in viaggio    di Sabrina Del Pozzo
30 Marzo 2013 Share

in viaggio di Sabrina Del Pozzo

 

Ho viaggiato spesso negli ultimi tempi in treno. In uno dei tanti fatiscenti treni che popolano le nostre stazioni ferroviarie. Mezzi quasi mai puliti e puntuali ma per la gioia di tutti sempre più costosi. Un treno del mattino che raggiunge una nota città si presenta però più signorile, rispettoso, carico di “signorotti” tutti uguali, uomini spesso annoiati e stanchi che sonnecchiano con un occhio chiuso e l’altro pure prima di raggiungere le proprie sedi lavorative. Tutti talmente simili tra loro che dopo quasi un anno non riesco ancora a distinguerli (però non hanno un auto blu o altro questo bisogna riconoscerlo). Se vuoi appartenere alla loro ‘casta’, mocassino di colore grigio o giallo ocra e telefono touch (non importa se poi chiusa la porta di casa mangi zuppa di porri  o se paghi 20 euro ogni mese perché hai acquistato il tuo telefono cellulare a rate).

 Il mio viaggio mattutino non dura più di un’ora, a volte mi sembra ancor meno, quando con piacevole sollievo mi perdo in pensieri sognanti e confusi che spesso mi trasportano oltre la realtà costringendomi all’arrivo a lanciarmi con scatto felino al di là delle porte. Sono alla sesta fermata quando abbandono il descritto sopra mondo ‘patinato’. Lascio il Paradiso, estremo paragone, ma capirete cosa voglio dirvi e poi trovarti tra persone che hanno la possibilità di arrivare a fine mese senza particolari rinunce, senza sentirsi colpevoli di non poter aiutare un figlio a raggiungere i propri sogni o di non dover rinunciare ad una visita medica sperando che i lunghi tempi della sanità pubblica ti siano comunque “alleati”, e potrei continuare per ore, in tutto ciò un angolo di paradiso io lo intravedo.

Aspetto circa dieci minuti che arrivi una sottospecie di Caronte, necessito di un autobus però e non di una barca. Incominciano a sbucare da un lato all’altro della strade persone di ogni genere, principalmente dal colore di pelle diverso dal mio (a volte ciò stupisce ancora, sembra strano? Eppure è vero. A voi stupisce?). Due donne dal colorito biancastro mi invitano prontamente a tener d’occhio il mio computer che nel frattempo per mezzo del mio braccio sinistro ho lasciato cadere su di una panca accendendomi una sigaretta con la mano destra. A questo punto del viaggio dovremmo trovarci in una sottospecie di Purgatorio, luogo dove immagino non ci siano buoni o cattivi, angeli o demoni, ma luogo di passaggio con funzione specifica di pentimento, espiazione e riflessione al fine di ottenere la salvezza, non ci si pente mai però del razzismo. Le due donne non mi sembrano affatto pentite.

 Arrivo alla mia meta. Una città nella quale vive un elevato gruppo di migranti e dove provo sensazioni ogni giorno differenti, appagamento, ricchezza, rabbia, sensazioni di integrazione vera o presunta e anche tanto dolore, che lascio raccontare ad uno di loro: “parto da un minuscolo villaggio dell’estrema periferia di un poverissimo paese. Non ho nessuno e non possiedo nulla, ho voglia però di poter provare ad avere anch’io qualcosa. Non sono mai partito con l’intento di privare qualcun altro di un suo diritto. È a me che rubano anche l’anima. Arrivo in un luogo di cui conosco a mala pena il nome, sono solo, completamente solo…”.

Ora, per un attimo, immagina una situazione di role-playing, che consiste nel chiedere a dei soggetti di immaginare una determinata situazione e di comportarsi come se effettivamente avessero un ruolo nella situazione. Non hai un tetto, non hai soldi, non hai una famiglia, non hai la prospettiva di un futuro, hai solo una speranza che è un viaggio. Tenteresti? E se poi nessuno è disposto a fare qualcosa, anche minimo, ma ti ri-manderebbe di nuovo nel tuo nulla? Immagina. Se dici che non tenteresti e che non saresti disposto ad aiutare nessuno in una simile situazione allora dovresti domandarti davvero in che modo e per cosa stai vivendo. Il viaggio finisce, siamo giunti all’inferno.

…La vita andrebbe goduta perché la vita è oggi non domani (di Francesco Ales, Campania d’Africa, 2006). ☺

 sabrinadp@hotmail.it

 

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