. Sul tavolo si notano le monete degli offerenti. Una donna si toglie la collana, un’altra si priva degli orecchini, persino un contadino mette il suo contributo… sul fondo il gonfalone della città.

Nell’antico diritto feudale le Università non potevano acquistare feudi ma con il tempo e la consuetudine divenne possibile la “reclamatio ac demanium” e quindi il diritto di reclamare una prelazione al demanio. Il 14 agosto del 1738 per iniziativa di Anselmo Chiarizia fu presentata domanda alla Regia Camera per il riscatto del feudo da parte dei suoi cittadini. L’ultimo feudatario, tale Marcello Carafa della Spina, accordò l’adesione a patto che gli venisse rimborsato il valore del feudo. I cittadini raccolsero 30.000 ducati di oblazioni volontarie ed altri 73.000 presi in prestito da parecchi luoghi Pii di Napoli. Nel 1742 i cittadini liquidarono al duca altri 5.500 ducati per migliorie arrecate al feudo. Fu così che il 4 Marzo 1742 si celebrò a Campobasso la cerimonia dell’investitura e le chiavi della città consegnate a tal Salvatore Romano, popolano di onesti costumi e padre di 12 figli, che percorse l’abitato facendo il giro delle Porte con al seguito le autorità cittadine. Si fa risalire lo strumento definitivo al 22 agosto 1748. Nel 1806 una legge finalmente aboliva la feudalità.

Perché raccontare questa storia? Perché parla di orgoglio, di voglia di libertà. Perché Campobasso a distanza di due secoli e mezzo, ha ancora bisogno di voglia di riscatto. Città assediata da tanti poteri più o meno occulti, città violata da tanti barbari e da nuovi predatori.

Fu allora, nel 1740 che Paolo Saverio Di Zinno, figlio di una famiglia semplice, ma abile artigiano ed artista, costruì gli ingegni del Corpus Domini quasi a significare una svolta, una liberazione dalle grinfie feudali. Fu un cambiamento radicale, “quelli che eran quivi in uso in tempi remoti, si disfacevano ogni anno variando di forme e di idee… I quadri viventi lasciati all’arbitrio delle confraternite, scendevano nella goffaggine…”. Le Confraternite di S. Antonio Abate, S. Maria della Croce, e SS. Trinità fanno costruire 6 macchine ciascuna. Nel 1748 per la prima volta escono i Misteri nel giorno del Corpus Domini al suono cadenzato del Mosè di Rossini. Nel terremoto del 1805 la Chiesa della Trinità crollò e sei ingegni andarono perduti. Queste visioni svilupparono nel popolo i punti della fede, ma ebbero il merito di sollevare l’orgoglio di una città passando per un folklore intriso di forte spiritualità.

Alla mia città chiedo dunque di “ingegnarsi” per nuovi stimoli di libertà. Il plateale dissenso manifestato ai politici nel giorno del Corpus Domini, al balcone del palazzo di Città dinanzi ad una folla immensa è stato un grande gesto di libertà, speriamo che si possa tradurre in nuove idee e in un sogno nuovo di futuro.☺

giuliadambrosio@hotmail.it

 

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