…la mia pace
Si giunge all’ Eremo e si viene accolti da questa scritta: SIT PAX INTRANTI (sia data la Pace a chi entra). L’invito è chiaro, ‘entrare in uno stato di PACE’, e per farlo bisogna oltrepassare quella soglia: la soglia tra la storia, tutta la storia esistita finora, e una nuova storia desiderata e desiderabile. Si tratta di compiere un’azione reale, un passo concreto che però implica un’intima decisione, quella di “abbandonare il rumore all’intorno”. Tenere lontano il frastuono… i troppi rumori della guerra, per riconoscere e consapevolizzare anzitutto quella violenza presente in noi stessi che da sempre ci porta a dare la colpa all’una o all’altra parte. È necessario superare questa tendenza a schierarci. Ed è solo in questo consapevolizzare e superare che si può ‘essere PACE’ e rendere testimonianza della PACE. Un genere raro di testimonianza che si traduce ‘nell’esercizio indiscriminato della compassione’, correndo il rischio (e c’è sempre un rischio da correre), di appartenere a quella schiera di profeti-apostoli-utopisti della PACE: Buddha, Isaia, Gesù Cristo, Francesco d’Assisi, Gandhi, Martin Luther King, Etty Hillesum. Il rischio (dolce rischio direi), di “essere uniti a questa banda di falliti, ma solo nel fallimento, nella croce della sconfitta, si può covare la terra della risurrezione” (così scrive Romano Màdera). Entrare nella PACE, dunque, ecco quello che è necessario fare veramente ogni giorno, per essere capaci di riconoscere chi e cosa, in mezzo alla guerra, a questo “inferno dei viventi” (Italo Calvino), guerra non è.☺