“la morte non è nulla”
21 Luglio 2023
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“la morte non è nulla”

“Una pizza alla Bismarck, grazie!” Queste le parole risuonate una sera di inizio estate di trent’anni fa fra noi liceali, ancora increduli che la professoressa avesse accettato il nostro invito a cena e avesse ordinato proprio quel piatto tanto ‘robusto’. Ma la prof. Lina Tartaglia, da sempre conosciuta con il suo cognome da sposata, Picucci, era proprio così: temuta e al tempo stesso ammirata, come il celebre cancelliere tedesco, per la sua potenza ed energia. Ricordandone il consueto piglio, molti suoi ex studenti del Liceo classico “Francesco D’Ovidio” di Larino devono essere rimasti come me profondamente colpiti dalla notizia della sua scomparsa lo scorso 6 giugno, all’età di 77 anni.
Come dimenticare i suoi tailleurs eleganti, il suo caschetto biondo, il suo rossetto rosso fuoco e quei Ray-Ban che non toglieva mai, se non nell’ora del tremendo giudizio, ovvero al momento delle interrogazioni? Ma come non ricordare anche, tra una Marlboro e l’altra (quando nelle istituzioni scolastiche non vigeva ancora il divieto di fumo), le sue indelebili spiegazioni di letteratura italiana e latina? Con il senno di poi, alcune sue scelte didattiche, almeno a me che ho poi proseguito nel solco che lei aveva tracciato, sono parse addirittura pionieristiche, oltre che di livello accademico più che liceale. Come quella, per esempio, di farci studiare, fra tante altre letture integrali di testi, i tre principali romanzi di Federigo Tozzi, Con gli occhi chiusi, Il podere e Tre croci. Nei primi anni Novanta erano ancora quasi introvabili e lo scrittore senese, divenuto noto al più grande pubblico proprio a partire dal 1994 anche grazie al film Con gli occhi chiusi diretto da Francesca Archibugi, era considerato ancora un bozzettista di interesse locale, relegato nei manuali di letteratura fra gli epigoni dei Naturalisti, e non uno dei maggiori autori del Novecento, maestro della narrativa espressionista, come l’attuale dibattito critico ha dimostrato e come lei ci aveva già insegnato. Ma anche “chi dietro a iura e chi ad amforismi” (Paradiso IX 4) se n’è andato, scegliendo altre facoltà universitarie e altri percorsi di vita, ricorderà senz’altro il tempo e la passione che la prof. dedicava ogni anno in particolare alla Divina Commedia, da lei ritenuta il più grande capolavoro della letteratura di tutti i tempi. Così come ricorderà per esempio il suo amore per la Trieste di Svevo e di Saba, o, viceversa, la sua antipatia per Carducci e per D’Annunzio.
Fra i suoi innumerevoli insegnamenti che mi sono rimasti a cuore, ve n’è uno in particolare, dalle lezioni sul suo amato poeta latino Lucrezio. Nel finale del terzo libro del De rerum natura trova posto una serie di frammenti di saggezza contro la paura della morte, di cui lei era profondamente convinta e che ha cercato con animo di trasmetterci. È così che mi piace ricordarla in questo momento ed è così che immagino farebbe piacere anche a lei essere ricordata. La morte – parafrasando Lucrezio III 830 ss. – non è nulla e non può toccarci per nulla: come nulla abbiamo sentito degli avvenimenti che hanno preceduto la nostra nascita, incluse le grandi guerre passate che fecero tremare il mondo, così nulla sentiremo di ciò che avverrà dopo la morte, se pure i più grandi cataclismi sconvolgessero il mondo. Anche se l’anima dopo la morte ancora sentisse, ciò non riguarderebbe il nostro io presente, che è fatto di anima e di corpo. E se per caso si riunissero nel corso infinito del tempo gli stessi atomi di cui ora siamo composti, non ne avremmo alcuna coscienza, una volta che si sia interrotta la continuità del nostro io. Una volta morti, nulla più potremo soffrire.☺

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