indisponibile
18 Aprile 2010 Share

indisponibile

 

Messa in latino? No grazie. La mia indisponibilità è totale perché la posta in gioco è tutt’altro che marginale o un contentino a un gruppetto di nostalgici.

Non è tanto perché faccio già fatica a parlare in italiano e la lingua mi si inceppa con le parole straniere: con un po’ di scuola serale e di allenamento si potrebbe ovviare, della serie ci sono riusciti tanti fessi…

Non è per la mia dichiarata distanza da nobili e aristocratici, pare siano essi principalmente a chiedere la liturgia in latino, che, pur non comprendendo nella maggior parte un tubo, avvertono che fa la differenza con i plebei: ma anche qui, turandosi il naso, una messa… in scena non la si negherebbe a nessuno.

Il problema non è neppure lo stesso latino perché l’edizione tipica dei libri liturgici è in tale lingua e può essere usata tranquillamente senza bisogno di concessioni.

Il fatto sconcertante è che i nostalgici del cosiddetto messale di s. Pio V, uscito dal Concilio di Trento, nel 1570, benché aggiornato nel 1962 da Giovanni XXIII alla vigilia del Concilio Vaticano II, vogliono ridurre quest’ultima assise a meno di una riunione di condominio, in quanto qui le decisioni prese vincolano i coinquilini, invece i padri conciliari avrebbero fatto né più né meno che quattro chiacchiere al bar.

Dietro la messa in latino si nasconde il rifiuto della riforma liturgica (se fossero veri e seri conservatori avrebbero dovuto chiedere il ripristino della liturgia in greco, visto che questa era la lingua della chiesa dei primi secoli!), del dialogo ecumenico, della libertà religiosa, della parola di Dio come nutrimento per le coscienze, ecc.

Perché il papa ha promulgato il Motu proprio Summorum Pontificum autorizzando il disseppellimento della messa tridentina, nonostante il parere contrario di vescovi e conferenze episcopali, di teologi e liturgisti? Enzo Bianchi, priore del monastero di Bose, comunica: “Siamo anche capaci di obbedienza pur dissentendo lealmente e con pieno rispetto”.

Il fine è quello di far rientrare lo scisma provocato nel 1988 dal vescovo Lefebvre in seguito alla scomunica comminatagli, è bene ricordarlo, non per le nefaste idee che esprimeva, ma perché aveva ordinato più vescovi di quanti era disposto a concedergli il Vaticano! Papa Benedetto, dunque, per recuperare i trecentomila scismatici dichiarati più alcune migliaia che non hanno avuto il coraggio di uscire allo scoperto in questi anni, rischia di ritardare, non bloccare, perché niente e nessuno ci riuscirebbe, il cammino del popolo di Dio in questo mondo amato dal Creatore e salvato attraverso il suo Figlio.

E neppure il documento della Congregazione per la dottrina della fede su “Risposte a quesiti riguardanti alcuni aspetti circa la dottrina della chiesa”, nel quale vengono ribaditi i contenuti della dichiarazione Dominus Iesus del 2000, che rappresenta un ostacolo sulla via dell’ecumenismo, può scoraggiarci e demotivarci perché indietro non si torna: chi si chiede “perché i tempi antichi erano migliori di quelli attuali”, non si pone una domanda intelligente, dice la Bibbia (Qo.7,10). O il tentativo di silenziare Jon Sobrino, teologo al fianco di un popolo che cerca il riscatto, reo di aver scritto un testo di cristologia La fede in Gesù Cristo. Saggio a partire dalle vittime, ci fa demordere dal proseguire un cammino di liberazione nella chiesa e con la chiesa.

Carlo Carretto, in una limpida testimonianza di fede, che faccio mia, nel 1987 annota con coraggio: “Quanto sei contestabile, Chiesa, eppure quanto ti amo! Quanto mi hai fatto soffrire, eppure quanto a te devo! Vorrei vederti distrutta, eppure ho bisogno della tua presenza. Mi hai dato tanti scandali, eppure mi hai fatto capire la santità! Nulla ho visto nel mondo di più oscurantista, più compromesso, più falso, e nulla ho toccato di più puro, di più generoso, di più bello.

Quante volte ho avuto la voglia di sbatterti in faccia la porta della mia anima e quante volte ho pregato di poter morire tra le tue braccia sicure. No. Non posso liberarmi di te. Perché sono te, pur non essendo completamente te(…) L’altro ieri un amico ha scritto una lettera ad un giornale: “Lascio la Chiesa perché, con la sua compromissione con i ricchi, non è più credibile”. Mi fa pena! O è un sentimentale che non ha esperienza e lo scuso; o è un orgoglioso che crede di essere migliore degli altri. Nessuno di noi è credibile finché è su questa terra(…)

Quando ero giovane non capivo perché Gesù, nonostante il rinnegamento di Pietro, lo volle capo, suo successore, primo papa. Ora non mi stupisco più e comprendo sempre meglio che avere fondato la Chiesa sulla tomba di un traditore, di un uomo che si spaventa per le chiacchiere di una serva, era un avvertimento continuo per mantenere ognuno di noi nella umiltà e nella coscienza della propria fragilità. No, non vado fuori di questa Chiesa fondata su una pietra così debole, perché ne fonderei un’altra su una pietra ancora più debole che sono io (…)”.

Indisponibilità, e quindi resistenza, non resa.☺

 

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