La miccia Ucraina
29 Marzo 2014 Share

La miccia Ucraina

Non voglio insistere sulle vicende della politica molisana: si potrebbe utilizzare per descrivere bene la situazione il titolo del libro, forse, più intrigante di Erich Maria Remarque Niente di nuovo sul fronte occidentale. Continua la discussione infinita sugli assessori regionali, infuria la lite sui nomi dei candidati a sindaco, sui futuri consiglieri e assessori comunali, non si legge, né si ascolta uno straccio di programma, di progetto per il territorio e la società molisana. La Fonte, diverse associazioni e persone di buona volontà non mancano, la speranza è che, prima che sia troppo tardi, si esca da questo lungo letargo e che la politica ritrovi intelligenza e etica del bene comune.

Vorrei invece concentrare la mia attenzione su di un evento che rischia di mutare drammaticamente la storia dell’Europa e del  mondo, mi riferisco al conflitto interno all’Ucraina che contrappone duramente Russia e Occidente. Me ne occupo perché siamo di fronte ad una colossale manipolazione dell’opinione pubblica, ad un distillato di menzogne con il quale organi di informazione e grandi poteri intossicano il senso comune dei nostri cittadini. Ciò che sta accadendo a Kiev e in Crimea è un fatto di estrema gravità e giustamente sono stati evocati i fatti di Sarajevo del 1914 che portarono alla prima guerra mondiale. Se dovesse prevalere il principio che Stati e Nazioni si ridefiniscono sulla base delle maggioranze etniche, allora il disastro sarebbe garantito. Non si aprirebbero ferite dolorose solo in quella vera e propria faglia che corre lungo il confine dell’ex Unione Sovietica dalla Crimea al Caucaso, ma i conflitti li avremmo nel cuore della stessa Europa, dalla Spagna al Belgio, dall’alto Adige al confine fra Ungheria e Romania, dall’isola di Cipro alle aree di confine fra armeni e azeri, e poi la questione curda, la guerra infinita fra sunniti e sciti: non vi sarebbe area del mondo che ne sarebbe immune. La risposta di Mosca all’evoluzione antirussa, nazionalista e vagamente europeista di una parte del popolo ucraino è ad altissimo rischio e può accendere una miccia dagli effetti devastanti. Siamo, però, arrivati a questa situazione per gravi e ripetuti errori dell’Occidente e per un vuoto di strategia della classe dirigente europea.

Con quale autorità politica e morale la Merkel e il resto della compagnia parlano di diritto internazionale! Nel 2008 l’Unione Europea e gli USA hanno riconosciuto l’indipendenza del Kossovo dalla Serbia in un contesto del tutto simile a quello della Crimea e dell’Ucraina. Nel 1991 la Germania, il Vaticano e via via tutti gli altri hanno riconosciuto l’indipendenza della Croazia e poi della Slovenia favorendo così la disgregazione incontrollata della ex Jugoslavia e quella sporca guerra civile che ha insanguinato i Balcani. Nel 2003 sulla base di prove di arsenali nucleari in Iraq, prove poi rivelatesi del tutto false, gli Stati Uniti e l’Occidente hanno invaso l’Iraq, iniziando una guerra che non aveva alcuna legittimità internazionale. Quando la Merkel, Obama, Hollande, Cameron, Renzi ecc. predicano di diritto internazionale mentono sapendo di mentire, il pesce pilota che ha guidato le scelte delle cancellerie europee e dell’amministrazione americana ha poco a che fare con il diritto internazionale e molto con interessi geopolitici ed economici. Dietro questo avventurismo diplomatico degli europei vi è una straordinaria miopia e mediocrità politica, perché la crisi dell’Unione Sovietica avrebbe potuto essere una straordinaria opportunità e per la democrazia e per l’economia del nostro continente. L’errore strategico è stato quello di non sostenere il tentativo democratico di Gorbacev e di aver lavorato non all’evoluzione, bensì alla disgregazione dell’ex Unione Sovietica. Eltsin, Putin e i nuovi oligarchi russi sono il prodotto di quella miopia e di quegli errori.

Partire da questa analisi, dal riconoscimento delle proprie responsabilità è premessa fondamentale per cercare nuove vie per il futuro e per evitare il precipizio di una situazione ad altissima pericolosità. Le soluzioni politiche e diplomatiche non mancano, ma non è questa la sede per aprire questo decisivo capitolo, resta però il rammarico di un grande assente. Mi riferisco a quel grande movimento pacifista che agli inizi degli anni 2000 fu definito dal New York Times  come “la terza potenza mondiale”, quel movimento sarebbe necessario come il pane, sarebbe un lievito essenziale, perché si affermi nella coscienza dei popoli quella “pace perpetua” di cui parla Kant.☺

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